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Ricorso inammissibile concordato: limiti in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di concordato in appello. L’ordinanza chiarisce che, in caso di accordo tra le parti, non è più possibile sollevare questioni relative a mancate assoluzioni o introdurre motivi nuovi, come la contestazione di una confisca. Il ricorso inammissibile concordato conferma che l’accordo sulla pena implica la rinuncia a determinate doglianze, limitando fortemente i motivi di impugnazione successiva.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile concordato: i paletti della Cassazione

L’istituto del concordato in appello, o patteggiamento in secondo grado, rappresenta uno strumento per definire il processo penale in modo più celere. Tuttavia, accedervi comporta delle conseguenze precise sui successivi gradi di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i limiti stringenti del ricorso contro una sentenza emessa a seguito di tale accordo, chiarendo quando si configura un ricorso inammissibile concordato.

Questo provvedimento offre spunti fondamentali per comprendere la natura dell’accordo sulla pena e le rinunce che esso implica per l’imputato.

I fatti del caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello, emessa a seguito di un concordato ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. L’imputato, condannato per violazione della normativa sugli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990), aveva sollevato due principali questioni dinanzi alla Suprema Corte:

1. Un vizio di motivazione per la mancata declaratoria di cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.
2. Una violazione di legge relativa alla confisca di telefoni cellulari e di una somma di denaro.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il ricorso interamente inammissibile.

Il concordato in appello e i limiti del ricorso

L’articolo 599-bis del codice di procedura penale permette alle parti (imputato e Procura Generale) di accordarsi sui motivi di appello da accogliere, chiedendo al giudice una rideterminazione della pena. Quando il giudice accoglie tale richiesta, la sentenza che ne deriva ha una natura particolare.

La giurisprudenza costante, richiamata nell’ordinanza, stabilisce che il ricorso per Cassazione contro tale sentenza è consentito solo per motivi specifici. Essi riguardano vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, nel consenso del Procuratore Generale o un contenuto della sentenza difforme da quanto concordato. Al di fuori di questi casi, le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate.

Le motivazioni della Cassazione sul ricorso inammissibile concordato

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i due motivi di ricorso, spiegando perché entrambi fossero inammissibili e configurassero un classico caso di ricorso inammissibile concordato.

La rinuncia ai motivi di proscioglimento

Riguardo alla prima doglianza, relativa alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento, la Corte ha sottolineato che l’accesso al concordato implica una rinuncia a far valere tali questioni. La logica è chiara: accordandosi sulla pena, l’imputato accetta una sentenza di condanna, seppur a una pena ridotta, e implicitamente rinuncia a contestare la propria colpevolezza e a chiedere un’assoluzione nel merito. Pertanto, lamentare la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. è una doglianza inammissibile, poiché relativa a un punto a cui si è già rinunciato.

I motivi nuovi: il caso della confisca

Per quanto concerne il secondo motivo, ossia la contestazione della confisca, la Corte ha rilevato un diverso vizio di inammissibilità. La questione della confisca non era stata oggetto dei motivi di appello originari, sui quali si era poi formato l’accordo. L’appello si concentrava esclusivamente sulla responsabilità, sulla qualificazione del reato, sulla recidiva e sul trattamento sanzionatorio.

Introdurre un motivo nuovo, mai discusso in precedenza, direttamente in sede di legittimità è una pratica non consentita. Il ricorso in Cassazione deve basarsi sui punti già devoluti al giudice d’appello. Di conseguenza, anche questo motivo è stato dichiarato inammissibile.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di impugnazioni penali: la scelta di accedere al concordato in appello non è priva di conseguenze. Essa cristallizza il giudizio su molti aspetti e preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni che sono state implicitamente superate dall’accordo stesso, come la richiesta di proscioglimento, o che non erano state originariamente contestate. La decisione della Corte si traduce nella dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di ‘concordato in appello’ per lamentare la mancata assoluzione?
No, non è possibile. Secondo la Corte, l’adesione al concordato in appello implica una rinuncia a far valere motivi legati a un’eventuale assoluzione (ex art. 129 cod. proc. pen.), poiché l’accordo si basa sull’accettazione di una sentenza di condanna a una pena concordata.

Quali sono gli unici motivi validi per ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi che riguardano la formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, il consenso del Procuratore Generale sulla richiesta, o un contenuto della pronuncia del giudice che sia difforme dall’accordo raggiunto tra le parti.

Si può introdurre un nuovo motivo di ricorso, come la contestazione di una confisca, per la prima volta in Cassazione?
No. L’ordinanza chiarisce che se un motivo, come la confisca, non era oggetto dell’appello originario su cui si è basato il concordato, non può essere dedotto per la prima volta in Cassazione, in quanto si tratterebbe di un motivo nuovo e quindi inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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