Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma Condanna per Stupefacenti
Quando si impugna una sentenza di condanna, specialmente davanti alla Corte di Cassazione, è fondamentale che i motivi del ricorso siano specifici e attinenti a questioni di diritto. Un recente provvedimento della Suprema Corte ha ribadito questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile perché basato su censure generiche e di puro fatto. Analizziamo insieme questa ordinanza per comprendere le ragioni della decisione e le sue importanti implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Lecce, che aveva condannato una persona per la detenzione di sostanze stupefacenti. In particolare, l’accertamento giudiziario aveva dimostrato non solo la destinazione illecita della droga, ma anche la non lievità del fatto. La Corte territoriale aveva basato la sua decisione su elementi oggettivi e inequivocabili: il considerevole quantitativo di cocaina detenuta (100 grammi), l’elevata purezza della stessa (pari al 74% di principio attivo) e, fattore determinante, la confessione resa dalla stessa imputata. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione
L’imputata, attraverso il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione cercando di ottenere l’annullamento della sentenza di condanna. Tuttavia, la Suprema Corte ha rilevato fin da subito una criticità fondamentale nei motivi addotti. Le censure proposte sono state definite “aspecifiche e di puro fatto”, ovvero non correlate alla struttura logico-giuridica della motivazione della sentenza impugnata. In altre parole, la difesa non ha contestato un errore di diritto o un vizio di motivazione, ma ha tentato di sollecitare una nuova valutazione dei fatti, attività che è preclusa al giudice di legittimità.
Le Motivazioni: Perché il ricorso è inammissibile?
La Corte di Cassazione ha spiegato chiaramente perché il ricorso inammissibile non poteva essere accolto. La sentenza della Corte d’Appello era stata motivata in modo “non censurabile”, poiché non si era limitata a considerare il mero dato ponderale (il peso della droga), ma aveva valorizzato un quadro probatorio completo. La confessione dell’imputata e l’alta percentuale di principio attivo sono stati elementi decisivi per dimostrare sia la finalità illecita della detenzione sia la gravità del reato.
Di fronte a una motivazione così solida e articolata, il ricorso si è limitato a proporre doglianze generiche, senza individuare specifici vizi logici o giuridici nel ragionamento del giudice di secondo grado. Questo tipo di impugnazione non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, il cui ruolo non è quello di riesaminare i fatti come un terzo grado di giudizio, ma di assicurare l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
La declaratoria di inammissibilità ha avuto conseguenze significative per la ricorrente. Non solo la condanna è diventata definitiva, ma la Corte ha anche condannato l’imputata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito: per avere una possibilità di successo in Cassazione, un ricorso deve essere tecnicamente ineccepibile, concentrandosi su precise violazioni di legge o su vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di ottenere una nuova valutazione del merito dei fatti è una strategia destinata al fallimento, con l’ulteriore aggravio di costi.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte erano generiche e di puro fatto, non correlate alla struttura motivazionale della sentenza impugnata. In pratica, si tentava di ottenere una nuova valutazione del merito, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.
Quali elementi sono stati considerati per stabilire la gravità del reato?
La gravità del reato è stata stabilita sulla base di tre elementi principali: la confessione dell’imputata, il notevole quantitativo di cocaina (100 grammi) e l’elevata purezza della sostanza (74% di principio attivo).
Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente a seguito della decisione?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3998 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3998 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASERTA il 29/10/1983
avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso.
Osservato che il ricorrente propone censure aspecifiche e di puro fatto, non correlate alla trama motivazionale della sentenza impugnata che ha accertato in modo non censurabile sia la destinazione illecita delle sostanze detenute, non limitandosi al mero dato ponderale, ma utilizzando anche la confessione dell’imputata; sia la non lievità del fatto, basandosi sul quantitativo di cocaina (100 grammi) e sulla purezza della stessa (74% di principio attivo).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/10/2024.