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Ricorso inammissibile: Cassazione su spaccio e recidiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un individuo condannato per detenzione di stupefacenti. La decisione si fonda sul principio che la mera riproposizione dei motivi già respinti in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata, rende il ricorso non accoglibile. La Corte ha inoltre confermato la corretta valutazione del giudice di merito nel bilanciare le circostanze attenuanti generiche con la recidiva, ritenendo congrua la decisione di equivalenza basata sui precedenti specifici dell’imputato.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando Ripetere gli Stessi Motivi in Cassazione è Inutile

Nel processo penale, presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede una tecnica e una precisione particolari. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza di condanna; è fondamentale articolare motivi di ricorso che mettano in luce vizi di legittimità. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la mera riproposizione dei motivi d’appello conduca a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguenze economiche per il ricorrente. Analizziamo un caso riguardante la detenzione di stupefacenti e la gestione della recidiva.

I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti e la Condanna

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e successivamente della Corte d’Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato di detenzione a fini di spaccio di 530 grammi di hashish, una quantità significativa. La pena inflitta era di sei mesi di reclusione e 800 euro di multa. La difesa, non accettando la decisione dei giudici di merito, decideva di presentare ricorso per Cassazione, sperando in un annullamento della condanna.

I Motivi del Ricorso alla Corte di Cassazione

Il ricorrente basava la sua impugnazione su due principali doglianze:

1. Vizio di motivazione sulla finalità di spaccio: Si contestava che la detenzione della sostanza fosse finalizzata alla vendita, sostenendo probabilmente un uso personale.
2. Vizio di motivazione sul bilanciamento delle circostanze: Si criticava la decisione della Corte d’Appello di non riconoscere le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente sulla recidiva infraquinquennale contestata all’imputato.

Entrambi i punti erano già stati discussi e respinti nel giudizio d’appello, ma la difesa ha tentato di riproporli dinanzi alla Suprema Corte.

Le Motivazioni della Cassazione: il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con una motivazione sintetica ma incisiva, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale che meritano di essere approfonditi.

La Ripetitività dei Motivi d’Appello

Il punto centrale della decisione è che il ricorrente si è limitato a riproporre i medesimi argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. La giurisprudenza di legittimità (citando la sentenza n. 20377 del 2009) è costante nell’affermare che il ricorso per Cassazione è inammissibile quando non si confronta criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. In altre parole, non basta ripetere le proprie ragioni; è necessario spiegare perché il ragionamento del giudice d’appello sarebbe errato, illogico o in violazione di legge. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva ampiamente giustificato la finalità di spaccio basandosi sul rinvenimento di materiale per il confezionamento, un bilancino e la suddivisione in dosi, elementi che, secondo logica, escludevano un uso puramente personale. Il ricorso non ha saputo smontare questo ragionamento.

La Valutazione sul Bilanciamento delle Circostanze

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte d’Appello aveva ritenuto di bilanciare le attenuanti generiche e la recidiva in termini di equivalenza, una scelta motivata dalla preminenza dei precedenti penali specifici dell’imputato. La Cassazione ricorda un altro principio importante: il giudice di merito non è tenuto a fornire una spiegazione dettagliata del perché abbia scelto l’equivalenza anziché la prevalenza delle attenuanti, a meno che non vi sia una richiesta specifica della parte che indichi circostanze di fatto concrete tali da giustificare tale prevalenza. Anche in presenza di una simile richiesta, la motivazione fornita dalla Corte d’Appello, basata sul peso dei precedenti, è stata considerata né mancante né manifestamente illogica, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame ribadisce una lezione fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: un ricorso non può essere una semplice fotocopia dell’atto d’appello. Deve contenere una critica puntuale e argomentata della sentenza che si intende impugnare. La declaratoria di inammissibilità non è una mera formalità; essa comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro. Questa decisione, quindi, serve da monito sull’importanza di una tecnica difensiva rigorosa e mirata, che eviti di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’appellante ha semplicemente riproposto gli stessi argomenti già presentati e respinti dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente e in modo specifico con le motivazioni della sentenza impugnata.

Come ha giustificato la corte il bilanciamento tra attenuanti e recidiva?
La corte ha ritenuto congruo il giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e la recidiva infraquinquennale, basando la sua valutazione sulla preminenza dei precedenti penali specifici dell’imputato. Ha specificato che non è richiesta una motivazione dettagliata per tale scelta, a meno di una richiesta specifica e circostanziata della difesa.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata quantificata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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