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Ricorso inammissibile concordato: limiti in Cassazione

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (c.d. concordato), ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata applicazione delle cause di proscioglimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’adesione al ‘concordato’ comporta la rinuncia alla maggior parte dei motivi di impugnazione. Di conseguenza, il ricorso in Cassazione contro una tale sentenza è possibile solo per vizi specifici legati alla formazione della volontà, al consenso del PM o a palesi illegalità della pena, rendendo inammissibile ogni doglianza sui motivi rinunciati, come il mancato proscioglimento.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Concordato: Quando la Cassazione Chiude la Porta

L’istituto del “concordato in appello”, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono le sue conseguenze sulla possibilità di ricorrere in Cassazione? Una recente ordinanza chiarisce i limiti invalicabili per chi sceglie questa strada. Comprendere la logica dietro un ricorso inammissibile concordato è fondamentale per valutare le strategie processuali, poiché la scelta di accordarsi sulla pena in secondo grado preclude quasi ogni ulteriore via di impugnazione.

I Fatti del Caso: La Rinuncia ai Motivi di Appello

Nel caso di specie, un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello per una rideterminazione della pena. La Corte territoriale, recependo l’accordo, emetteva una nuova sentenza.

Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando un vizio sostanziale: a suo dire, la Corte d’Appello avrebbe dovuto proscioglierlo ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (obbligo della declaratoria immediata di determinate cause di non punibilità), anziché limitarsi a ratificare l’accordo sulla pena. La difesa sosteneva, in pratica, che il proscioglimento avrebbe dovuto prevalere sul patto processuale.

La Decisione della Corte: I Limiti del Ricorso dopo il Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile, allineandosi a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. La decisione si fonda su un principio cardine: l’adesione al concordato in appello implica una rinuncia ai motivi di impugnazione che non riguardano l’accordo stesso. Di conseguenza, il ricorso inammissibile concordato diventa l’esito quasi inevitabile per chi tenta di rimettere in discussione il merito della vicenda.

L’Effetto Devolutivo e la Cognizione Limitata del Giudice

I giudici hanno sottolineato come, a seguito della rinuncia ai motivi d’appello, la cognizione del giudice di secondo grado sia limitata esclusivamente alla ratifica dell’accordo tra le parti. Il giudice non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento o sulla insussistenza di aggravanti, poiché questi aspetti esulano dal perimetro del patto processuale. L’effetto devolutivo dell’impugnazione viene, di fatto, “congelato” dall’accordo.

I Soli Motivi Ammissibili per il Ricorso in Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito che, secondo l’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., il ricorso avverso una sentenza di concordato è ammissibile solo ed esclusivamente per motivi molto specifici, quali:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato (ad esempio, errore o violenza).
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero all’accordo.
3. Contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo pattuito.
4. Applicazione di una pena illegale, ovvero non prevista dall’ordinamento o inflitta fuori dai limiti edittali.

Qualsiasi altro motivo, inclusa la presunta violazione dell’art. 129 c.p.p., è considerato rinunciato e, pertanto, inammissibile.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano sulla natura stessa del concordato in appello, introdotto dalla legge n. 103 del 2017 (c.d. Riforma Orlando). L’obiettivo del legislatore era quello di creare un meccanismo premiale per chi, rinunciando a una parte del proprio diritto di difesa (la contestazione nel merito), contribuisce a una più rapida definizione del processo. Permettere un ricorso in Cassazione su motivi rinunciati snaturerebbe la finalità dell’istituto, trasformandolo in una mera tappa interlocutoria anziché in un epilogo processuale. La giurisprudenza citata nell’ordinanza è unanime nel confermare che la cognizione del giudice, una volta formalizzato l’accordo, si restringe drasticamente, escludendo una rivalutazione completa dei fatti o del diritto sostanziale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la difesa. La scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica che deve essere ponderata con attenzione, poiché chiude quasi definitivamente la possibilità di contestare la responsabilità penale. Il beneficio di una pena potenzialmente più mite si paga con la rinuncia a far valere gran parte delle proprie doglianze. Il ricorso in Cassazione rimane una via percorribile solo per vizi procedurali attinenti all’accordo stesso o per palesi illegalità della pena, ma non per rimettere in discussione il cuore della condanna. La conseguenza per il ricorrente, in questo caso, è stata non solo la conferma della decisione, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende.

Dopo aver accettato un “concordato in appello”, è possibile presentare ricorso in Cassazione chiedendo il proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p.?
No. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’adesione al concordato in appello comporta la rinuncia ai motivi che lo precedono, inclusa la richiesta di proscioglimento. Il ricorso basato su tale motivo è quindi inammissibile.

Quali sono gli unici motivi per cui è ammissibile un ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
Il ricorso è ammissibile solo se denuncia vizi relativi alla formazione della volontà dell’imputato di aderire all’accordo, al consenso del pubblico ministero, a una decisione del giudice difforme dall’accordo, o all’illegalità della sanzione inflitta (perché non prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di “concordato in appello” viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in quattromila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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