Ricorso Inammissibile: La Cassazione e l’Onere di Specificità dei Motivi
Presentare un’impugnazione alla Corte di Cassazione richiede un’attenzione meticolosa alla formulazione dei motivi. Un ricorso inammissibile non solo preclude la possibilità di una revisione nel merito, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente. Una recente ordinanza della Suprema Corte ribadisce questo principio, sottolineando come censure generiche e manifestamente infondate non possano trovare accoglimento, specialmente a fronte di una sentenza d’appello ben motivata.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Torino per il reato di oltraggio a un pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 341-bis del codice penale. L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a una memoria difensiva per sostenere le proprie ragioni e chiedere l’accoglimento dell’impugnazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con ordinanza del 12 luglio 2024, ha messo un punto fermo sulla vicenda. I giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione dei giudici di secondo grado. Oltre a respingere l’impugnazione, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti minimi di ammissibilità.
Le Motivazioni del Ricorso Inammissibile
Il fulcro della decisione risiede nell’analisi dei motivi presentati dal ricorrente. La Corte ha ritenuto che le censure fossero “aspecifiche e manifestamente infondate”. Questo significa che i motivi di ricorso non erano in grado di individuare vizi specifici e concreti nella sentenza impugnata, ma si limitavano a una generica contestazione.
I giudici di legittimità hanno evidenziato come la Corte territoriale avesse fornito una motivazione completa, logica e coerente su due punti cruciali:
1. La responsabilità penale: La sentenza d’appello si basava su “plurimi e concordanti elementi di prova” che sostenevano la colpevolezza dell’imputato per il reato contestato.
2. La congruità della pena: La Corte d’Appello aveva giustificato in modo puntuale il trattamento sanzionatorio, inclusa l’applicazione della recidiva. Anzi, l’aumento di pena per la recidiva era stato inferiore a quello massimo previsto dalla legge (art. 99, comma 4, c.p.), dimostrando un’attenta valutazione del caso concreto.
Di fronte a una motivazione così solida, il ricorso si è rivelato incapace di scalfirne la struttura logico-giuridica, risultando di conseguenza inammissibile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante sull’onere di specificità che grava su chi intende impugnare una sentenza in Cassazione. Non è sufficiente dissentire dalla decisione di merito; è necessario articolare critiche precise, pertinenti e giuridicamente fondate, capaci di evidenziare vizi di legittimità (come violazioni di legge o difetti manifesti di motivazione) nella sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche un’ulteriore condanna economica, rendendo la strategia difensiva controproducente. La decisione sottolinea che il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove si rivalutano i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza della motivazione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione lo ha ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano generici e manifestamente infondati, e quindi non idonei a contestare validamente la motivazione logica e giuridicamente corretta della sentenza d’appello.
Cosa aveva stabilito la corte di grado inferiore?
La Corte d’Appello aveva confermato la condanna per il reato di oltraggio a un pubblico ufficiale (art. 341-bis c.p.), motivando in modo puntuale sia la responsabilità penale dell’imputato sulla base delle prove, sia la congruità della pena inflitta, compreso l’aumento per la recidiva.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37258 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37258 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Letta anche la memoria difensiva con la quale si insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
Ritenuto che il motivo dedotto con il ricorso in relazione alla sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 341-bis cod. pen. è inammissibile perché avente ad oggetto censure aspecifiche e manifestamente infondate su profili adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito;
Considerato, invero, che la Corte territoriale ha motivato in maniera logica, coerente e puntuale con riferimento: da una parte, ai plurimi e concordanti elementi di prova posti a sostegno della responsabilità penale per il reato contestato (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata); dall’altra parte, alla congruità del trattamento sanzioNOMErio irrogato dal primo giudice e, in particolare, all’aumento – inferiore a quello previsto ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. pen. – per la recidiva contestata ed applicata (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/07/2024.