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Ricorso inammissibile: Cassazione su stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una sentenza per detenzione di stupefacenti. L’ordinanza chiarisce i limiti del ricorso per erronea qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., specificando che non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione delle prove, specialmente in presenza di ingenti quantitativi di droga e materiale per il confezionamento.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Stupefacenti: La Cassazione Fissa i Limiti

L’ordinanza n. 23232/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti di impugnazione delle sentenze di patteggiamento, confermando che un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando si tenta di ottenere una rivalutazione del merito mascherata da censura sulla qualificazione giuridica del fatto. Questo principio è stato applicato in un caso di detenzione di sostanze stupefacenti, dove l’imputato contestava la classificazione del reato.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato dal Tribunale di Milano per la detenzione di un considerevole quantitativo di sostanze stupefacenti, nello specifico 589 grammi di hashish e 6,4 grammi di cocaina. Oltre alla droga, venivano rinvenuti materiali idonei al confezionamento in dosi destinate alla vendita. L’imputato, dopo aver patteggiato la pena, proponeva ricorso per cassazione, sostenendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto. A suo dire, la detenzione era finalizzata all’uso esclusivamente personale e non allo spaccio, come invece contestato ai sensi dell’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990.

La Decisione della Corte: il Ricorso è Inammissibile

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso proposto dall’imputato inammissibile. La Corte ha utilizzato una procedura semplificata (de plano), evidenziando come i motivi del ricorso non rientrassero tra quelli consentiti dalla legge per l’impugnazione di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento).

Le Motivazioni della Decisione

Il fulcro della motivazione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma consente di ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento solo per motivi specifici, tra cui l’erronea qualificazione giuridica del fatto. Tuttavia, la Corte ha precisato che tale vizio può essere fatto valere solo quando la qualificazione adottata dal giudice di merito risulti, con “indiscussa immediatezza”, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione.

In altre parole, l’errore deve essere macroscopico e rilevabile ictu oculi, senza la necessità di addentrarsi in una nuova analisi delle prove o in una ricostruzione alternativa dei fatti. Nel caso di specie, l’imputato non denunciava un errore giuridico evidente, ma tentava di proporre una diversa lettura degli elementi probatori, sostenendo che la detenzione fosse per uso personale. Questa argomentazione, secondo la Corte, si scontrava palesemente con due dati oggettivi:

1. Il dato quantitativo: la quantità di stupefacente (quasi 600 grammi totali) era tale da rendere del tutto plausibile l’ipotesi dello spaccio.
2. Il materiale per il confezionamento: il rinvenimento di materiale per suddividere la droga in dosi costituiva un ulteriore e forte indizio della destinazione alla vendita.

La Corte ha quindi stabilito che il ricorso, al di là della sua enunciazione formale, mirava a una rivalutazione del merito, prospettando una ricostruzione dei fatti del tutto infondata e incompatibile con gli elementi emersi. Ciò è precluso nel giudizio di legittimità, specialmente nei ristretti limiti del ricorso avverso il patteggiamento. Di conseguenza, il ricorso inammissibile è stato l’esito corretto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il patteggiamento è un accordo tra accusa e difesa che cristallizza la valutazione dei fatti, e la possibilità di impugnarlo è estremamente limitata. Non si può utilizzare il ricorso per cassazione per riaprire una discussione probatoria già definita in primo grado. La censura sulla qualificazione giuridica è ammessa solo per correggere errori palesi, non per rimettere in discussione la colpevolezza attraverso una diversa interpretazione degli indizi. La decisione condanna inoltre il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, a sanzione di un’impugnazione temeraria.

Quando è possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento per erronea qualificazione giuridica del fatto?
È possibile solo quando la qualificazione giuridica data dal giudice di merito risulta palesemente ed immediatamente errata rispetto ai fatti descritti nel capo d’imputazione, senza che sia necessaria alcuna nuova valutazione delle prove o degli elementi di fatto.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di denunciare un errore giuridico evidente, mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti (prospettando un uso personale invece dello spaccio), attività che è preclusa nel giudizio di Cassazione su una sentenza di patteggiamento.

Quali elementi hanno convinto la Corte che la qualificazione del fatto come spaccio non fosse palesemente errata?
La Corte ha ritenuto la qualificazione non palesemente errata sulla base di due elementi oggettivi: l’ingente quantitativo dello stupefacente sequestrato (589 grammi di hashish e 6,4 grammi di cocaina) e il rinvenimento di materiale idoneo al confezionamento in dosi da destinare alla vendita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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