Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna per Ricettazione
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una terza occasione per ridiscutere i fatti. Un ricorso inammissibile è proprio questo: un tentativo di appello che non supera il vaglio preliminare della Corte perché non rispetta i rigidi requisiti di legge. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come e perché un ricorso viene dichiarato inammissibile, in un caso che riguarda il reato di ricettazione e la prova del dolo.
Il Caso: Motociclo Rubato in Camera da Letto e la Condanna
I fatti alla base della vicenda sono singolari ma emblematici. Un uomo viene condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di ricettazione. La prova decisiva a suo carico è il rinvenimento di un motociclo, risultato di provenienza illecita, all’interno della sua camera da letto. Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato decide di presentare ricorso in Cassazione, articolandolo su due principali motivi: un’errata valutazione della sua responsabilità e un’eccessiva entità della pena inflitta.
I Motivi del Ricorso e la loro Inammissibilità
L’imputato ha tentato di contestare la decisione dei giudici di merito su due fronti, ma entrambi si sono scontrati con i limiti del giudizio di legittimità.
La Reiterazione dei Motivi d’Appello
Il primo motivo di ricorso, relativo alla responsabilità penale, è stato giudicato dalla Cassazione come una ‘pedissequa reiterazione’ di quanto già sostenuto e respinto in appello. In altre parole, la difesa non ha mosso una critica specifica e argomentata contro la logica della sentenza impugnata, ma si è limitata a riproporre le stesse argomentazioni. Questo rende il motivo non specifico e, di conseguenza, inammissibile. Il ricorso in Cassazione non serve a ottenere un nuovo esame dei fatti, ma solo a controllare la corretta applicazione della legge.
La Contestazione sulla Pena
Il secondo motivo riguardava l’eccessività della pena. Anche in questo caso, la Corte ha rigettato la doglianza, definendola ‘manifestamente infondata’. La legge, infatti, attribuisce al giudice di merito un’ampia discrezionalità nel determinare la pena, purché essa sia motivata secondo i criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, come la gravità del fatto e la capacità a delinquere del reo.
Le Motivazioni della Cassazione sul ricorso inammissibile
La Corte Suprema ha fornito una motivazione chiara e lineare per dichiarare il ricorso inammissibile, basandosi su principi consolidati della giurisprudenza.
La Prova del Dolo nella Ricettazione
La Corte ha ribadito un principio fondamentale in materia di ricettazione: la prova dell’elemento soggettivo, ovvero la consapevolezza della provenienza illecita del bene, può essere raggiunta anche attraverso elementi indiziari. La mancata o non attendibile spiegazione sulla provenienza della cosa ricevuta è un forte indicatore della volontà di occultamento e, quindi, di un acquisto in malafede. Nel caso specifico, il fatto di aver nascosto un motociclo in camera da letto è stato ritenuto un comportamento palesemente volto a nascondere il bene, dimostrando la piena consapevolezza dell’imputato.
La Discrezionalità del Giudice nella Determinazione della Pena
Per quanto riguarda l’entità della sanzione, i giudici hanno sottolineato che la valutazione della congruità della pena è di competenza esclusiva del giudice di merito. In questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente giustificato la sua decisione facendo riferimento ai precedenti penali dell’imputato, un parametro legittimo per valutare la sua capacità a delinquere e adeguare la pena alla specifica situazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma due importanti lezioni. La prima è che un ricorso per cassazione deve essere formulato con estrema precisione tecnica, criticando specificamente i vizi di legittimità della sentenza impugnata e non limitandosi a riproporre le medesime difese. La seconda è che, nel reato di ricettazione, il comportamento dell’imputato dopo il ricevimento del bene è cruciale per dimostrare la sua colpevolezza. L’occultamento di un oggetto rubato in un luogo anomalo, come una camera da letto, costituisce una prova logica quasi inconfutabile della consapevolezza della sua origine illecita. La decisione finale è stata quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché il primo motivo era una ‘pedissequa reiterazione’ degli argomenti già respinti in appello, mancando quindi di specificità, e il secondo motivo sulla pena era ‘manifestamente infondato’ poiché la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito.
Come può essere provata l’intenzione di commettere il reato di ricettazione?
Secondo la Corte, la prova dell’elemento soggettivo (dolo) della ricettazione può essere raggiunta anche sulla base di elementi indiziari, come l’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta. Nel caso specifico, il rinvenimento del motociclo all’interno della camera da letto è stato considerato una chiara dimostrazione della volontà di occultamento e della consapevolezza della sua illecita provenienza.
È possibile contestare in Cassazione l’entità della pena decisa dal giudice d’appello?
No, non è possibile se la decisione del giudice di merito è correttamente motivata e rientra nei limiti della sua discrezionalità. La graduazione della pena, basata su criteri legali come la capacità a delinquere dell’imputato (valutata anche sulla base dei precedenti penali), non è sindacabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione sia manifestamente illogica o viziata.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33617 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 33617  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAVE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME, ritenuto che il primo motivo, sul giudizio di responsabilità, non è deducibile in sede di legittimità perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, in particolare, la corte di merito ha esplicitato le ragioni del proprio convincimento, in adesione ai consolidati principi di questa Corte in tema di elemento soggettivo della ricettazione, affermando che la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. (Sez. 2, n. 29198 del 25/05/2010, Fontanella, Rv. 248265 – 01) e valorizzando in concreto il rinvenimento del motociclo all’interno della camera da letto dell’imputato a dimostrazione della consapevolezza da parte di quest’ultimo della illecita provenienza del mezzo e della conseguente inattendibilità delle sue dichiarazioni al riguardo (si veda pagina 3 della sentenza impugnata);
ritenuto che il secondo motivo sull’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. (nella specie, si veda pagina 3 della sentenza impugnata, ove si fa riferimento alla capacità a delinquere dell’imputato, come caratterizzata dai suoi precedenti penali, quale parametro di valutazione della congruità della pena rispetto all’entità del fatto);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 12 settembre 2025.