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Ricorso inammissibile: Cassazione su spaccio e prove

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio (fatto di lieve entità). L’inammissibilità deriva dalla genericità dei motivi di appello, che non contestavano specificamente le argomentazioni della corte territoriale. Quest’ultima aveva desunto la finalità di spaccio dalla varietà delle droghe, dalla presenza di un bilancino di precisione e da altri elementi indiziari, ritenendo irrilevante la mancata identificazione di acquirenti. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è rivalutare i fatti, ma verificare la corretta applicazione della legge.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un ricorso deve essere specifico e puntuale, altrimenti è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile. Il caso in esame riguarda una condanna per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio, dove la difesa ha tentato di contestare le conclusioni dei giudici di merito senza però articolare critiche precise, incappando in una inevitabile declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

I Fatti alla Base della Vicenda

Durante un controllo, un soggetto già agli arresti domiciliari per un’altra causa veniva trovato in possesso, presso la sua abitazione, di diverse tipologie e quantità di sostanze stupefacenti: 47 grammi di hashish, 0,10 grammi di cocaina e 1,5 grammi di marijuana. Oltre alle droghe, veniva rinvenuto un bilancino di precisione funzionante che presentava tracce di cocaina. Sulla base di questi elementi, l’imputato veniva condannato sia in primo grado che in appello per il reato di detenzione a fini di spaccio, seppur nella sua forma di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti.

Il Percorso Giudiziario e il ricorso inammissibile in Cassazione

Nonostante la doppia condanna conforme nei primi due gradi di giudizio, la difesa decideva di proporre ricorso per cassazione. I motivi del ricorso si concentravano principalmente sulla presunta assenza di offensività della condotta e sulla mancanza di prove concrete circa la destinazione della droga allo spaccio, data l’assenza di acquirenti identificati. Tuttavia, la Suprema Corte ha stroncato sul nascere tali argomentazioni, bollandole come generiche e non pertinenti.

Le Motivazioni della Cassazione

L’ordinanza della Corte è un chiaro esempio di come debba essere strutturato un ricorso per avere una minima possibilità di essere esaminato nel merito. I giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile per una serie di ragioni precise e interconnesse.

Motivi Aspecifici e Mancato Confronto

Il primo e fondamentale vizio riscontrato è stata l’aspecificità dei motivi. La difesa si è limitata a riproporre le tesi già respinte in appello, senza però confrontarsi criticamente con le specifiche argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. La Corte di Appello aveva chiaramente spiegato perché riteneva infondata la tesi dell’assenza di offesa (smentita dalle analisi chimiche sulla sostanza) e perché gli indizi raccolti fossero sufficienti a provare la finalità di spaccio. Il ricorso, ignorando questo percorso logico-giuridico, si è rivelato privo della necessaria specificità richiesta dall’art. 606, comma 3, c.p.p.

La Finalità di Spaccio: un Quadro Indiziario Solido

La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente dedotto la destinazione allo spaccio da un insieme di elementi convergenti:
* La diversità delle sostanze: la detenzione di più tipi di droga è un classico indizio di attività di spaccio, volta a soddisfare una platea più ampia di ‘clienti’.
* Gli strumenti per il confezionamento: il bilancino di precisione, per di più con tracce di droga, è uno strumento tipico di chi fraziona le sostanze per la vendita.
* Le modalità di confezionamento: ulteriori elementi indicavano una preparazione delle dosi per la cessione a terzi.

Di fronte a questo quadro indiziario, la mancata identificazione degli acquirenti è stata giudicata, come da consolidato orientamento giurisprudenziale, del tutto irrilevante ai fini della configurabilità del reato.

Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti

Infine, la Corte ha ricordato che il giudizio di cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Il ricorrente non può chiedere alla Suprema Corte di effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, attività che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. L’eventuale ‘travisamento’ che può essere denunciato in Cassazione è solo quello ‘della prova’ (cioè aver letto male un documento o una testimonianza) e non ‘del fatto’ (cioè aver interpretato male gli eventi), specialmente in presenza di una ‘doppia conforme’, che rende ancora più stringenti i limiti del ricorso.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È un rimedio straordinario che richiede motivi di diritto specifici, tecnici e pertinenti, che si confrontino analiticamente con la decisione impugnata. La presentazione di un ricorso inammissibile perché generico o volto a una rivalutazione del merito non solo è inutile, ma comporta anche una condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro. Una lezione sulla necessità di precisione e rigore tecnico nella redazione degli atti processuali.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su motivi aspecifici, ovvero troppo generici e privi di una critica puntuale alle ragioni di fatto e di diritto esposte nella sentenza d’appello. La difesa non ha operato il necessario confronto con la motivazione della decisione impugnata.

Come è stata provata la finalità di spaccio anche senza aver identificato gli acquirenti?
La finalità di spaccio è stata desunta da un insieme di elementi indiziari, quali la presenza di oggetti per il confezionamento (un bilancino di precisione con tracce di droga), le modalità di confezionamento e la diversa tipologia delle sostanze detenute. La giurisprudenza ritiene irrilevante la mancata identificazione dei compratori in presenza di tali prove.

Può la Corte di Cassazione riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito. Il suo compito non è rivalutare come si sono svolti i fatti, ma controllare che la legge sia stata applicata correttamente dai giudici dei gradi precedenti. Non può sindacare il cosiddetto ‘travisamento del fatto’, ma solo, entro limiti ristretti, il ‘travisamento della prova’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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