Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Coltivazione di Stupefacenti
L’analisi di una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti cruciali sulla differenza tra critiche di fatto e violazioni di legge, elementi che determinano l’esito di un appello. La Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile perché basato su argomentazioni non consentite in sede di legittimità, confermando la condanna per due imputati per coltivazione e detenzione di sostanze stupefacenti. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le ragioni giuridiche alla base della decisione.
I Fatti alla Base della Condanna
Due soggetti erano stati condannati in appello alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione e a una multa di quasi 20.000 euro per il reato previsto dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/1990. Durante le indagini, erano state rinvenute e sequestrate ingenti quantità di sostanze stupefacenti, tra cui marijuana, da cui si sarebbero potute ricavare oltre 1.300 dosi, e hashish, per circa 75 dosi.
Inoltre, era stata scoperta una coltivazione di quarantacinque piante di marijuana, supportata da attrezzature tutt’altro che rudimentali: ventilatori, un impianto elettrico specializzato con lampade, pompe idrauliche e una stufa. Questi elementi indicavano un’attività organizzata e non una coltivazione domestica di minima entità.
I Motivi del Ricorso e perché è un Ricorso Inammissibile
Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione basandolo su tre motivi principali:
1. Primo Motivo: Violazione di legge per omessa motivazione sulla destinazione della droga a terzi e sulla possibile configurazione del reato come di lieve entità.
2. Secondo Motivo: Violazione di legge per mancata motivazione sulla configurabilità del reato di coltivazione.
3. Terzo Motivo: Contestazione sulla confisca dei beni sequestrati.
La Corte Suprema ha respinto tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. I primi due motivi sono stati considerati mere ‘doglianze in punto di fatto’, ovvero tentativi di ottenere una nuova valutazione delle prove, cosa non permessa nel giudizio di legittimità. La Corte ha sottolineato che i giudici di merito avevano già ampiamente e correttamente motivato la loro decisione, e il ricorso non faceva altro che riproporre le stesse argomentazioni senza sollevare specifiche critiche legali. Il terzo motivo, relativo alla confisca, è stato dichiarato inammissibile perché non era stato sollevato nel precedente atto di appello, rappresentando una censura nuova e quindi proceduralmente inaccettabile.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Corte non può riesaminare i fatti, ma solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente. Nel caso di specie, i giudici di appello avevano fornito una motivazione logica e coerente, spiegando perché le quantità e le modalità di coltivazione escludessero la lieve entità e configurassero pienamente il reato contestato. I ricorsi che si limitano a proporre una lettura alternativa delle prove, senza individuare un vizio di legge, sono destinati all’inammissibilità. La Corte ha inoltre sanzionato gli imputati per aver presentato un ricorso palesemente infondato, condannandoli al pagamento delle spese e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce l’importanza di strutturare un ricorso per cassazione in modo tecnicamente corretto. È fondamentale concentrarsi sui vizi di legittimità (violazioni di legge o vizi di motivazione evidenti) e non tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. La decisione serve da monito: un ricorso inammissibile non solo non produce alcun risultato utile per la difesa, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per i ricorrenti, confermando la definitività della condanna.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, come in questo caso, si limita a riproporre censure di fatto già adeguatamente valutate dal giudice di merito, senza individuare specifiche violazioni di legge. È inoltre inammissibile se introduce motivi di impugnazione non presentati nel precedente grado di giudizio.
Qual è la differenza tra una ‘doglianza di fatto’ e una ‘violazione di legge’?
Una ‘doglianza di fatto’ contesta la ricostruzione degli eventi o la valutazione delle prove fatte dal giudice (ad esempio, sostenendo che una prova è stata interpretata male). Una ‘violazione di legge’, invece, contesta l’errata applicazione di una norma giuridica a quei fatti. La Corte di Cassazione si occupa solo delle seconde.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Oltre a rendere definitiva la sentenza di condanna, la dichiarazione di inammissibilità comporta per i ricorrenti la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5923 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5923 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a BARI il 10/11/1949
COGNOME NOME nato a PUTIGNANO il 01/08/1969
avverso la sentenza del 10/04/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, condannati per il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990 entrambi alla pena di un anno e dieci mesi reclusione e 19,800,00 euro di multa, all’esito di giudizio abbreviato, articolando congiuntamen tre comuni motivi di ricorso, deducono violazione di legge in relazione alla omessa motivazion sulla destinazione della droga a terzi o sulla configurabilità della fattispecie della liev (primo motivo), nonché violazione di legge con riguardo alla omessa motivazione in ordine alla configurabilità del reato di coltivazione (secondo motivo), nonché ancora sulla confisca di quan in sequestro;
Considerato che il primo ed il secondo motivo, comuni ad entrambi gli imputati, espongono censure non consentite dalla legge in sede di legittimità poiché le stesse sono costituite da me doglianze in punto di fatto riproduttive di deduzioni già adeguatamente vagliate e disattese c corretti argomenti giuridici dal giudice di merito non scanditi da specifica critica con il ric inoltre sono volte a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti pro ed avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processual valorizzate dai giudici di merito, in quanto la sentenza impugnata ha spiegato in modo puntual perché deve ritenersi configurabile il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del (sono state rinvenute nella disponibilità degli imputati, e sequestrate, sostanze stupefacenti tipo marijuana, da cui erano ricavabili circa 1.361 dosi, e del tipo hashish, da cui erano rica 75 dosi, nonché ben quarantacinque piante in vegetazione di marijuana e strumenti per una coltivazione tutt’altro che rudimentale (ventilatori, impianto elettrico di regolazione con lam pompe idrauliche e stufa);
Osservato che il terzo motivo, anch’esso comune ad entrambi gli imputati, espone censure non consentite ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., perché non proposte con l’atto di appello;
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con condanna entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento dell somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, sussistendo profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.