Ricorso inammissibile: No alla Tenuità del Fatto per Danneggiamento
Presentare un ricorso in Cassazione richiede una tecnica giuridica precisa e la consapevolezza dei limiti del giudizio di legittimità. Un errore comune è riproporre le stesse argomentazioni già valutate nei gradi precedenti, una strategia che porta quasi inevitabilmente a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce questo principio in un caso di danneggiamento, chiarendo anche i criteri per escludere la non punibilità per particolare tenuità del fatto.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per il reato di danneggiamento, ai sensi dell’art. 635 del codice penale. L’imputato era stato ritenuto responsabile di aver colpito ripetutamente e con violenza la porta di un nosocomio, causandone il danneggiamento. La condanna, emessa in primo grado, era stata confermata dalla Corte d’Appello di Ancona. Contro questa seconda decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa ha articolato il ricorso su due motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: L’imputato contestava la ricostruzione dei fatti e l’attribuzione di responsabilità per il reato di danneggiamento, sostenendo che la motivazione della sentenza d’appello fosse mancante e contraddittoria.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si lamentava la non applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, ritenendo che il fatto, per le sue modalità, dovesse essere considerato di minima offensività.
La Decisione della Corte: il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su argomentazioni precise che toccano i limiti del giudizio di legittimità e i presupposti per l’applicazione della particolare tenuità del fatto.
Analisi del Primo Motivo: la Reiterazione è Inammissibile
La Corte ha osservato che il primo motivo di ricorso non faceva altro che riproporre le stesse questioni già sollevate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello. Questa pratica, definita come ‘pedissequa reiterazione’, non è consentita in Cassazione. Inoltre, la Suprema Corte ha evidenziato che le censure mosse miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, un’attività preclusa al giudice di legittimità. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata logica e priva di vizi giuridici, avendo illustrato chiaramente gli elementi a fondamento della condanna.
Analisi del Secondo Motivo: perché si esclude la Tenuità del Fatto
Anche il secondo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello nell’escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La valutazione sulla tenuità dell’offesa deve basarsi sui criteri dell’art. 133 c.p., e nel caso di specie, l’esclusione era stata motivata sulla base di due elementi chiave:
* La gravità del fatto: desunta dalle modalità violente e ripetute dell’azione.
* I precedenti del ricorrente: indicativi di un’abitualità nei comportamenti illeciti, un fattore ostativo all’applicazione del beneficio.
La Corte ha sottolineato che l’imputato non aveva mosso una critica specifica a questa precisa argomentazione, rendendo il suo motivo di ricorso inefficace.
Le Motivazioni
La motivazione della Suprema Corte si ancora a principi consolidati. In primo luogo, il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove. È un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Riproporre doglianze già esaminate, senza individuare vizi specifici della sentenza impugnata, equivale a chiedere un riesame del merito, che esula dalle competenze della Corte. In secondo luogo, la valutazione sulla particolare tenuità del fatto non è automatica. Il giudice deve considerare la gravità complessiva del reato, incluse le modalità della condotta e la personalità dell’autore, come delineata dai suoi precedenti. La presenza di un comportamento abitualmente illecito è una ragione sufficiente per negare il beneficio, come correttamente stabilito nel caso di specie.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che un ricorso inammissibile è una conseguenza diretta di una strategia difensiva che non tiene conto della natura del giudizio di Cassazione. È fondamentale non limitarsi a ripetere le argomentazioni dei gradi precedenti, ma individuare specifici vizi di legittimità nella decisione impugnata. La seconda è che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è una scappatoia automatica per reati di modesta entità. La sua applicazione è soggetta a una valutazione discrezionale del giudice, che tiene conto di tutti gli indici di gravità del reato e della condotta di vita dell’imputato, inclusa la presenza di precedenti penali.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo la decisione, un ricorso è inammissibile quando si limita a riproporre pedissequamente gli stessi motivi già dedotti e respinti in appello o quando tende a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività non consentita nel giudizio di legittimità.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La sua applicazione è stata esclusa a causa della gravità del fatto, desunta dalle modalità di esecuzione (colpi ripetuti e violenti), e dai precedenti del ricorrente, che segnalavano un’abitualità nei comportamenti illeciti.
È sufficiente riproporre gli stessi motivi dell’appello nel ricorso per Cassazione?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che la ‘pedissequa reiterazione’ di motivi già disattesi dalla corte di merito è una causa di inammissibilità del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36852 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36852 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PRIVITERA CONCETTO nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/01/2025 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di Concetto COGNOME; ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, che deducono il vizio di violazione di legge e il vizio di mancanza e contraddittorietà della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 635, commi 1 e 2, nr. 3 cod. pen., nonché della mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., non sono consentiti, perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 26060801);
ritenuto che, in particolare, il primo motivo di ricorso è altresì non consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati da giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha invece correttamente esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 3-4 della sentenza impugnata ove il giudice adito illustra gli elementi alla base del positivo accertamento della condotta di danneggiamento, consistita in ripetuti e violenti colpi inferti alla porta del nosocomio, nonch dell’elemento soggettivo) limitandosi ad introdurre una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01);
che il secondo motivo di ricorso è inoltre manifestamente infondato a fronte delle argomentazioni logiche e ineccepibili del giudice di merito, il quale ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte, secondo i quali il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri d cui all’art. 133, co. 1 cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (si veda pag. 4 della sentenza impugnata, ove l’esclusione della particolare tenuità del fatto trova fondamento nella gravità del medesimo, derivata dalle modalità di esecuzione, e altresì dai precedenti del ricorrente atti a segnalare una abitualità nei comportamenti illeciti, elemento con il quale, a fronte di argomentazione specifica sul punto della sentenza impugnata, il ricorrente non si confronta effettivamente);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 10 ottobre 2025.