Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23022 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23022 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 04/03/1972
avverso la sentenza del 27/09/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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N. 10465/2025 GLYPH
R.G.
Motivi della decisione
1. NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale per omessa dichia-
razione di estinzione del reato per l’intervenuta prescrizione dello stesso maturata prima della sentenza di primo grado.
Il difensore ricorrente lamenta che i fatti ascritti all’odierno ricorrente risa gono al 20/06/2015 e quindi che, conformemente alla sollecitazione in tal senso
anche del PG di appello, la Corte territoriale, oltre a dichiarare prescritte le con- travvenzioni, avrebbe dovuto operare analoga pronuncia anche per il residuo reato
o, comunque, spiegare in motivazione, perché non lo ha fatto.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
2. Il proposto motivo è manifestamente infondato in quanto si prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativa.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Ed invero, ancorché la Corte territoriale abbia accolto il motivo di gravame nel merito limitatamente alla insussistenza della fattispecie più grave di cui all’art. 449, comma 2, cod. pen. con conseguente riqualificazione della condotta ai sensi del comma 1 della medesima norma e rideterminazione in melius del trattamento sanzionatorio, il reato di cui all’imputazione non era prescritto all’epoca di quella pronuncia e non è nemmeno oggi in quanto a norma dell’art. 157, comma 6, cod. pen. i termini di prescrizione per tale reato sono raddoppiati. E, dunque, il delitto per cui è intervenuta pronuncia, commesso il 20.06.2015 avrebbe visto il suo termine massimo di prescrizione spirare il 19.06.2030.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10/06/2025