Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Spaccio
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12322/2024, ha affrontato un caso di detenzione di sostanze stupefacenti, dichiarando il ricorso inammissibile e ponendo fine al percorso giudiziario dell’imputato. Questa decisione offre importanti spunti sui limiti del ricorso in Cassazione e sulla differenza tra una valutazione di legittimità e un riesame del merito dei fatti. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di tre anni di reclusione e 15.000 euro di multa per il reato di detenzione ai fini di spaccio di cocaina e hashish. La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza del 9 maggio 2023, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Avverso tale decisione, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, lamentando l’illegittimità della sentenza su tre punti principali: la valutazione sulla destinazione della sostanza allo spaccio, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e l’esclusione dell’ipotesi di reato di lieve entità (prevista dal comma 5 dell’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti).
I Motivi del Ricorso e il Filtro del Ricorso Inammissibile
Il ricorrente basava la sua difesa su una presunta erronea valutazione da parte dei giudici di merito. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha subito rilevato una criticità fondamentale: i motivi addotti non erano ammissibili in quella sede.
I punti sollevati dalla difesa, infatti, non denunciavano una violazione di legge, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove e dei fatti già ampiamente analizzati dalla Corte d’Appello. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui ruolo è quello di giudice di legittimità, non di terzo grado di merito. Il ricorso è stato quindi giudicato come meramente riproduttivo di censure già adeguatamente respinte e, per questo, manifestamente infondato. Un ricorso inammissibile, in questi casi, è l’esito procedurale corretto.
La Valutazione degli Elementi da Parte della Corte
I giudici di legittimità hanno sottolineato come la sentenza impugnata avesse fornito una motivazione logica e coerente su tutti i punti contestati. In particolare, era stato dato conto degli indizi gravi, precisi e concordanti che supportavano la conclusione della destinazione allo spaccio della sostanza sequestrata. Elementi come la quantità non modesta dello stupefacente e le modalità della condotta, avvenuta all’interno di un esercizio aperto al pubblico, sono stati ritenuti sufficienti a escludere sia l’uso personale sia la qualificazione del reato come di lieve entità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un’occasione per riesaminare il merito della vicenda. La valutazione delle prove, la ricostruzione dei fatti e l’attendibilità delle fonti sono prerogative esclusive dei giudici di primo e secondo grado.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente argomentato le ragioni per cui la destinazione allo spaccio era l’ipotesi più plausibile e perché non sussistevano i presupposti per la concessione delle attenuanti generiche. La motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta “sufficiente e non illogica”, chiudendo così ogni spazio per una rivalutazione in sede di legittimità. Dichiarare il ricorso inammissibile è stata, pertanto, una conseguenza diretta dell’impostazione difensiva, che tentava di forzare i limiti del giudizio di Cassazione.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma che la presentazione di un ricorso in Cassazione deve essere attentamente ponderata. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito; è necessario individuare specifici vizi di legittimità, come un’errata applicazione della legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria.
La dichiarazione di inammissibilità comporta conseguenze onerose per il ricorrente: oltre alla conferma definitiva della condanna, egli è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa decisione serve da monito sull’importanza di strutturare i ricorsi per Cassazione nel rispetto dei rigidi confini del giudizio di legittimità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati, meramente riproduttivi di censure già respinte dalla Corte d’Appello, e tentavano di ottenere una rivalutazione delle prove e dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità.
Cosa significa che la Corte di Cassazione è un ‘giudice di legittimità’ e non di merito?
Significa che la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti del processo o valutare nuovamente le prove. Il suo compito è esclusivamente quello di controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria per le loro decisioni.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12322 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12322 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a TERAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/05/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME, condannato all’esito del giudizio ordinario alla pena di anni tre di reclusione e 15.000 C di multa – pena illegale per difetto, annota correttamen sentenza, impedita a sanare il vizio per difetto d’impugnazione del pubblico ministero reati di cui agli artt. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 309/90 in ordine all’illecita detenzione di hashish, con tre distinti motivi deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. l’illegittimità della sentenza con riguardo: alla ritenuta destinazione della sostanza allo s al diniego delle circostanze attenuanti generiche; al mancato riconoscimento dell’ipotesi di all’art. 73, comma 5, t.u.s.;
Considerato che si tratta di motivi non consentiti in sede di legittimità e comun manifestamente infondati, essendo meramente riproduttivi dei profili di censura g adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giudici dalla sentenza impugnata, cui motivazione, neppure integralmente criticata nel generico ricorso, non è ce manifestamente illogica, prefigurando, inoltre, il primo ed il terzo motivo una rivalutazione fonti probatorie estranea al sindacato di legittimità ed il secondo concernendo il tratta punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e adeguato esame dell deduzioni difensive;
Rilevato, in particolare, che, con valutazione di merito in questa sede non altrimen sindacabile, la sentenza ha non illogicamente dato conto degli indizi gravi, precisi e concor che sorreggono la conclusione della destinazione allo spaccio della non modesta sostanza stupefacente sequestrata, dell’impossibilità, anche per le modalità della condotta, te all’interno di un esercizio aperto al pubblico, di qualificare il reato come di lieve entità dell’assenza di ragioni che giustificano, nella complessiva valutazione del fatto, il riconosci delle circostanze attenuanti generiche;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che al declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 26 gennaio 2024.