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Ricorso inammissibile: condanna alle spese

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. L’attività frammentata di cambio valuta è stata ritenuta prova sufficiente per dimostrare l’intento di dissimulare l’origine illecita del denaro. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione fa chiarezza sulla dissimulazione di denaro

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso emblematico che chiarisce le conseguenze di un ricorso inammissibile e i criteri per identificare l’intento di dissimulare la provenienza di fondi. Questa decisione offre spunti importanti su come vengono valutate determinate condotte finanziarie e sulle responsabilità che ne derivano in sede processuale.

I Fatti del Caso

Un individuo proponeva ricorso in Cassazione avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro. Il cuore della questione riguardava la valutazione di una serie di operazioni finanziarie poste in essere dal soggetto. Nello specifico, l’accusa verteva su un’attività frammentata e continuativa di cambio di denaro in euro, condotta ritenuta dalle corti di merito come finalizzata a nascondere l’origine illecita dei fondi. Il ricorrente, contestando la decisione di secondo grado, si rivolgeva alla Suprema Corte per ottenere l’annullamento della condanna.

L’Analisi della Corte e il Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso, concentrandosi sulla logicità e coerenza della motivazione della sentenza impugnata. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente interpretato i fatti. L’attività di cambio, per le sue modalità frammentate, è stata considerata come un chiaro indizio della volontà di eludere i controlli e, quindi, di dissimulare la provenienza del denaro.

Questa valutazione ha portato a confermare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero la consapevolezza e volontà di commettere l’illecito. Di fronte a una motivazione ritenuta solida e priva di vizi logici, la Suprema Corte non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando anche un precedente giurisprudenziale (Cass. n. 43315/2021), che rafforza il principio secondo cui anche attività apparentemente lecite, se svolte con modalità anomale, possono integrare un tentativo di occultamento. La frammentazione delle operazioni di cambio è stata giudicata “evidentemente idonea a dissimulare l’origine del denaro”.

La dichiarazione di inammissibilità non è una mera formalità, ma una decisione che impedisce l’esame nel merito delle questioni sollevate. Essa consegue alla manifesta infondatezza dei motivi di ricorso o alla mancanza dei requisiti previsti dalla legge. In questo caso, i motivi addotti dal ricorrente non sono stati in grado di scalfire la coerenza logico-giuridica della sentenza di secondo grado.

Le Conclusioni

La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è stata la condanna del ricorrente a sostenere le spese del procedimento e al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: presentare un ricorso in Cassazione senza validi motivi giuridici non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche significative conseguenze economiche. La decisione serve da monito sull’importanza di valutare attentamente i presupposti di un’impugnazione e conferma la severità con cui l’ordinamento giuridico tratta i tentativi di mascherare la provenienza illecita di capitali.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della sentenza della Corte d’Appello fosse logica e coerente nel considerare l’attività frammentata di cambio di denaro come prova sufficiente dell’intento di dissimulare l’origine dei fondi.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questo caso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Quale condotta è stata considerata sufficiente per provare l’intento di dissimulazione?
Una “frammentata attività di cambio in euro” è stata giudicata dalla Corte come una condotta evidentemente idonea a dissimulare l’origine del denaro, confermando così la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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