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Ricorso inammissibile: Cassazione su stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un soggetto condannato per l’importazione di un’ingente quantità di hashish (circa 220 kg). I motivi del ricorso sono stati giudicati meramente ripetitivi di questioni già esaminate e respinte in appello, nonché manifestamente infondati. La Corte ha confermato la decisione di non riconoscere una specifica attenuante e di non ritenere prevalenti le attenuanti generiche, data l’enorme gravità del reato.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e il Traffico di Stupefacenti

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un ricorso non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti. Questo caso, che riguarda l’importazione di un’enorme quantità di sostanze stupefacenti, offre uno spunto cruciale per comprendere quando un ricorso inammissibile viene dichiarato tale e quali sono le conseguenze per il proponente.

I Fatti del Caso

Un individuo è stato condannato per il reato di illecita importazione di hashish, aggravata dall’ingente quantità. Si parla di circa 220 kg di principio attivo, da cui si sarebbero potute ricavare oltre otto milioni e mezzo di dosi singole. Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando due aspetti principali: il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante ad effetto speciale e l’errato bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche, che a suo dire avrebbero dovuto essere considerate prevalenti sull’aggravante contestata.

I Motivi del Ricorso e la loro Valutazione

Il ricorrente ha fondato la sua difesa su due pilastri:
1. Mancato riconoscimento dell’attenuante speciale: Ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse errato nel non applicare la circostanza attenuante prevista dall’art. 73, comma 7, del d.P.R. 309/1990.
2. Omesso bilanciamento in termini di prevalenza: Ha criticato la scelta dei giudici di merito di considerare le attenuanti generiche solo equivalenti, e non prevalenti, rispetto alla gravissima aggravante dell’ingente quantità.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha analizzato i motivi e li ha ritenuti non idonei a superare il vaglio di ammissibilità.

La Decisione della Cassazione: Un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per una ragione precisa e ricorrente nella pratica giudiziaria: i motivi presentati erano meramente ripetitivi di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Il ricorrente, secondo la Corte, non si è confrontato in modo critico con le argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi a riproporre le medesime doglianze. Questa pratica rende il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato nel dettaglio perché le argomentazioni del ricorrente non potevano essere accolte. In primo luogo, riguardo alla richiesta di attenuante, i giudici hanno ritenuto non illogica la valutazione della Corte d’Appello, che aveva considerato del tutto generiche le dichiarazioni dell’imputato su un presunto precedente trasporto e sul luogo di scarico dello stupefacente. Le prove addotte, come una piantina disegnata a mano, non permettevano in alcun modo di individuare il cosiddetto “magazzino di stoccaggio”. Pertanto, la richiesta di applicare l’attenuante era priva di un solido fondamento probatorio.

In secondo luogo, per quanto concerne il bilanciamento delle circostanze, la Cassazione ha confermato la correttezza della decisione di merito. L'”elevatissimo disvalore penale” dell’aggravante, legato all’enorme quantitativo di droga importata, giustificava pienamente un giudizio di equivalenza con le attenuanti generiche, escludendo la possibilità di una loro prevalenza. La decisione del giudice di merito, essendo motivata in modo logico e coerente, non era sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma che il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove ridiscutere i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Un ricorso inammissibile perché ripetitivo e manifestamente infondato comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e il pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. La decisione sottolinea l’importanza di formulare ricorsi che critichino specificamente i vizi della sentenza impugnata, anziché limitarsi a una sterile riproposizione di argomenti già sconfessati.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i suoi motivi erano meramente ripetitivi di argomentazioni già valutate e respinte dalla Corte d’Appello. Inoltre, il ricorrente non si è confrontato specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, rendendo il ricorso manifestamente infondato.

Per quale motivo non è stata concessa la circostanza attenuante speciale?
La circostanza attenuante non è stata concessa perché le dichiarazioni dell’imputato e le prove fornite (come una piantina disegnata a mano) sono state ritenute troppo generiche e insufficienti per identificare con certezza il luogo di stoccaggio dello stupefacente, rendendo la richiesta priva di adeguato supporto probatorio.

Perché le circostanze attenuanti generiche non sono state considerate prevalenti?
Le attenuanti generiche non sono state ritenute prevalenti a causa dell’altissimo “disvalore penale” della circostanza aggravante, legata all’enorme quantità di sostanza stupefacente (circa 220 kg di principio attivo). La Corte ha ritenuto logica la decisione di bilanciare le circostanze in termini di equivalenza data l’eccezionale gravità del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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