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Ricorso inammissibile: Cassazione su spaccio e prove

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. I motivi del ricorso, incentrati su una diversa valutazione delle prove e sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, sono stati respinti. La Corte ha ribadito che non può riesaminare i fatti del processo e che la sola incensuratezza non basta per la concessione delle attenuanti. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario: il ruolo della Suprema Corte non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito, ma di un organo di legittimità. Il caso in esame ha portato a dichiarare un ricorso inammissibile presentato da un giovane condannato per spaccio di lieve entità, offrendo spunti chiari sui limiti dell’appello in Cassazione e sui criteri per la concessione delle attenuanti generiche.

Il Caso: Condanna per Spaccio di Lieve Entità

Un giovane veniva condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, ovvero lo spaccio di lieve entità. La condanna si basava sulle osservazioni della polizia giudiziaria, che aveva documentato diverse cessioni di droga. In particolare, una cessione aveva portato al sequestro di una dose di cocaina venduta a un acquirente, il quale aveva confermato di averla acquistata dall’imputato, sebbene la consegna materiale fosse avvenuta tramite un terzo soggetto.

Insoddisfatto della decisione della Corte d’Appello, l’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali.

Le Ragioni del Ricorso Inammissibile in Cassazione

Il primo motivo di ricorso contestava la correttezza della motivazione con cui i giudici avevano dichiarato la sua responsabilità. L’imputato, in sostanza, proponeva una lettura alternativa delle prove raccolte, cercando di convincere la Suprema Corte che i fatti si erano svolti diversamente.

La Cassazione ha prontamente respinto questo motivo, qualificandolo come una mera “doglianza in punto di fatto”. Con questa espressione, si intende un tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti e la valutazione delle prove, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (i cosiddetti giudici di merito). Il compito della Cassazione, infatti, è solo quello di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Non può, quindi, sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno analizzato direttamente le prove. Il ricorso è stato quindi giudicato ricorso inammissibile su questo punto.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche e il Ricorso Inammissibile

Il secondo motivo di ricorso riguardava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La difesa sosteneva che l’imputato ne avesse diritto, probabilmente facendo leva sulla sua giovane età e sull’assenza di precedenti penali (incensuratezza).

Anche questo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha richiamato il suo orientamento consolidato, secondo cui, per negare le attenuanti, è sufficiente che il giudice non riscontri elementi positivi meritevoli di valutazione. La sola incensuratezza, pur essendo un dato positivo, non è di per sé sufficiente a giustificare una riduzione di pena. In altre parole, non è un diritto automatico. L’assenza di elementi che possano positivamente caratterizzare la condotta dell’imputato o la sua personalità è una ragione valida per negare il beneficio.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6493/2024, ha sintetizzato le ragioni della sua decisione. Ha chiarito che il primo motivo era estraneo al giudizio di legittimità, poiché mirava a una rivalutazione delle fonti di prova. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, ha ribadito che l’assenza di elementi positivi di valutazione, che nemmeno il ricorrente aveva saputo indicare, giustificava pienamente il diniego da parte dei giudici di merito. Di conseguenza, l’intero ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni: Le Implicazioni della Pronuncia

Questa decisione sottolinea una lezione cruciale per chiunque intenda affrontare un processo penale. Innanzitutto, il ricorso in Cassazione non è un’ulteriore possibilità per ridiscutere la propria innocenza basandosi sugli stessi elementi già valutati. È uno strumento tecnico, finalizzato a correggere errori di diritto. In secondo luogo, la concessione delle attenuanti generiche non è un atto dovuto ma una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere motivata sulla base di concreti elementi positivi. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende serve anche da monito contro la proposizione di ricorsi palesemente infondati, che sovraccaricano inutilmente il sistema giudiziario.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non stabilire come si sono svolti gli eventi. Un ricorso basato solo su una diversa interpretazione delle prove è considerato inammissibile.

Avere la fedina penale pulita garantisce l’ottenimento delle circostanze attenuanti generiche?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata citata nella decisione, la sola incensuratezza (fedina penale pulita) non è un elemento sufficiente a giustificare la concessione delle attenuanti generiche. È necessaria la presenza di elementi positivi di valutazione che il giudice possa considerare.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, la condanna impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, come avvenuto nel caso specifico con una sanzione di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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