Concordato in Appello: La Cassazione Fissa i Paletti per il Ricorso
L’istituto del concordato in appello, noto anche come “patteggiamento in appello”, rappresenta uno strumento processuale cruciale che permette di definire il giudizio di secondo grado con un accordo sulla pena. Tuttavia, quali sono i limiti per impugnare successivamente la decisione davanti alla Corte di Cassazione? Una recente ordinanza ha ribadito la linea dura della giurisprudenza, dichiarando un ricorso inammissibile concordato e chiarendo che, una volta raggiunto l’accordo, le vie per un’ulteriore impugnazione si restringono drasticamente.
I Fatti del Caso
Due imputati, condannati in primo grado dal Tribunale per reati legati agli stupefacenti, avevano proposto appello. In sede di giudizio di secondo grado, avevano raggiunto un accordo con la Procura Generale per una rideterminazione della pena, secondo la procedura prevista dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte d’Appello, accogliendo la richiesta congiunta, aveva emesso la relativa sentenza.
Nonostante l’accordo, i due imputati hanno presentato ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, sostenevano che il giudice d’appello avrebbe dovuto comunque valutare la possibilità di un proscioglimento immediato per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p. (ad esempio, perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso), a prescindere dall’accordo sulla pena.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile Concordato
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accesso al concordato in appello comporta una rinuncia implicita ai motivi che non sono oggetto dell’accordo stesso.
I Limiti dell’Impugnazione
I giudici hanno sottolineato che, a seguito della riforma che ha reintrodotto il concordato in appello (Legge n. 103/2017), il ricorso per cassazione contro la sentenza che ratifica l’accordo è possibile solo per motivi estremamente specifici. Questi includono:
1. Vizi nella formazione della volontà: Se l’imputato dimostra che il suo consenso all’accordo è stato viziato.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero: Se l’accordo è stato raggiunto senza il necessario assenso dell’accusa.
3. Contenuto della sentenza difforme dall’accordo: Se la pena inflitta dal giudice è diversa da quella concordata.
4. Illegalità della pena: Se la sanzione è illegale, ovvero non prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali.
L’Effetto Devolutivo e la Rinuncia ai Motivi
La Corte ha spiegato che, quando l’imputato rinuncia ai motivi d’appello per accedere al concordato, la cognizione del giudice è limitata ai soli aspetti che non sono stati oggetto di rinuncia. La richiesta di proscioglimento nel merito, essendo coperta dalla rinuncia, esce dal perimetro di valutazione del giudice d’appello e, di conseguenza, non può essere riproposta come motivo di ricorso in Cassazione.
Le Motivazioni
La motivazione dell’ordinanza si ancora saldamente all’interpretazione dell’art. 599-bis c.p.p. e alla giurisprudenza costante in materia. La Suprema Corte ha affermato che il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di concordato, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p., né sulla sussistenza di aggravanti o sulla presenza di nullità. La logica è che la scelta di concordare la pena è una strategia processuale che implica l’accettazione del quadro accusatorio, rinunciando a contestarlo nel merito.
L’effetto devolutivo dell’impugnazione, limitato dall’accordo, impedisce al giudice di andare oltre i termini del patto stesso, a meno che non emerga l’evidenza di una causa di non punibilità. Le doglianze degli imputati, relative a una presunta omessa valutazione di cause di proscioglimento, sono state quindi ritenute estranee ai motivi ammissibili per un ricorso in Cassazione in questo specifico contesto, configurando un ricorso inammissibile concordato.
Le Conclusioni
Questa pronuncia consolida un principio fondamentale per la difesa e per gli imputati: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Chi opta per questa via deve essere consapevole che sta barattando la possibilità di un’assoluzione nel merito con la certezza di una pena concordata e ridotta. Il ricorso in Cassazione rimane un’opzione, ma solo come presidio di legalità sulla correttezza della procedura di accordo e sulla legalità della pena applicata, non come un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. La conseguenza per gli imputati è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Se si accetta un concordato in appello, si può ancora ricorrere in Cassazione per chiedere il proscioglimento?
No. Secondo la Corte, accettando il concordato l’imputato rinuncia ai motivi di appello. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà di concordare o illegalità della pena, ma non per la mancata valutazione di un proscioglimento ex art. 129 c.p.p.
Quali sono gli unici motivi per cui è possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
L’ordinanza chiarisce che il ricorso è ammissibile solo se si contestano vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, o se la pena applicata è illegale (ad esempio, diversa da quella prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).
Cosa succede se si presenta un ricorso in Cassazione con motivi non consentiti contro una sentenza di concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come stabilito in questo caso, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1349 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1349 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MINERVINO COGNOME il 28/11/1966
COGNOME nato a SPINAZZOLA il 17/03/1975
avverso la sentenza del 08/07/2022 della CORTE APPELLO di BARI
Motivi della decisione
Rilevato che gli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto con distinti atti ricorso per cassazione avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Bari ha rideterminato ai sensi dell’art.599 bis cod. proc. pen. la pena inflitta dal Tribunale di Trani in relazione al reato di cui agli artt.99,110 cod. pen. e 73 e 80 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 commesso in Minervino Murge il 26 settembre 2016
considerato che gli esponenti lamentano omessa motivazione anche in relazione all’art.129 cod. proc. pen. ma che si tratta di ricorsi inammissibili ai sensi dell’art.610, comma 5-bis cod. proc. peri., introdotto dall’art.1, comma 62, legge 23 giugno 2017, n.103. A seguito della reintroduzione del concordato in appello ad opera dell’art. 1, comma 56, della legge n. 103 del 2017, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599 bis cod. proc. pen., non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen. né sulla insussistenza di circostanze aggravanti o di cause di nullità assoluta o inutilizzabilità delle prove, in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Bouachra, Rv. 27452201; Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, COGNOME, Rv. 27319401; Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME, Rv. 27285301; Sez. 3, n. 30190 del 08/03/2018, COGNOME, Rv. 27375501). Anche da ultimo la giurisprudenza di legittimità ha statuito che il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc. pen. è ammissibile solo quando deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e ai vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quel prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 27817001; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 27610201; Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 27296901).
considerato che alla inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 novembre 2023
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Il Presidente