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Ricorso inammissibile: coltivazione di stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da due persone condannate per coltivazione e detenzione di stupefacenti. La Corte ha stabilito che i motivi dell’appello erano mere doglianze di fatto, già valutate correttamente in precedenza, e non valide censure legali. Di conseguenza, la condanna è stata confermata, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Coltivazione di Stupefacenti

L’analisi di una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti cruciali sulla differenza tra critiche di fatto e violazioni di legge, elementi che determinano l’esito di un appello. La Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile perché basato su argomentazioni non consentite in sede di legittimità, confermando la condanna per due imputati per coltivazione e detenzione di sostanze stupefacenti. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le ragioni giuridiche alla base della decisione.

I Fatti alla Base della Condanna

Due soggetti erano stati condannati in appello alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione e a una multa di quasi 20.000 euro per il reato previsto dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/1990. Durante le indagini, erano state rinvenute e sequestrate ingenti quantità di sostanze stupefacenti, tra cui marijuana, da cui si sarebbero potute ricavare oltre 1.300 dosi, e hashish, per circa 75 dosi.

Inoltre, era stata scoperta una coltivazione di quarantacinque piante di marijuana, supportata da attrezzature tutt’altro che rudimentali: ventilatori, un impianto elettrico specializzato con lampade, pompe idrauliche e una stufa. Questi elementi indicavano un’attività organizzata e non una coltivazione domestica di minima entità.

I Motivi del Ricorso e perché è un Ricorso Inammissibile

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione basandolo su tre motivi principali:

1. Primo Motivo: Violazione di legge per omessa motivazione sulla destinazione della droga a terzi e sulla possibile configurazione del reato come di lieve entità.
2. Secondo Motivo: Violazione di legge per mancata motivazione sulla configurabilità del reato di coltivazione.
3. Terzo Motivo: Contestazione sulla confisca dei beni sequestrati.

La Corte Suprema ha respinto tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. I primi due motivi sono stati considerati mere ‘doglianze in punto di fatto’, ovvero tentativi di ottenere una nuova valutazione delle prove, cosa non permessa nel giudizio di legittimità. La Corte ha sottolineato che i giudici di merito avevano già ampiamente e correttamente motivato la loro decisione, e il ricorso non faceva altro che riproporre le stesse argomentazioni senza sollevare specifiche critiche legali. Il terzo motivo, relativo alla confisca, è stato dichiarato inammissibile perché non era stato sollevato nel precedente atto di appello, rappresentando una censura nuova e quindi proceduralmente inaccettabile.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Corte non può riesaminare i fatti, ma solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente. Nel caso di specie, i giudici di appello avevano fornito una motivazione logica e coerente, spiegando perché le quantità e le modalità di coltivazione escludessero la lieve entità e configurassero pienamente il reato contestato. I ricorsi che si limitano a proporre una lettura alternativa delle prove, senza individuare un vizio di legge, sono destinati all’inammissibilità. La Corte ha inoltre sanzionato gli imputati per aver presentato un ricorso palesemente infondato, condannandoli al pagamento delle spese e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce l’importanza di strutturare un ricorso per cassazione in modo tecnicamente corretto. È fondamentale concentrarsi sui vizi di legittimità (violazioni di legge o vizi di motivazione evidenti) e non tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. La decisione serve da monito: un ricorso inammissibile non solo non produce alcun risultato utile per la difesa, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per i ricorrenti, confermando la definitività della condanna.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, come in questo caso, si limita a riproporre censure di fatto già adeguatamente valutate dal giudice di merito, senza individuare specifiche violazioni di legge. È inoltre inammissibile se introduce motivi di impugnazione non presentati nel precedente grado di giudizio.

Qual è la differenza tra una ‘doglianza di fatto’ e una ‘violazione di legge’?
Una ‘doglianza di fatto’ contesta la ricostruzione degli eventi o la valutazione delle prove fatte dal giudice (ad esempio, sostenendo che una prova è stata interpretata male). Una ‘violazione di legge’, invece, contesta l’errata applicazione di una norma giuridica a quei fatti. La Corte di Cassazione si occupa solo delle seconde.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Oltre a rendere definitiva la sentenza di condanna, la dichiarazione di inammissibilità comporta per i ricorrenti la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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