Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto del “concordato in appello”, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma impone precisi limiti alle successive impugnazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce la natura del ricorso inammissibile concordato, specificando quali doglianze non possono più essere sollevate dinanzi al giudice di legittimità. Analizziamo la decisione per comprendere la portata pratica di questo principio.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna in primo grado emessa dal GUP del Tribunale per reati legati agli stupefacenti in concorso. In sede di appello, l’imputato e la Procura Generale raggiungevano un accordo ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. La Corte d’Appello, in accoglimento del concordato, riformava parzialmente la sentenza, riducendo la pena detentiva e pecuniaria.
Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. La sua unica doglianza riguardava la violazione dell’art. 133 del codice penale, lamentando il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che a suo dire avrebbe dovuto portare a un’ulteriore diminuzione della pena.
La Questione Giuridica: I Limiti del Ricorso dopo il Concordato
Il nucleo della questione sottoposta alla Suprema Corte era stabilire se, dopo aver accettato una riduzione di pena tramite concordato, l’imputato potesse ancora contestare aspetti legati alla commisurazione della sanzione, come il mancato riconoscimento di attenuanti. La difesa sosteneva di sì, ma la Corte ha fornito una risposta nettamente negativa.
Analisi del ricorso inammissibile concordato
La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto fondato su un “motivo non consentito”. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’impugnazione avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è ammessa solo per ragioni molto specifiche. Queste includono:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Vizi relativi al consenso del pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo pattuito.
Al di fuori di questi casi, tutti gli altri motivi di doglianza si intendono rinunciati con l’accettazione stessa del concordato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha spiegato che le doglianze relative alla determinazione della pena, come quella sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, rientrano a pieno titolo tra i motivi rinunciati. L’accordo, infatti, si innesta proprio sulla rinuncia ai motivi di appello, cristallizzando la responsabilità penale e la qualificazione giuridica del fatto. Di conseguenza, non è più possibile contestare questi aspetti in Cassazione.
I giudici hanno inoltre tracciato una distinzione fondamentale tra il concordato in appello (art. 599-bis) e l’applicazione della pena su richiesta delle parti, o “patteggiamento” (art. 444). Mentre quest’ultimo abbraccia anche i termini dell’accusa, consentendo un ricorso per cassazione anche sulla qualificazione giuridica, il concordato ha una fisionomia diversa, fondata sulla rinuncia ai motivi di impugnazione. Questo rende le ipotesi di annullamento della sentenza molto più limitate, circoscrivendole essenzialmente ai casi di pena “illegale”, cioè una sanzione che esce dai limiti previsti dalla legge o che è di tipo diverso da quella prescritta.
Poiché la doglianza dell’imputato non riguardava un’illegalità della pena, ma una valutazione discrezionale del giudice di merito (la concessione delle attenuanti), essa non poteva trovare ingresso in sede di legittimità. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile “senza formalità”, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
La decisione in esame rafforza la natura pattizia e definitiva del concordato in appello. Chi sceglie questa strada processuale ottiene il beneficio di una pena certa e ridotta, ma al contempo accetta di chiudere la partita processuale sulla maggior parte delle questioni, in particolare quelle relative alla quantificazione della pena. Il ricorso inammissibile concordato diventa la conseguenza diretta di una scelta strategica che privilegia la certezza del risultato rispetto alla possibilità di contestare ulteriormente la decisione. Questa pronuncia serve da monito: l’accordo in appello è un punto di non ritorno sulla valutazione della sanzione, salvo i ristretti e gravi casi di illegalità della pena stessa.
È sempre possibile ricorrere in Cassazione dopo un “concordato in appello”?
No. Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici, come vizi della volontà nell’accordo, vizi nel consenso del PM o difformità tra l’accordo e la sentenza. Tutti gli altri motivi, inclusi quelli sulla quantificazione della pena, si considerano rinunciati.
La mancata concessione delle attenuanti generiche è un motivo valido per ricorrere dopo un concordato?
No. Secondo la Corte, questa doglianza riguarda la determinazione della pena e rientra tra i motivi a cui si rinuncia implicitamente aderendo al concordato. Non costituisce un’ipotesi di “pena illegale” che giustificherebbe il ricorso.
Qual è la principale differenza tra concordato in appello e patteggiamento ai fini del ricorso in Cassazione?
Il concordato in appello si basa sulla rinuncia ai motivi di impugnazione, limitando fortemente le successive contestazioni. Il patteggiamento (art. 444 c.p.p.), invece, è un accordo sui termini dell’accusa, che lascia aperta la possibilità di ricorrere in Cassazione anche per motivi attinenti alla qualificazione giuridica del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37040 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37040 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle part.
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della decisione del GUP del Tribunale di Bergamo del 30 settembre 2022, in accoglimento del concordato ex art. 599 bis cod.proc.pen’ ha ridotto ad anni quattro e mesi due di reclusione ed euro 16667,00 di multa la pena inflitta dal primo Giudice nei confronti di NOME, in relazione al reato di cui agli art 110 cod.pen. e 73 d.P.R. n. 309/1990.
NOME COGNOME, avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del suo difensore, lamentando, con un’unica doglianza, violazione dell’art. 133 cod.pen. in ragione del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. 3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non consentito. E’ stato precisato, infatti, che il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. è ammissibile solo quando deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e ai vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170-01; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102-01). Il concordato in appello, d’altro canto, ha una diversa fisionomia rispetto all’applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. – derivante dal diverso contenuto dell’accordo che, nel primo caso, si innesta sulla rinuncia ai motivi di impugnazione (con conseguente impossibilità di contestare la responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto), mentre nel secondo abbraccia anche i termini dell’accusa (da cui deriva la possibilità di proporre ricorso per cassazione anche per ciò che concerne la qualificazione giuridica) – con la conseguenza che le ipotesi di annullamento della sentenza ex art. 599-bis cod. proc. pen. sono sicuramente più limitate rispetto a quelle previste dall’art. 448-bis dello stesso codice, dato che riguardano essenzialmente l’illegalità della pena che costituisce l’unica ipotesi in cui, indipendentemente dall’inammissibilità del ricorso per cassazione, sempreché non sia tardivo, la Corte di legittimità deve procedere d’ufficio all’annullamento della sentenza impugnata (così, Sez. 6, n. 41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4. La declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione deve, pertanto, essere pronunciata «senza formalità», ai sensi di quanto disposto dall’art. 610, comma 5
v
-bis, cod. proc. pen.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e non sussistendo ragioni di esonero – ai pagamento della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamen delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cas delle ammende.
Così deciso in Roma il 23 settembre 2024.