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Ricorso inammissibile: Cassazione su spaccio e recidiva

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per spaccio di stupefacenti. L’imputato sosteneva l’uso personale, contestava la recidiva e chiedeva la continuazione con reati precedenti. La Suprema Corte ha ritenuto i motivi del ricorso una mera riproposizione di argomenti già correttamente valutati e respinti dalla Corte d’Appello, confermando la condanna e imponendo il pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna per Spaccio

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione affronta i ricorsi in materia di stupefacenti, delineando i confini tra un valido motivo di impugnazione e una semplice riproposizione di argomenti già discussi. In questo caso, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito e mettendo in luce i criteri per distinguere l’uso personale dallo spaccio, nonché i presupposti per l’applicazione della recidiva e della continuazione.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti. La Corte d’Appello, pur riconoscendo l’ipotesi di lieve entità, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Contro questa decisione, l’imputato ha presentato due distinti ricorsi alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni giuridiche nel tentativo di ottenere l’annullamento della sentenza.

Analisi dei Motivi del Ricorso

La difesa ha articolato l’impugnazione su tre punti principali, tutti respinti dalla Suprema Corte perché ritenuti infondati e meramente riproduttivi di censure già adeguatamente esaminate nei precedenti gradi di giudizio.

La Tesi dell’Uso Personale contro lo Spaccio

Il primo motivo di ricorso mirava a riqualificare il fatto come detenzione per uso personale. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione logica e coerente per escludere tale ipotesi. Gli elementi decisivi erano stati l’occultamento della sostanza in un luogo protetto da quattro videocamere e la detenzione di un’ingente somma di denaro in contanti, circostanze ritenute incompatibili con un consumo meramente individuale.

Il Ricorso Inammissibile e la Contestazione sulla Recidiva

Un secondo motivo contestava l’applicazione della recidiva. Anche in questo caso, la Cassazione ha ritenuto il motivo un ricorso inammissibile. I giudici di merito avevano correttamente valutato i numerosi e recenti precedenti penali specifici dell’imputato, desumendone una chiara e persistente tendenza a delinquere, che giustificava pienamente l’aggravante.

Il Mancato Riconoscimento della Continuazione

Infine, la difesa chiedeva il riconoscimento della continuazione con fatti giudicati in due precedenti sentenze. L’unico elemento addotto a sostegno era la modalità simile di custodia dello stupefacente. La Corte ha stabilito che tale elemento, da solo, non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un “medesimo disegno criminoso”, ovvero un unico piano che lega i diversi episodi delittuosi, requisito indispensabile per l’applicazione di questo istituto di favore.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, i giudici hanno constatato che i motivi del ricorso non introducevano nuove questioni di diritto né evidenziavano vizi logici o giuridici nella decisione della Corte d’Appello. Si trattava, invece, di una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già esaminate e respinte, un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti precluso in sede di legittimità. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chi intende ricorrere in Cassazione: un’impugnazione ha speranza di successo solo se è in grado di censurare specifici errori di diritto o palesi vizi di motivazione della sentenza precedente. Limitarsi a ripetere argomentazioni di fatto già disattese conduce quasi inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. La decisione conferma inoltre che, per distinguere tra uso personale e spaccio, gli indizi logici (come le modalità di occultamento e il possesso di denaro) assumono un peso decisivo. Infine, sottolinea la necessità di fornire prove concrete di un “medesimo disegno criminoso” per poter beneficiare della continuazione, non essendo sufficiente la mera somiglianza nel modus operandi.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Sulla base del provvedimento, un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si limita a riproporre gli stessi argomenti già esaminati e correttamente respinti dal giudice del grado precedente, senza individuare vizi di legge o di motivazione nella sentenza impugnata.

Quali elementi possono escludere la qualificazione di “uso personale” di sostanze stupefacenti?
Secondo la Corte, elementi come l’occultamento della sostanza in un luogo sorvegliato da videocamere e la detenzione di una considerevole somma di denaro in contanti sono forti indizi che contrastano con l’ipotesi dell’uso personale e depongono a favore della finalità di spaccio.

Perché la Corte non ha riconosciuto la “continuazione” tra questo reato e quelli precedenti?
La Corte ha negato la continuazione perché il ricorrente ha indicato solo la somiglianza nelle modalità di custodia della droga come elemento di connessione. Questo è stato ritenuto insufficiente a dimostrare l’esistenza di un unico e medesimo disegno criminoso che legasse i vari episodi, requisito essenziale per l’applicazione dell’istituto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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