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Ricorso inammissibile: Cassazione su spaccio

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un individuo condannato per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. I giudici hanno ritenuto i motivi dell’appello una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte, evidenziando come il ricorso tentasse una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, la condanna è stata confermata, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Spaccio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12322/2024, ha affrontato un caso di detenzione di sostanze stupefacenti, dichiarando il ricorso inammissibile e ponendo fine al percorso giudiziario dell’imputato. Questa decisione offre importanti spunti sui limiti del ricorso in Cassazione e sulla differenza tra una valutazione di legittimità e un riesame del merito dei fatti. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di tre anni di reclusione e 15.000 euro di multa per il reato di detenzione ai fini di spaccio di cocaina e hashish. La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza del 9 maggio 2023, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Avverso tale decisione, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, lamentando l’illegittimità della sentenza su tre punti principali: la valutazione sulla destinazione della sostanza allo spaccio, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e l’esclusione dell’ipotesi di reato di lieve entità (prevista dal comma 5 dell’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti).

I Motivi del Ricorso e il Filtro del Ricorso Inammissibile

Il ricorrente basava la sua difesa su una presunta erronea valutazione da parte dei giudici di merito. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha subito rilevato una criticità fondamentale: i motivi addotti non erano ammissibili in quella sede.

I punti sollevati dalla difesa, infatti, non denunciavano una violazione di legge, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove e dei fatti già ampiamente analizzati dalla Corte d’Appello. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui ruolo è quello di giudice di legittimità, non di terzo grado di merito. Il ricorso è stato quindi giudicato come meramente riproduttivo di censure già adeguatamente respinte e, per questo, manifestamente infondato. Un ricorso inammissibile, in questi casi, è l’esito procedurale corretto.

La Valutazione degli Elementi da Parte della Corte

I giudici di legittimità hanno sottolineato come la sentenza impugnata avesse fornito una motivazione logica e coerente su tutti i punti contestati. In particolare, era stato dato conto degli indizi gravi, precisi e concordanti che supportavano la conclusione della destinazione allo spaccio della sostanza sequestrata. Elementi come la quantità non modesta dello stupefacente e le modalità della condotta, avvenuta all’interno di un esercizio aperto al pubblico, sono stati ritenuti sufficienti a escludere sia l’uso personale sia la qualificazione del reato come di lieve entità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un’occasione per riesaminare il merito della vicenda. La valutazione delle prove, la ricostruzione dei fatti e l’attendibilità delle fonti sono prerogative esclusive dei giudici di primo e secondo grado.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente argomentato le ragioni per cui la destinazione allo spaccio era l’ipotesi più plausibile e perché non sussistevano i presupposti per la concessione delle attenuanti generiche. La motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta “sufficiente e non illogica”, chiudendo così ogni spazio per una rivalutazione in sede di legittimità. Dichiarare il ricorso inammissibile è stata, pertanto, una conseguenza diretta dell’impostazione difensiva, che tentava di forzare i limiti del giudizio di Cassazione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame conferma che la presentazione di un ricorso in Cassazione deve essere attentamente ponderata. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito; è necessario individuare specifici vizi di legittimità, come un’errata applicazione della legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria.

La dichiarazione di inammissibilità comporta conseguenze onerose per il ricorrente: oltre alla conferma definitiva della condanna, egli è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa decisione serve da monito sull’importanza di strutturare i ricorsi per Cassazione nel rispetto dei rigidi confini del giudizio di legittimità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati, meramente riproduttivi di censure già respinte dalla Corte d’Appello, e tentavano di ottenere una rivalutazione delle prove e dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità.

Cosa significa che la Corte di Cassazione è un ‘giudice di legittimità’ e non di merito?
Significa che la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti del processo o valutare nuovamente le prove. Il suo compito è esclusivamente quello di controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria per le loro decisioni.

Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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