Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna per Spaccio
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione affronta i ricorsi in materia di stupefacenti, delineando i confini tra un valido motivo di impugnazione e una semplice riproposizione di argomenti già discussi. In questo caso, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito e mettendo in luce i criteri per distinguere l’uso personale dallo spaccio, nonché i presupposti per l’applicazione della recidiva e della continuazione.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti. La Corte d’Appello, pur riconoscendo l’ipotesi di lieve entità, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Contro questa decisione, l’imputato ha presentato due distinti ricorsi alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni giuridiche nel tentativo di ottenere l’annullamento della sentenza.
Analisi dei Motivi del Ricorso
La difesa ha articolato l’impugnazione su tre punti principali, tutti respinti dalla Suprema Corte perché ritenuti infondati e meramente riproduttivi di censure già adeguatamente esaminate nei precedenti gradi di giudizio.
La Tesi dell’Uso Personale contro lo Spaccio
Il primo motivo di ricorso mirava a riqualificare il fatto come detenzione per uso personale. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione logica e coerente per escludere tale ipotesi. Gli elementi decisivi erano stati l’occultamento della sostanza in un luogo protetto da quattro videocamere e la detenzione di un’ingente somma di denaro in contanti, circostanze ritenute incompatibili con un consumo meramente individuale.
Il Ricorso Inammissibile e la Contestazione sulla Recidiva
Un secondo motivo contestava l’applicazione della recidiva. Anche in questo caso, la Cassazione ha ritenuto il motivo un ricorso inammissibile. I giudici di merito avevano correttamente valutato i numerosi e recenti precedenti penali specifici dell’imputato, desumendone una chiara e persistente tendenza a delinquere, che giustificava pienamente l’aggravante.
Il Mancato Riconoscimento della Continuazione
Infine, la difesa chiedeva il riconoscimento della continuazione con fatti giudicati in due precedenti sentenze. L’unico elemento addotto a sostegno era la modalità simile di custodia dello stupefacente. La Corte ha stabilito che tale elemento, da solo, non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un “medesimo disegno criminoso”, ovvero un unico piano che lega i diversi episodi delittuosi, requisito indispensabile per l’applicazione di questo istituto di favore.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, i giudici hanno constatato che i motivi del ricorso non introducevano nuove questioni di diritto né evidenziavano vizi logici o giuridici nella decisione della Corte d’Appello. Si trattava, invece, di una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già esaminate e respinte, un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti precluso in sede di legittimità. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, è seguita la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chi intende ricorrere in Cassazione: un’impugnazione ha speranza di successo solo se è in grado di censurare specifici errori di diritto o palesi vizi di motivazione della sentenza precedente. Limitarsi a ripetere argomentazioni di fatto già disattese conduce quasi inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. La decisione conferma inoltre che, per distinguere tra uso personale e spaccio, gli indizi logici (come le modalità di occultamento e il possesso di denaro) assumono un peso decisivo. Infine, sottolinea la necessità di fornire prove concrete di un “medesimo disegno criminoso” per poter beneficiare della continuazione, non essendo sufficiente la mera somiglianza nel modus operandi.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Sulla base del provvedimento, un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si limita a riproporre gli stessi argomenti già esaminati e correttamente respinti dal giudice del grado precedente, senza individuare vizi di legge o di motivazione nella sentenza impugnata.
Quali elementi possono escludere la qualificazione di “uso personale” di sostanze stupefacenti?
Secondo la Corte, elementi come l’occultamento della sostanza in un luogo sorvegliato da videocamere e la detenzione di una considerevole somma di denaro in contanti sono forti indizi che contrastano con l’ipotesi dell’uso personale e depongono a favore della finalità di spaccio.
Perché la Corte non ha riconosciuto la “continuazione” tra questo reato e quelli precedenti?
La Corte ha negato la continuazione perché il ricorrente ha indicato solo la somiglianza nelle modalità di custodia della droga come elemento di connessione. Questo è stato ritenuto insufficiente a dimostrare l’esistenza di un unico e medesimo disegno criminoso che legasse i vari episodi, requisito essenziale per l’applicazione dell’istituto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38079 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38079 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto due distinti ricorsi avverso la sentenza indicata in epigrafe e con la quale la Corte territoriale ha rideterminato la pena in ordine reato previsto dall’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990 n.309, riqualifica sotto la specie del fatto di lieve entità ai sensi del comma 5 dello stesso artico
Il primo motivo, comune ai due ricorsi e inerente alla qualificazione del fatto nell’alveo dell’uso personale, è riproduttivo di profili dí censura già adeguatamen vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, in qu la Corte territoriale aveva evidenziato che l’uso personale doveva ritenersi esclus per via dell’occultamento della sostanza in un luogo muníto di quattro videocamere e della detenzione di una ingente somma di denaro in contanti.
E’ altresì inammissibile il motivo – formulato nel ricorso sottoscritto dall’AVV_NOTAIO – attinente all’applicazione della contestata recidiva; atteso che lo stes riproduttivo di profili di censura già vagliati e disattesi con corretti argom giuridici dal giudice di merito, in quanto la Corte territoriale ha congruament valutato gli elementi desumibili dai plurimi e recenti precedenti specifi dell’imputato, tali da denotare una persistente ricaduta nel reato in continuità c le pregresse scelte delinquenziali.
Ulteriormente inammissibile il motivo, comune ai due ricorsi, attinente al mancato riconoscimento della continuazione con i fatti giudicati nelle sentenza del Tribunale di Napoli nn.15123/2019 e 1982/2017, atteso che il ricorrente ha dedotto unicamente l’elemento rappresentato dalla comune modalità di custodia della sostanza stupefacente, senza confrontarsi con le motivazioni della sentenza impugnata e che hanno fatto riferimento alla mancanza di prova in ordine a un medesimo contesto oggettivo unificante.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 settembre 2024
GLYPH La Pres ente
Il Consig ere estensore