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Ricorso inammissibile: Cassazione su lesioni e calunnia

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato in Appello per lesioni e calunnia. I motivi del ricorso sono stati giudicati come mere ripetizioni di censure già esaminate e respinte nel grado precedente, oltre che generici e manifestamente infondati. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Ripetitività Costa Cara

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto fondamentale sulla corretta formulazione dei ricorsi e sulle conseguenze di una sua errata impostazione. Quando un appello si limita a riproporre le stesse argomentazioni già vagliate, il rischio è quello di incorrere in una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna a spese e sanzioni. Questo caso, riguardante i reati di lesioni e calunnia, è un chiaro esempio di come la Suprema Corte non sia una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un giudice di legittimità.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello per i delitti di lesioni e calunnia, decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorso era basato su due motivi principali: il primo contestava la valutazione della sua responsabilità penale, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge; il secondo, anch’esso, si concentrava su presunti difetti motivazionali della sentenza di secondo grado.

La difesa del ricorrente, in sostanza, tentava di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione delle prove e dei fatti che avevano portato alla sua condanna nei precedenti gradi di giudizio.

L’Analisi della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte, esaminando il ricorso, lo ha rigettato senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda su una valutazione preliminare, di carattere procedurale, che ha portato a dichiarare il ricorso inammissibile. Vediamo perché.

Primo Motivo: Ripetitività delle Censure

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato meramente riproduttivo. In altre parole, l’imputato non ha fatto altro che ripresentare alla Cassazione le stesse identiche obiezioni e critiche già sollevate davanti alla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo gli Ermellini, aveva già fornito una risposta adeguata e completa, confutando punto per punto le argomentazioni difensive. Presentare le medesime censure senza evidenziare specifici errori di diritto nella sentenza impugnata rende il ricorso privo di fondamento.

Secondo Motivo: Genericità e Manifesta Infondatezza

Anche il secondo motivo è stato bocciato, ma per ragioni di genericità e manifesta infondatezza. La Corte ha rilevato come la Corte d’Appello avesse risposto in modo “pedissequo” (cioè seguendo passo passo) a ogni profilo di doglianza sollevato. Il ricorso, quindi, non era in grado di individuare un reale vizio logico o giuridico nella motivazione della sentenza di secondo grado, risultando così vago e privo di consistenza.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione si basa su un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze precedenti. Un ricorso è ammissibile solo se denuncia vizi specifici, come un’errata interpretazione di una norma di legge o una palese contraddittorietà nel ragionamento del giudice. Se, al contrario, ci si limita a riproporre le proprie tesi fattuali, sperando in un esito diverso, il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità. La Corte ha quindi ribadito che, di fronte a motivi ripetitivi o generici, la declaratoria di inammissibilità è l’unica conclusione possibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione ha due conseguenze dirette per il ricorrente. In primo luogo, la sentenza di condanna della Corte d’Appello diventa definitiva. In secondo luogo, a causa dell’inammissibilità del ricorso, il soggetto è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati che appesantiscono inutilmente il lavoro della Suprema Corte. La lezione è chiara: per adire la Cassazione è indispensabile formulare censure specifiche, pertinenti e che attacchino i vizi di legittimità della decisione impugnata, non semplicemente riproporre argomenti già sconfessati.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano o una semplice riproduzione di censure già adeguatamente respinte dalla Corte d’Appello, oppure erano generici e manifestamente infondati.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “riproduttivo” e “generico”?
Un motivo è “riproduttivo” quando si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte in un precedente grado di giudizio. È “generico” quando non individua specifici errori di diritto o vizi logici nella sentenza impugnata, ma si limita a contestazioni vaghe.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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