Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22310 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22310 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 09/06/1976, avverso l’ordinanza in data 29/10/2024 del Tribunale di Trento, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 29 ottobre 2024 il Tribunale del riesame di Trento ha confermato l’ordinanza in data 26 luglio 2024 del G.i.p. del Tribunale di Trent che aveva applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcer per il reato del capo L-21 consistente nella cessione di tre chili di hashish.
Il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione perch il Tribunale del riesame non aveva inteso applicargli gli arresti domicili nonostante avesse capacità di autocontrollo e di rispetto delle prescrizioni.
3. Il ricorso, che ha a oggetto solo l’adeguatezza e la proporzionalità della misura cautelare, è manifestamente infondato perché consiste in generiche
deduzioni che non si confrontano con la motivazione dell’ordinanza impugnata.
Il Tribunale del riesame ha ricostruito in fatto che COGNOME aveva contatti con la criminalità organizzata di vari luoghi, non solo di Trento o di Rovereto, e
che aveva riportato pregresse condanne per stupefacenti anche per la partecipazione all’associazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990. Nel caso in
esame, sebbene non gli fosse stato contestato il reato dell’art. 74 d.P.R. n. 309
del 1990, l’elevato valore ponderale della sostanza ceduta, pari a tre chili, era indicativa di una costante e ampia disponibilità di narcotico, e quindi di perduranti
legami con la criminalità, in grado di soddisfare la richiesta di vendita all’ingrosso della propria clientela. Il Tribunale ha considerato che le modalità della condotta e
la notevole spregiudicatezza escludevano qualsivoglia resipiscenza e ha concluso che l’unica misura cautelare idonea a prevenire la reiterazione del reato era quella
custodiale di massimo rigore, anche tenuto conto che non era stata prodotta la dichiarazione di disponibilità della madre all’accoglienza.
La decisione è logica e razionale e, pertanto, resiste alla censura sollevata.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 1’11 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente