Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31225 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31225 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato in Tunisia il 01/02/1973
avverso la sentenza del 31/03/2025 della Corte d’appello di Firenze
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME; considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla configurabilità del delitto di cui all’ar 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, non è formulato in termini consentiti in questa sede poiché meramente e pedissequamente reiterativo di profili di censura già prospettati con l’atto di appello e compiutamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale con congrue argomentazioni (si vedano le pagg. 5-6 della sentenza impugnata, ove si osserva come elementi probatori quali il materiale da confezionamento, il denaro contante, due bilancini di precisione rinvenuti nell’abitazione dell’imputato, la suddivisione in dosi della sostanza stupefacente, singolarmente e congiuntamente considerati, non potessero che ritenersi univocamente indicativi di un’attività di spaccio, anche considerando la circostanza che il ricorrente, all’epoca dei fatti, non aveva un’occupazione lavorativa), risultando gli stessi non specifici ma solo apparenti, oltre che volti a prospettare un diverso significato da attribuire ai dati probatori posti a base della decisione dei
n
giudici di merito, evidenziando anche ragioni per giungere a conclusioni differen in particolare, con riguardo alla configurabilità della detenzione finalizz consumo personale;
che il motivo è altresì manifestamente infondato, in considerazione de consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale o qualvolta non appaiano elementi indicativi dell’immediatezza del consumo (come avvenuto nel caso in esame), la valutazione relativa alla destinazione della d deve essere effettuata dal giudice di merito considerando tutte le circosta oggettive e soggettive del fatto, sulla base di parametri di apprezzamento sono sindacabili dinanzi a questa Corte solo ed esclusivamente sotto il profilo d mancanza o manifesta illogicità della motivazione (Sez. 4, n. 7191 d 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272463); inoltre, la prova della destinazione del sostanza allo spaccio può essere desunta da qualunque dato indiziario che, co rigore, univocità e certezza, consenta di inferirne la sussistenza, in bas procedimento logico-deduttivo fondato su massime esperienziali (Sez. 3, n. 24651 del 22/02/2023, COGNOME, Rv. 284841. Si veda anche: Sez. 4, n. 36755 del 04/06/2004, COGNOME, Rv. 229686);
reputato che anche il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrent lamenta l’erronea configurazione del delitto di ricettazione per mancanza deg elementi costitutivi e in particolare di quello soggettivo: in primis, non è consentito poiché non connotato da requisiti richiesti, a pena di inammissibilità, dall’art comma 1, lett. c), cod. proc. pen., fondandosi su profili di censura reiterativ rispetto a quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di e dovendosi gli stessi considerare non specifici e non caratterizzati da un effe confronto con le ragioni di fatto e di diritto poste alla base del decisum (si veda, a tale proposito, la pag. 7, là dove la Corte ha spiegato come il contest rinvenimento delle biciclette fosse incompatibile con l’idea di un possesso in bu fede, sottolineando inoltre la totale mancanza di spiegazioni da parte dell’odi ricorrente in merito all’origine lecita della cose); in secundis, è manifestamente infondato in considerazione dell’orientamento giurisprudenziale secondo il qual in caso di omessa o non attendibile indicazione della provenienza della co ricevuta dall’agente e, più in generale, valutato qualsiasi elemento anche indir la prova dell’elemento soggettivo del delitto di ricettazione si può rit raggiunta (cfr. Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713-01; Sez. n. 35535 del 12/07/2007, COGNOME, Rv. 236914; Sez. 3, n. 43085 del 05/07/2019, COGNOME, Rv. 276935);
osservato che il terzo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legg e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, repu eccessivo, oltre a essere reiterativo di doglianze già prospettate in appello,
anch’esso manifestamente infondato, atteso che il giudizio sulla pena si reputa congruamente motivato in considerazione delle modalità del fatto, ove si consideri che, per la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; d’altra parte, non è necessario, al fine di soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda singolarmente in esame tutti gli elementi che assumono rilievo nel discrezionale giudizio complessivo;
che il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato anche con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986), potendosi valorizzare in tale direzione anche i soli precedenti penali a carico del prevenuto (cfr., ad es., Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444; Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783);
che non sussiste, in realtà, incompatibilità tra recidiva e continuazione, con conseguente possibilità di congiunta applicazione, in quanto la seconda non comporta l’ontologica unificazione dei diversi reati avvinti dal vincolo del medesimo disegno criminoso ma è fondata su una mera fictio i u ris a fini di temperamento del trattamento sanzionatorio (Sez. 3, n. 54182 del 12/09/2018, COGNOME, Rv. 275296);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025.