Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 638 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 638 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a COGNOME il 15/03/1957 NOME nato a CERIGNOLA il 25/02/1970
avverso la sentenza del 28/09/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso pe l’inammissibilità dei ricorsi;
udito il difensore Avv. COGNOME del foro di Foggia in sostituzione dell’avvocato COGNOME per COGNOME e degli avvocati COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME COGNOME per COGNOME il difensore ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Brescia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale di Mantova , il 2/12/2016, all’esito di rito abbreviato, aveva dichiarato COGNOME NOME e COGNOME NOME, nonché NOME nelle more deceduto, responsabili del delitto di cui agli artt.56, 81, comma 2, 110, 624 e 625 n.2 e 61 n.5 cod. pen. perché, in concorso tra loro, in numero superiore a tre, in esecuzione del programma criminoso di un’associazione per delinquere, al fine di trarne ingiusto profitto, avevano compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi del carburante posto in una cisterna all’interno del Consorzio Agrario Lombardo Veneto, nella notte del 22 novembre 2013, non riuscendo nel loro intento per cause indipendenti dalla loro volontà. Con recidiva reiterata specifica per COGNOME e recidiva specifica infraquinquennale per Avello.
2. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione / censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione dell’art. 606 lett.b), c), e), cod. proc. pen. per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La struttura motivazionale della pronuncia, si assume, è carente e non offre alcuna significativa risposta alle censure articolate nei motivi di impugnazione assecondando la motivazione del giudice di primo grado, assolutamente non condivisibile sulla scorta di tutti gli elementi fattuali acquisiti al fascicolo d’uffi La Corte, operando un mero e inappropriato rinvio al contenuto della motivazione della sentenza di primo grado, non ha reso alcuna valida motivazione in ordine alle censure articolate e ha ripercorso gli atti utilizzabili ai fini della decisione omettendo di valutare tutte le fonti di prova. I giudici di appello sono rimasti del tutto indifferenti alla ricostruzione alternativa della vicenda operata dalla difesa dell’imputato, avvalorata da una serie di elementi di fatto che portavano a escludere la partecipazione dell’Avello al reato in contestazione. La Corte di merito, al fine di operare una corretta valutazione del conseguentè trattamento sanzionatorio, ha omesso di considerare quanto si evince dagli stessi atti d’indagine, che si pongono in contrasto con la posizione dell’odierno imputato, stante l’omissione di una valutazione complessiva e autonoma in ordine all’intero compendio probatorio. La sentenza non ha assolutamente evidenziato, oltre ogni ragionevole dubbio, né chiarito quale sia stata la condotta in concreto posta in essere dal prevenuto e le modalità della stessa, nè gli elementi di identificazione e di riconoscimento del ricorrente ovvero i il suo coinvolgimento 5911 . :Pfatti di causa e la sua presenza in quei luoghi. In · ordine a tali circostanze si dovrà tenere conto delle motivazioni rese dai giudici
3.
dei Tribunali di Ferrara, Salerno, Trani e dalla Corte d’appello di Bari, sentenze prodotte nel giudizio di secondo grado, a sostegno della pronuncia di assoluzione. La motivazione contrasta con il contenuto dell’ordinanza emessa dal Tribunale della Libertà di Bari in favore di altro coimputato, tale da escludere per ragioni temporali la presenza dell’Avello nei luoghi e nelle pertinenze del Consorzio RAGIONE_SOCIALE Lombardo Veneto la notte del 22 novembre 2013 in Mantova.
2.1. Con il secondo motivo deduce manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Secondo la difesa, la Corte di merito non ha spiegato in termini logici, precisi e comprensibili per quale ragione la condotta dell’imputato integrasse la fattispecie penale in contestazione. Uniformandosi alle ragioni addotte dalla Procura generale, richiamando in parte la motivazione del giudice di primo grado in termini apodittici e meramente ripetitivi e senza farsi carico di argomentare sulle specifiche censure, ha ritenuto integrata la condotta in contestazione omettendo la valutazione complessiva degli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie. Manca totalmente la motivazione del giudice di appello.
2.2. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio, omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti o equivalenti alle aggravanti contestate. La Corte di appello, secondo il ricorrente, non ha fornito logica e coerente motivazione L ú:gt.. in ordine al severo trattamento sanzionatorio, che risulta del tutto ingiustificato, inadegual:o e incoerente. La pena applicata si traduce in una palese violazione di legge perché non è suffragata da una valida argomentazione logica, in netto contrasto con la funzione rieducatrice di cui all’art. 27 della Carta Costituzionale, manifestamente violato.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione deducendo, con un primo motivo, l’illegittimità costituzionale dell’art.6 d. I. 31 ottobre 2022 n.162 i riferimento agli artt. 73, comma 3, 77, comma 2, Cost. nonché al combinato disposto degli artt. 3 e 117, comma 1, Cost. in relazione all’art.7 § 1 CEDU e all’art.15, comma 1, del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Il r oggetto di contestazione, in forza della riforma Cartabia, è divenuto procedibile a querela della persona offesa ma gli articoli del d. Igs. 10 ottobre 2022 n.150, in assenza di un termine di vacatio legis diverso da quello previst a . 3, comma 3, Cost. avrebbero dovuto entrare in vigore in data 1 novembre 2022, decorsi 15 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Nel caso in esame difetta la querela in quanto la denuncia-querela è stata sporta da tale COGNOME NOMECOGNOME qualificatosi quale responsabile della commercializzazione di Carbolubrificanti e
dei depositi del RAGIONE_SOCIALE di Mantova, mancando in capo a tale soggetto i poteri spettanti al legale rappresentante della società presso la quale si sarebbe verificato il furto. Non si può sostenere che si proceda d’ufficio in ragione della circostanza prevista dall’art. 61 n,5 cod. pen. perché non ricompresa nelle norme previste dalla riforma. Su tale complesso normativo è intervenuto il d.l. n.162/2022 citato, che ha posticipato il termine di entrata in vigore del d. Igs. n.150/2022 al 30 dicembre 2022, cosicchè nel presente processo la sua concreta efficacia operativa non potrebbe esplicarsi. Il presente processo non potrebbe, pertanto, essere trattato senza previa soluzione della questione di legittimità costituzionale dell’art.6 d.l. n.162/2022, già sollevata dal Tribunale di Siena.
Con il secondo motivo deduce travisamento della prova con particolare riferimento al presunto sfasamento dell’orario delle videoriprese delle telecamere del consorzio modenese, così come ritenuto in sentenza con criterio di verosimiglianza. I giudici di appello hanno affermato la responsabilità dell’imputato ponendo a fondamento della decisione meri indizi, inidonei ad assurgere a prova di reità del Lorusso in quanto non suffragati da elementi oggettivi di riscontro. Il giudizio di colpevolezza si sorregge su principi di verosimiglianza che conducono i giudici di appello a travisare le prove raccolte nel processo. Con i motivi di appello si era dedotta l’assoluta estraneità dell’imputato ai fatti oggetto di contestazione in ragione anche della discrepanza riscontrata tra l’orario in cui la vettura Multipla, ripresa dalle telecamere di zona, si era allontanata dal luogo del tentato furto e quello monitorato sull’autovettura sulla quale viaggiava l’imputato. Emerge dagli atti dei Carabinieri di Barletta, impegnati nel servizio di osservazione, che la vettura Multipla con a bordo il COGNOME si è diretta verso l’autostrada per far ritorno al luogo di partenza alle ore 2:54 del 22 novembre 2013, mentre da rilievi effettuati dalla Questura di Mantova è emerso che gli autori del furto erano fuggiti attorno alle ore 3:44 del 22 novembre 2013, ovvero 50 minuti dopo rispetto a quando COGNOME e i coimputati avrebbero lasciato la piazzola di sosta sita in Mantova INDIRIZZO Tale dato escluderebbe l’attribuzione dei fatti criminosi al COGNOME o quantomeno insinuerebbe il dubbio circa la sua colpevolezza; diversamente opinando, la Corte d’appello ha affermato che l’argomento principale a sostegno della tesi difensiva , fosse stato superato già dal ri .- ibunale,0 primo grado, che aveva attribuito lo sfasamento temporale alla non corretta impostazione dell’orario delle telecamere, e ha ritenuto tale conclusione logica e verosimile, oltre che confermata da un dato obiettivo di sicuro conforto ricavabile da quanto si legge nell’informativa finale del NOR dei Carabinieri di Barletta. La Corte per mera analogia, senza far ricorso ad alcun dato concreto, ha ritenuto arbitrariamente Corte di Cassazione – copia non ufficiale
che le telecamere che riprendevano il luogo ove si era verificato il tentativo di furto fossero impostate su un orario diverso da quello effettivamente registrato e annotato dagli inquirenti, ma tale ragionamento è certamente viziato in quanto non si fonda su massime di esperienza ma valorizza una congettura, o una pretesa regola generale che risulta priva di qualunque pur minima plausibilità. Si definisce del tutto fantasiosa l’ipotesi alternativa fornita dalla difesa nonostante quest’ultima avesse trovato conforto e conferma nella decisione assunta dal Tribunale della libertà di Bari il 27 febbraio 2014, con cui era stata annullata l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del COGNOME. Appare evidente che, nel caso di specie, il percorso motivazionale del giudice di appello sia stato invalidato da un’erronea, quanto manifesta, rappresentazione degli elementi di fatto poi successivamente posta a fondamento della decisione, così alterando le emergenze probatorie. Con riferimento al travisamento del fatto, nel caso in esame il giudice di appello ha dedotto l’attribuibilita all’imputato di un fatto delittuoso da un dato inesistente.
All’odierna udienza, svoltasi su istanza di parte a trattazione orale, le parti hanno rassegnato le conclusioni riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo del ricorso di COGNOME NOME è manifestamente infondato. E’ sufficiente richiamare la sentenza con la quale la Corte di legittimità (Sez.5, n.45104 del 4/11/2022, COGNOME, n.m.) si è pronunciata su analoga questione. Ivi si legge, condivisibilmente, che «il riferimento alla ratio della disciplina della vacatio legis non può sterilizzare la chiara formulazione dei suoi effetti, ossia la “non obbligatorietà” della legge prima del decorso del termine della vacatio, secondo la formula di cui all’art. 10, primo comma, preleggi, ovvero, la più puntuale dizione dell’art. 73, comma 3, Cost., in forza del quale, di regola e salvo regolamentazione da esse stesse stabilita, la legge «entra in vigore» il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione. L’univoco tenore dell’art. 10 delle preleggi e quello, ancor più perspicuo, dell’art. 73, terzo comma, Cost. rendono ragione dell’autorevole opinione dottrinale secondo cui il periodo di vacatio costituisce il riferimento essenziale per fissare il momento in cui la legge entrerà in vigore. Del resto, non è dubbio che, durante la vacatio legis, il legislatore possa intervenire per modificare la legge già approvata e promulgata, ma ancora non entrata in vigore. E la vicenda di recente verificatasi in materia di sicurezza alimentare. L’art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 27 aveva stabilito l’abrogazione di una serie di reati, ma, prima della sua entrata in vigore (il 26
marzo 2021), l’art. 1 del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 42 ha “ripristinato” alcuni dei reati previsti dall’art. 18 come destinati all’abrogazione. Si tratta d una vicenda analoga a quella in esame e, rispetto a essa, la giurisprudenza di legittimità non ha ravvisato alcun fenomeno di successione di leggi, sostenendo, infatti, che la condotta di chi pone in vendita alimenti in cattivo stato di conservazione costituisce tuttora reato, sebbene l’art. 5, lett. b), della legge 30 aprile 1962, n. 283, sia stato abrogato dall’art. 18 del d.lgs. n. 27 del 2021, vigente a far data dal 26/03/2021, in quanto il precedente 25/03/2021 è entrato in vigore il dl. n. 42 del 2021, che ha modificato l’art. 18 cit., ampliando i novero delle disposizioni della legge n. 282 del 1962 sottratte all’abrogazione, tra le quali il suddetto art. 5 (Sez. 3, n. 34395 del 16/06;2021, COGNOME, Rv. 282365). Decisivo, comunque, è il rilievo che il caso in esame, a ben vedere, non chiama in causa la problematica della vacatio legis, esauritasi, per il d. Igs. n. 150 del 2022, lo scorso 01/11/2022. L’inapplicabilità di tale d. Igs. discende infatti, dal diverso, autonomo intervento legislativo di cui all’art. 7 del decreto legge n. 162 del 2022: è la voluntas legis espressa da quest’ultimo decreto-legge ad aver determinato il differimento dell’entrata in vigore del d. Igs. n. 150 cit., sicché il riferimento alla ratio di garanzia sottesa alla previsione del termine della vacatio volto a permettere la conoscenza della nuova norma è del tutto inconferente rispetto al differimento sancito dal decreto legge n.162 del 2022. Qui è il legislatore che ha statuito un differimento temporale dell’entrata in vigore del d. Igs. n. 150 cit., sulla base di una norma che il giudice non può certo disapplicare.».
2. Con riguardo a tutte le altre doglianze svolte in entraribi i ricorsi, occorre ricordare che la critica argomentata che deve connotare il ricorso per cassazione si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod.proc.pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente / il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le airgomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta pertanto di chiara evidenza che se il motivo di ricorso si confronta solo apparentemente con la motivazione del provvedimento impugnato, riproponendo censure già attentamente vagliate dal giudice di merito, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora
formalmente impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
Ed è sufficiente rimarcare che i giudici di appello hanno spiegato, con motivazione esente da illogicità e contraddizioni, le ragioni per le quali i dati ricavati dall’attività di indagine della Questura di Mantova e dei Carabinieri di Barletta non potessero considerarsi tra loro contraddittori e tali da inficiare la validità dell’ipotesi accusatoria, sottolineando come la discra:sia cronologica tra i rilievi effettuati dalle due autorità di polizia giudiziaria fosse giustificabile su base del mancato riposizionamento all’ora solare, appena entrata in vigore, delle telecamere di videosorveglianza dell’azienda COGNOMERAGIONE_SOCIALECOGNOME, da considerare pacificamente alla stregua di un dato di comune esperienza.
3.1. Tale valutazione ha trovato riscontro nel fatto che anche presso la stazione di servizio Pioppa ovest le immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza interna all’area di servizio in coincidenza con la sosta effettuata e l’orologio dell’area di servizio non fossero aggiornati all’ora solare.
3.2. Il secondo argomento, concernente il mancato rilevamento da parte dei Carabinieri di Barletta dell’attrezzatura atta a compiere il furto, è stato logicamente giustificato con il rilievo per cui il servizio di osservazione si fosse svolto a distanza tale da non destare sospetti.
Con particolare riferimento al ricorrente COGNOME, la Corte territoriale ha fornito un’ampia motivazione delle ragioni per le quali non vi fossero dubbi circa l’identità dell’imputato quale persona che avesse concorso nel reato, indicando come la presenza di COGNOME NOME non si ricavasse in modo acritico e apodittico dal fatto che la vettura Multipla si era fermata sia prima del viaggio che dopo presso la via in cui è ubicata l’abitazione dello stesso; tale responsabilità si era, infatti, ricavata dalle immagini dell’area di servizio autostradale Pioppa ovest di Bologna e da quelle scattate al casello di Cerignola est al passaggio della Multipla, monitorata dalla polizia giudiziaria al ritorno da Mantova. Con tali ulteriori valutazioni il ricorso omette di confrontarsi, rimanendo per tale ragione non superato il vaglio di ammissibilità.
Con riguardo al trattamento sanzionatorio va rilevato che si tratta di valutazione discrezionale insindacabile in fase di legittimità ove non arbitrariamente determinata e sufficientemente giustificata in termini di congruità GLYPH ì giudici delle conformi sentenze di merito.
L’inammissibilità dei motivi di ricorso non consente di assegnare rilevanza al mutato regime di procedibilità del reato di furto aggravate) per effetto della modifica normativa introdotta con d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150 ; considerato che la sopravvenienza della procedibilità a querela non prevale sulla inammissibilità del ricorso (Sez. U, n.40150 del 21/06/2018, COGNOME, Rv.27:3551).
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia propcsto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», i ricorrenti vanno condannati al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q,M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 29 novembre 2023