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Ricorso inammissibile: condanna alle spese e sanzione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per un delitto aggravato. La Corte motiva la decisione sottolineando che il reato non era prescritto, grazie al raddoppio dei termini previsto dalla legge. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Conseguenze Economiche per il Ricorrente

Presentare un appello in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una strada priva di rischi. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci ricorda che un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche conseguenze economiche significative. Questo caso specifico evidenzia come la mancanza dei presupposti legali per un ricorso si traduca in una condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla decisione di un imputato di presentare ricorso alla Corte di Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente chiedeva una revisione della sua condanna, sperando in una riqualificazione del reato contestatogli in una fattispecie meno grave, ai sensi dell’art. 449, comma 1, del codice penale. L’obiettivo era ottenere una pena più mite e una revisione del trattamento sanzionatorio. Il ricorso si basava, tra le altre cose, sulla presunta insussistenza della fattispecie più grave per cui era stato condannato.

La Decisione della Corte e il Raddoppio della Prescrizione

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso e lo ha rapidamente archiviato, dichiarando il ricorso inammissibile. La Corte non è nemmeno entrata nel merito delle argomentazioni difensive, poiché l’atto presentava vizi che ne impedivano la valutazione. Uno degli aspetti cruciali, toccato dalla Corte, riguardava la prescrizione del reato. Il delitto, commesso il 20 giugno 2015, secondo i giudici non era affatto prescritto. La Corte ha infatti sottolineato che, per quella specifica tipologia di reato, l’articolo 157, comma 6, del codice penale prevede il raddoppio dei termini di prescrizione. Di conseguenza, il termine massimo sarebbe scaduto solo il 19 giugno 2030, rendendo ogni doglianza su questo punto palesemente infondata.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base dell’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la legge prevede l’obbligo di versare una somma di denaro alla Cassa delle ammende, a meno che non si dimostri di essere stati senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità. In questo caso, richiamando anche una storica sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), i giudici non hanno ravvisato alcuna assenza di colpa. La presentazione di un ricorso basato su argomentazioni giuridicamente insostenibili, come quella sulla prescrizione, ha quindi portato a una inevitabile condanna accessoria. La sanzione pecuniaria è stata quantificata in tremila euro.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso in Cassazione non è una formalità, ma un rimedio giuridico serio che richiede presupposti solidi. La presentazione di un ricorso inammissibile non è un’azione neutra, ma un atto che comporta conseguenze negative concrete. Oltre a non ottenere la riforma della sentenza impugnata, il ricorrente si espone al rischio di dover sostenere ulteriori costi, aggravando la propria posizione economica. È fondamentale, quindi, affidarsi a una valutazione legale approfondita prima di intraprendere questa strada, per evitare che un tentativo di difesa si trasformi in un’ulteriore penalità.

Cosa succede quando un ricorso in materia penale viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, a meno che non dimostri l’assenza di colpa nella causa di inammissibilità.

Perché il reato nel caso di specie non era prescritto?
Il reato non era prescritto perché, secondo quanto stabilito dall’art. 157, comma 6, del codice penale, per quella specifica fattispecie i termini di prescrizione sono raddoppiati. Pertanto, il termine massimo sarebbe spirato in una data molto successiva a quella della pronuncia.

A quanto ammonta la sanzione pecuniaria imposta al ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento, oltre che delle spese processuali, della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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