Ricorso inammissibile: quando l’impugnazione non supera il vaglio della Cassazione
Un ricorso inammissibile rappresenta uno degli esiti più netti nel processo penale, segnalando che l’impugnazione presentata non possiede i requisiti minimi per essere esaminata nel merito. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come la genericità delle censure e la mancata contestazione delle motivazioni della sentenza precedente conducano inevitabilmente a questa declaratoria, con conseguenze economiche per il ricorrente. Analizziamo la decisione per comprendere i principi applicati.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva condannato un individuo per molteplici episodi di furto e ricettazione, aggravati dalla recidiva specifica infraquennale. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandolo a diversi motivi. In particolare, lamentava:
1. Violazione di legge e vizi di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità per alcuni dei reati contestati.
2. Mancata declaratoria di prescrizione per uno dei capi d’imputazione.
3. Errata applicazione di una misura di sicurezza.
L’obiettivo del ricorrente era ottenere un annullamento, totale o parziale, della condanna inflitta in secondo grado.
L’Analisi della Corte e la declaratoria di ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, rigettandoli tutti e dichiarando l’impugnazione nel suo complesso inammissibile. La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive. Per quanto riguarda la misura di sicurezza, i giudici hanno rilevato una totale carenza di interesse da parte dell’imputato, poiché la Corte d’Appello non aveva di fatto applicato la misura richiesta dal Procuratore Generale. Di conseguenza, non vi era alcuna decisione sfavorevole da impugnare su quel punto.
Cruciale è stata la valutazione sulla prescrizione. La difesa sosteneva che il termine per uno dei reati fosse scaduto, ma la Corte ha definito la doglianza ‘manifestamente infondata’, poiché era stata correttamente applicata la recidiva qualificata (art. 99, comma IV, c.p.), che notoriamente incide sui tempi di prescrizione, allungandoli.
Le motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella valutazione dei restanti motivi di ricorso, definiti dalla Corte ‘generiche censure di merito’. I giudici hanno sottolineato come l’imputato si fosse limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate in appello, senza confrontarsi criticamente con la solida motivazione della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva basato la condanna su elementi probatori chiari e convergenti, ritenuti ‘esaustivi e non manifestamente illogici’. Tra questi:
* Inattendibilità della versione dell’imputato: La sua tardiva confessione di aver commesso un furto di bicicletta (per ottenere una riqualificazione del reato da ricettazione), resa nove anni dopo i fatti, era stata giudicata generica e non credibile.
* Dati delle celle telefoniche: Il cellulare dell’imputato aveva agganciato le celle corrispondenti ai luoghi e agli orari dei furti ai danni delle persone offese.
* Rinvenimento della refurtiva: Oggetti riconosciuti da una delle vittime erano stati trovati a bordo del furgone in uso all’imputato.
* Flagranza: L’imputato era stato fermato da un’altra vittima proprio mentre si trovava sul medesimo furgone.
Di fronte a un quadro probatorio così solido e ben argomentato, il ricorso si è risolto in un tentativo inammissibile di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione delle prove, compito che non rientra nelle sue prerogative.
Le conclusioni
La declaratoria di inammissibilità, quando riconducibile a colpa del ricorrente, comporta conseguenze precise. In applicazione del principio consolidato (richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000), la Corte di Cassazione ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un controllo di legittimità. Le impugnazioni devono essere specifiche, pertinenti e devono dialogare con la sentenza che intendono criticare; in caso contrario, l’esito non può che essere un ricorso inammissibile, con un aggravio di costi per chi lo ha proposto.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano generici, ripetitivi di quelli già esposti in appello e non si confrontavano in modo critico e specifico con le solide argomentazioni della sentenza impugnata, che si basava su prove concrete come dati telefonici e il ritrovamento di refurtiva.
In che modo la recidiva ha influito sulla decisione relativa alla prescrizione?
L’applicazione della recidiva qualificata (ai sensi dell’art. 99, IV comma, del codice penale) ha comportato un aumento dei termini di prescrizione del reato. Di conseguenza, la richiesta del ricorrente di dichiarare il reato estinto per prescrizione è stata giudicata manifestamente infondata.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile per colpa del ricorrente?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa di chi lo ha proposto (ad esempio, perché manifestamente infondato o generico), il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso 3.000 euro, in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35995 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35995 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/03/2025 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia che, in parzial riforma della sentenza di Bergamo, l’ ha riconosciuto colpevole di plurimi episodi di furt ricettazione, con la recidiva specifica infraquennale.
A motivo del ricorso lamenta vizio di violazione di legge e vizio di motivazione in ordi alla affermazione di responsabilità per i reati di cui ai capi B, E e G; vizio di violazione di non essendo stata dichiarata la prescrizione per il reato di cui al capo A; vizio di violazio legge e vizio di motivazione in ordine alla applicazione della misura di sicurezza di cui all’art cod. pen.
Il ricorso è inammissibile.
Quanto al motivo inerente alla misura di sicurezza, è agevole rilevare che la Corte d’appello non ha accolto sul punto il gravame del Procuratore Generale, non applicando la richiesta misura dell’espulsione dal territorio dello stato, sicchè vi assoluta è carenza di inte dell’imputato riguardo alla impugnazione proposta.
Manifestamente infondata è la doglianza relativa al decorso del termine di prescrizione, essendo stata applicata la recidiva di cui all’art. 99, IV comma, cod. pen.
I restanti motivi di ricorso consistono in generiche censure di merito, reiterative dei mo di appello che nemmeno si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata nella quale si sottolinea che : 1) non era credibile la versione dei fatti offerta dall’imputato, dichi autore del furto della bicicletta di cui al capo A, chiedendo la riqualificazione del del ricettazione contestato, posto che le dichiarazioni, minimamente circostanziate e del tut generiche, erano intervenute nove anni dopo i fatti; 2) le celle telefoniche relative al tel portatile dell’imputato avevano agganciato nella medesima fascia oraria i luoghi ove erano stati commessi i reati ai danni delle persone offese COGNOME COGNOME COGNOME; a bordo del furgone in uso all’imputato erano stati rinvenuti oggetti riconosciuti dalla COGNOME come quelli sottr l’imputato era stato fermato dalla persona offesa COGNOME mentre era a bordo del medesimo furgone. Si tratta di argomentazioni esaustive e non manifestamente illogiche, avverso le quali, come esposto, il ricorrente oppone inammissibili censure in punto di fatto e di valutazione del prove.
Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Co Cost.sent.n.186/2000) consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle spese processuali e di una somma che congruamente si determina in 3000 euro, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di € 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 7 ottobre 2025