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Ricorso inammissibile: condanna basata su confessione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, confermando la condanna per traffico di stupefacenti. La decisione si basa sulla confessione dell’imputato, corroborata da prove oggettive come dati cellulari e veicoli utilizzati. La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso generico e infondato, sottolineando che la Corte d’Appello aveva ampiamente motivato la sua decisione, non limitandosi alla sola confessione. È stata inoltre confermata la correttezza dell’aumento di pena per la continuazione, data la recidiva qualificata dell’imputato.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Confessione Corroborata da Prove Sigilla la Condanna

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, confermando una condanna per traffico di stupefacenti. La decisione sottolinea un principio fondamentale: una confessione, se supportata da solidi elementi di riscontro, costituisce una base probatoria più che sufficiente per una sentenza di condanna, rendendo vano un ricorso generico e privo di argomentazioni specifiche.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado dal Tribunale di Ravenna per il reato continuato di acquisto e rivendita di diversi chilogrammi di eroina. La Corte d’Appello di Bologna aveva successivamente confermato la condanna, riconoscendo la continuazione con altri reati già giudicati in via definitiva. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, la difesa sosteneva che la condanna si basasse unicamente sulla confessione dell’imputato e che la pena applicata fosse eccessiva.

Analisi del ricorso inammissibile e la decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. I giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello non si era affatto limitata a prendere atto delle dichiarazioni confessorie dell’imputato. Al contrario, la sentenza impugnata aveva dettagliatamente analizzato una serie di elementi di riscontro oggettivi che confermavano pienamente la confessione. Tra questi elementi figuravano:

* Le risultanze della memoria dei telefoni cellulari dell’imputato e di altri soggetti coinvolti.
* L’identificazione dei veicoli utilizzati per le attività illecite.
* L’analisi delle frequentazioni e dei contatti dell’imputato.

Questi dati hanno permesso di ricostruire non solo il ruolo del ricorrente, ma anche quello degli altri complici, fornendo un quadro probatorio solido e coerente.

La questione della recidiva e dell’aumento di pena

Un altro punto affrontato dalla Cassazione riguarda la censura relativa all’eccessività della pena. Anche su questo aspetto, il ricorso è stato giudicato infondato. La Corte ha evidenziato come la difesa non si fosse confrontata con la disposizione normativa dell’art. 81, quarto comma, del codice penale. Questa norma stabilisce che, in caso di riconoscimento della recidiva qualificata (come nel caso di specie), l’aumento di pena a titolo di continuazione deve rispettare un minimo legale. La Corte territoriale si era attenuta a tale misura, rendendo la doglianza della difesa del tutto priva di fondamento.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale della declaratoria di inammissibilità risiede nella genericità e manifesta infondatezza dei motivi proposti. Il ricorso è stato considerato un mero tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che la confessione dell’imputato, quando dettagliata e corroborata da plurimi riscontri esterni, è una prova pienamente valida. Inoltre, la quantificazione della pena da parte della Corte d’Appello è stata ritenuta corretta e conforme alla legge, specialmente in considerazione della recidiva qualificata che imponeva un aumento minimo per la continuazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma due principi cardine del nostro sistema processuale. Primo, un ricorso per cassazione deve essere specifico e puntuale, non potendo limitarsi a una generica contestazione delle valutazioni di merito dei giudici precedenti. Secondo, una confessione dettagliata e supportata da elementi di prova oggettivi costituisce un fondamento probatorio robusto per una sentenza di condanna. La decisione comporta per il ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, sanzionando così l’uso strumentale dell’impugnazione.

Una condanna può basarsi solo sulla confessione dell’imputato?
No, secondo questa ordinanza, la condanna non si è basata solo sulla confessione. La Corte ha specificato che le dichiarazioni confessorie erano dettagliate e, soprattutto, supportate da numerosi elementi di riscontro oggettivi, come i dati dei cellulari, i veicoli utilizzati e le frequentazioni dell’imputato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e manifestamente infondato. La difesa non ha contestato in modo specifico le argomentazioni della Corte d’Appello e non ha tenuto conto delle norme applicabili, come quella sull’aumento minimo di pena in caso di recidiva qualificata per il reato continuato.

Cosa succede in caso di riconoscimento della recidiva qualificata nel reato continuato?
In caso di riconoscimento della recidiva qualificata, l’articolo 81, quarto comma, del codice penale impone un aumento minimo di pena a titolo di continuazione. La Corte territoriale ha applicato correttamente questa disposizione, quantificando l’aumento nella misura minima prevista, rendendo la censura sul punto infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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