Ricorso Inammissibile: la Confessione Corroborata da Prove Sigilla la Condanna
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, confermando una condanna per traffico di stupefacenti. La decisione sottolinea un principio fondamentale: una confessione, se supportata da solidi elementi di riscontro, costituisce una base probatoria più che sufficiente per una sentenza di condanna, rendendo vano un ricorso generico e privo di argomentazioni specifiche.
I Fatti del Processo
Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado dal Tribunale di Ravenna per il reato continuato di acquisto e rivendita di diversi chilogrammi di eroina. La Corte d’Appello di Bologna aveva successivamente confermato la condanna, riconoscendo la continuazione con altri reati già giudicati in via definitiva. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, la difesa sosteneva che la condanna si basasse unicamente sulla confessione dell’imputato e che la pena applicata fosse eccessiva.
Analisi del ricorso inammissibile e la decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. I giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello non si era affatto limitata a prendere atto delle dichiarazioni confessorie dell’imputato. Al contrario, la sentenza impugnata aveva dettagliatamente analizzato una serie di elementi di riscontro oggettivi che confermavano pienamente la confessione. Tra questi elementi figuravano:
* Le risultanze della memoria dei telefoni cellulari dell’imputato e di altri soggetti coinvolti.
* L’identificazione dei veicoli utilizzati per le attività illecite.
* L’analisi delle frequentazioni e dei contatti dell’imputato.
Questi dati hanno permesso di ricostruire non solo il ruolo del ricorrente, ma anche quello degli altri complici, fornendo un quadro probatorio solido e coerente.
La questione della recidiva e dell’aumento di pena
Un altro punto affrontato dalla Cassazione riguarda la censura relativa all’eccessività della pena. Anche su questo aspetto, il ricorso è stato giudicato infondato. La Corte ha evidenziato come la difesa non si fosse confrontata con la disposizione normativa dell’art. 81, quarto comma, del codice penale. Questa norma stabilisce che, in caso di riconoscimento della recidiva qualificata (come nel caso di specie), l’aumento di pena a titolo di continuazione deve rispettare un minimo legale. La Corte territoriale si era attenuta a tale misura, rendendo la doglianza della difesa del tutto priva di fondamento.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale della declaratoria di inammissibilità risiede nella genericità e manifesta infondatezza dei motivi proposti. Il ricorso è stato considerato un mero tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che la confessione dell’imputato, quando dettagliata e corroborata da plurimi riscontri esterni, è una prova pienamente valida. Inoltre, la quantificazione della pena da parte della Corte d’Appello è stata ritenuta corretta e conforme alla legge, specialmente in considerazione della recidiva qualificata che imponeva un aumento minimo per la continuazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma due principi cardine del nostro sistema processuale. Primo, un ricorso per cassazione deve essere specifico e puntuale, non potendo limitarsi a una generica contestazione delle valutazioni di merito dei giudici precedenti. Secondo, una confessione dettagliata e supportata da elementi di prova oggettivi costituisce un fondamento probatorio robusto per una sentenza di condanna. La decisione comporta per il ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, sanzionando così l’uso strumentale dell’impugnazione.
Una condanna può basarsi solo sulla confessione dell’imputato?
No, secondo questa ordinanza, la condanna non si è basata solo sulla confessione. La Corte ha specificato che le dichiarazioni confessorie erano dettagliate e, soprattutto, supportate da numerosi elementi di riscontro oggettivi, come i dati dei cellulari, i veicoli utilizzati e le frequentazioni dell’imputato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico e manifestamente infondato. La difesa non ha contestato in modo specifico le argomentazioni della Corte d’Appello e non ha tenuto conto delle norme applicabili, come quella sull’aumento minimo di pena in caso di recidiva qualificata per il reato continuato.
Cosa succede in caso di riconoscimento della recidiva qualificata nel reato continuato?
In caso di riconoscimento della recidiva qualificata, l’articolo 81, quarto comma, del codice penale impone un aumento minimo di pena a titolo di continuazione. La Corte territoriale ha applicato correttamente questa disposizione, quantificando l’aumento nella misura minima prevista, rendendo la censura sul punto infondata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8943 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8943 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato 11 12/07/1969
avverso la sentenza del 05/04/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
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Rilevato che NOME COGNOME – imputato del reato continuato di illecito acquisto e rivendita a terzi di diversi chilogrammi di eroina – ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 05/04/2024, con cui la Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza di condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Ravenna (ritenuta la continuazione con altri reati irrevocabilmente giudicati), deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla condanna sulla base della sola confessione dell’imputato, e alla eccessività del trattamento sanzionatorio;
ritenuto che il primo motivo sia generico e comunque manifestamente infondato, avuto riguardo al fatto che la Corte territoriale, lungi dal limitarsi richiamo delle sole dichiarazioni confessorie del ricorrente (peraltro dettagliate, anche quanto all’individuazione degli altri soggetti coinvolti e del ruolo da costoro ricoperto), si è soffermata sugli elementi di riscontro (risultanze della memoria dei cellulari dello COGNOME e degli altri, veicoli utilizzati, frequentazioni ecc.);
ritenuto che ad analoghe conclusioni debba pervenirsi quanto alla residua censura, non essendosi la difesa confrontata con la disposizione di cui al quarto comma dell’art. 81 cod. pen., che impone, in caso di riconoscimento della recidiva qualificata (come nel caso di specie), un aumento minimo a titolo di continuazione nella misura quantificata dalla Corte territoriale ritenuto che le considerazioni fin qui svolte impongano una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in pxrrna, il 17 gennaio 2025 Il Consigli GLYPH tensore
Il Presidente