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Ricorso inammissibile: Cassazione su motivi generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna emessa dalla Corte d’Appello. La decisione si fonda sulla genericità e aspecificità dei motivi di ricorso, i quali si limitavano a riproporre censure già esaminate e respinte nei gradi di merito, senza un reale confronto con le argomentazioni della sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando l’appello è solo una copia

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, una fase cruciale che richiede rigore e precisione. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un approccio superficiale possa portare a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese. L’ordinanza n. 11329/2024 analizza un caso in cui i motivi di appello sono stati giudicati generici e meramente riproduttivi di argomenti già vagliati, evidenziando un errore strategico comune ma fatale.

I fatti del processo

Il caso trae origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 334 del codice penale, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Brescia. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi: uno relativo all’affermazione di responsabilità, un altro sulla mancata disapplicazione della recidiva e un ultimo sulla negata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

L’analisi della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha adottato un approccio rigoroso, valutando la specificità di ciascun motivo. Il risultato è stato una dichiarazione di inammissibilità totale, fondata su una carenza strutturale comune a tutte le censure presentate.

Il motivo sulla responsabilità penale

Esaminato per primo per la sua priorità logica, il motivo con cui si contestava la colpevolezza è stato definito ‘generico’. I giudici hanno sottolineato come l’appellante si fosse limitato a ‘mere enunciazioni riproduttive’ di doglianze già analizzate e respinte dalla Corte territoriale. In pratica, invece di contestare specificamente il ragionamento logico-giuridico della sentenza d’appello, il ricorso si è risolto in una semplice ripetizione, senza misurarsi con l’apparato argomentativo dei giudici di secondo grado.

La questione della recidiva e della tenuità del fatto

Anche gli altri due motivi hanno subito la stessa sorte. Quello relativo alla recidiva è stato giudicato ‘aspecifico’ perché non si confrontava con la ‘lineare e coerente logicità’ delle decisioni di merito sul trattamento sanzionatorio. Analogamente, la censura sulla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stata ritenuta ‘priva di specificità’, in quanto riproduceva profili già adeguatamente vagliati e disattesi con argomenti corretti e non illogici.

Le motivazioni della decisione

La decisione della Corte si basa su un principio fondamentale del processo di legittimità. Il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo, un ricorso non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte. È necessario, invece, che l’appellante individui i vizi specifici del provvedimento impugnato, dimostrando dove e perché il giudice di secondo grado ha sbagliato nel suo ragionamento. Un ricorso che manca di questo confronto critico è, per definizione, inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: la specificità è tutto. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è indispensabile articolare una critica puntuale, logica e pertinente al ragionamento del giudice che l’ha emessa. Un ricorso generico e ripetitivo non solo non ha alcuna possibilità di successo, ma comporta anche l’inevitabile condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, aggravando la posizione del ricorrente. La difesa tecnica deve quindi essere mirata e critica, non una mera riproposizione di argomenti già sconfitti.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i suoi motivi sono generici, si limitano a riproporre censure già esaminate nei precedenti gradi di giudizio e non si confrontano criticamente con le specifiche argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘aspecifico’ o ‘generico’?
Significa che il motivo non indica in modo preciso e dettagliato l’errore di diritto o il vizio logico commesso dal giudice nella sentenza che si contesta. Invece di criticare puntualmente il ragionamento della decisione, si limita a ripetere argomenti già noti o a formulare critiche vaghe.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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