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Ricorso inammissibile: Cassazione su stupefacenti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per coltivazione e spaccio di stupefacenti. La Corte ha stabilito che i motivi dell’appello erano una semplice ripetizione di argomentazioni già correttamente respinte dalla Corte d’Appello, confermando la piena discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la non ripetitività dei motivi di ricorso. Quando un appello si limita a riproporre questioni già esaminate e respinte nei gradi di merito, il suo destino è segnato: si tratta di un ricorso inammissibile. Questo caso, relativo a reati di coltivazione e spaccio di stupefacenti, offre uno spunto chiaro per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine con una condanna emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Livorno nei confronti di un imputato per i delitti di coltivazione e detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La decisione veniva successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Firenze. Non ritenendosi soddisfatto della decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione, sperando in una riforma della sentenza.

I Motivi del Ricorso

La difesa aveva articolato il proprio ricorso su tre principali censure:

1. Errata applicazione della legge: Si contestava l’applicazione dell’art. 73 del d.P.R. 309/1990 in relazione al reato di coltivazione.
2. Mancata riqualificazione del reato: Si chiedeva di ricondurre il reato di detenzione nella fattispecie di minore gravità, prevista dal comma 5 dello stesso articolo.
3. Vizio di motivazione sulla pena: Si lamentava un’errata valutazione da parte dei giudici di merito nella commisurazione della sanzione penale.

Inoltre, il difensore insisteva affinché la decisione fosse rimessa a un altro giudice.

La Valutazione della Cassazione sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto il ricorso dichiarandolo inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella natura stessa dei motivi proposti. I giudici di legittimità hanno osservato che le argomentazioni della difesa non erano altro che una mera riproduzione di profili di censura già ampiamente esaminati, vagliati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un organo di legittimità che valuta la corretta applicazione della legge. Proporre le stesse identiche questioni già decise, senza evidenziare vizi di legittimità specifici, rende il ricorso inammissibile.

La Discrezionalità del Giudice nella Determinazione della Pena

Un punto particolarmente interessante toccato dall’ordinanza riguarda la censura sulla quantificazione della pena. La Corte ha ricordato che la determinazione del trattamento sanzionatorio rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito. Tale valutazione è incensurabile in sede di legittimità, a meno che non sia il risultato di un palese arbitrio o supportata da una motivazione manifestamente illogica. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di appello fosse ben motivata e priva di tali vizi, confermando così la loro valutazione.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema sono state chiare e lineari. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi sollevati erano meramente riproduttivi di doglianze già affrontate e disattese dalla Corte territoriale. Questo comportamento processuale non è consentito in sede di legittimità, il cui scopo è vigilare sulla corretta interpretazione della legge e non riesaminare il merito delle prove. Per quanto riguarda la pena, la sua determinazione è un potere discrezionale del giudice di merito e, se non palesemente illogica o arbitraria, non può essere sindacata dalla Cassazione.

Le Conclusioni

La decisione in esame consolida un principio cardine del processo penale: il ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio di merito. La dichiarazione di inammissibilità comporta, per il ricorrente, non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di formulare ricorsi che attacchino specifici errori di diritto, anziché tentare di ottenere un riesame dei fatti già valutati.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi proposti sono una mera riproduzione di censure già esaminate e correttamente respinte dal giudice del merito (in questo caso, la Corte d’Appello), senza presentare nuovi e specifici profili di illegittimità.

La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa da un altro giudice?
No, di norma la determinazione della pena è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo in casi eccezionali, ovvero se la decisione è frutto di arbitrio o basata su una motivazione manifestamente illogica, circostanze non riscontrate in questo caso.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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