Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33717 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33717 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, il quale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Milano accoglieva solo parzialmente le doglianze proposte dall’imputato contro la pronuncia di condanna di primo grado.
In particolare, il COGNOME è stato a chiamato a rispondere – per quel che ancora rileva in questa sede, stante la prescrizione dopo la sentenza di primo grado dei fatti di reato di cui alle ulteriori imputazioni – del delitto di associazione per delinquere (capo A), di fatti dì bancarotta fraudolenta patrimoniale ed impropria per effetto di operazioni dolose, relativi al fallimento di RAGIONE_SOCIALE (capo B), nonché di bancarotta impropria ai sensi dell’art. 223, secondo comma, n. 2, I. fall., in relazione al fallimento della società RAGIONE_SOCIALE (capo H).
La complessa vicenda riguarda un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati fallimentari e tributari, realizzati a mezzo di un sistema fraudolento di somministrazione di manodopera, che si avvaleva di innumerevoli società non operative, alcune anche costituite in forma cooperativa, le quali si interponevano fittiziamente nel rapporto di fatturazione delle prestazioni lavorative fornite a COGNOME, senza adempiere agli obblighi fiscali e contributivi. Era così consentita a COGNOME che aveva assunto i contratti di appalto con le società committenti, l’acquisizione di proventi illeciti derivanti dal risparmio di oneri fiscali e contributivi, che rimanevano a carico delle società interposte, nonché il conseguimento di ulteriori profitti in ragione della sovrafatturazione incrementata dai vari passaggi della fatturazione della manodopera, con maggiori importi in termini di detrazione IVA e di deduzione dell’imponibile fiscale ai fini della determinazione delle imposte dirette.
Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME, mediante il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi nei limiti previsti dall’art. 173 disp att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo l’imputato denuncia mancanza e assoluta illogicità della motivazione in punto di valutazione delle prove a discarico costituite dalla documentazione attestante l’esistenza di una procura a vendere che NOME COGNOME (giudicato separatamente) gli aveva fatto rilasciare per la vendita della sua casa.
In sostanza, a fondamento della doglianza, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata ha continuato ad asserire che non sarebbe stato dimostrato
l’assunto difensivo per il quale egli sarebbe stato costretto anche dopo la “rottura” con NOME COGNOME, vero dominus dell’organizzazione, a restare nell’organigramma della stessa, pur limitandosi a procurare i soldi in nero per i pagamenti fuori-busta ai lavoratori, in modo da poter ottenere dal medesimo le somme per pagare a NOME COGNOME le quote della partecipazione che aveva acquisito dallo stesso nella RAGIONE_SOCIALE e per il pagamento delle quali aveva rilasciato una procura a vendere la propria casa.
2.2. Mediante il secondo motivo il ricorrente deduce assoluta illogicità della motivazione quanto al proprio ruolo nell’associazione per delinquere in punto di valutazione delle risultanze derivanti dalle sentenze acquisite circa la fitta corrispondenza con gli altri imputati principali, a fronte delle argomentazioni difensive svolte sulle mere funzioni di “ufficiale pagatore” degli importi a nero dei lavoratori. Assume in particolare che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, da tale corrispondenza non potrebbe desumersi che egli aveva rivestito il ruolo di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE , poiché si era limitato ad effettuare detti pagamenti.
2.3. Con il terzo motivo il COGNOME lamenta illogicità della motivazione rispetto alla confutazione delle argomentazioni difensive sulla ritenuta responsabilità penale per il reato di cui al capo H.3, ossia sul concorso nella simulazione di crediti comportanti una fraudolenta compensazione per 9 milioni di euro determinando dolosamente il fallimento della società RAGIONE_SOCIALE.
A fondamento della censura il ricorrente evidenzia che l’errore logico della sentenza impugnata si sarebbe sostanziato nell’averlo ritenuto consapevole di tale circostanza attesa la conoscenza del sistema con il quale NOME COGNOME operava, senza avvedersi che avere la consapevolezza dei meccanismi che il COGNOME utilizzava per tenere la RAGIONE_SOCIALE indenne da debiti fiscali e contributivi, è diverso dall’avere la consapevolezza che tale strategia era in seguito cambiata per condurre detta società al fallimento.
2.4. Mediante il quarto motivo l’imputato denuncia mancanza ed assoluta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle argomentazioni difensive sulla portata delle intercettazioni telefoniche intercorse tra NOME COGNOME e un investigatore privato assunto dallo stesso, tale COGNOME, dalla quale sarebbe emerso che i medesimi avevano il piano di far ricadere su di lui la responsabilità per gli omessi versamenti di RAGIONE_SOCIALEIT in favore di RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Prima di esaminare i motivi di ricorso che involgono tutti vizi di motivazione della decisione impugnata si rendono necessarie due premesse di carattere generale.
1.1. Sotto un primo aspetto, per giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, ricorr cd. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione de prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (tra le altre, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595 – 01).
1.2. Vi è, d’altra parte, che l’indagine di legittimità sul discorso giustifica della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 – 01).
Il primo motivo è inammissibile, poiché è evidente che alcuna rilevanza può spiegare la documentazione prodotta, relativa alla procura a vendere la propria casa rilasciata dal COGNOME, rispetto all’affermazione della sua responsabilità penale per i reati ascritti, trattandosi di un mero motivo di fat avuto di mira dall’agente (ex ceteris, Sez. 6, n. 35277 del 20/10/2020, Rv. 280166 – 01).
Il secondo motivo è anch’esso inammissibile.
La sentenza impugnata ha invero posto congruamente in rilievo, con una motivazione che diviene in parte qua insuscettibile di sindacato in questa sede di legittimità, per quanto evidenziato sub § 1.2., che l’attività del COGNOME, finalizzat al reperimento di risorse in nero per il pagamento dei lavoratori, in modo da realizzare il complessivo meccanismo fraudolento era proprio una delle attività
tipica connotanti le modalità operative dell’associazione, dacché, logicamente, la decisione della Corte d’Appello di Milano ne ha dedotto il ruolo gestorio svolto dall’imputato.
D’altra parte, è emerso, come ha parimenti rilevato la decisione censurata, che egli svolgeva, insieme al COGNOME, un vero e proprio ruolo propulsivo, sia al fine di risolvere le problematiche relative ai pagamenti sia per superare le “frizioni” con altri soggetti.
4.11 terzo motivo è incomprensibile, in quanto la decisione impugnata ha già riconosciuto, nel § 5.2.5.3., che l’imputato non ha alcuna responsabilità per la condotta di cui al capo H punto 3, ossia l’operazione dolosa afferente la simulazione di crediti tributari in capo a RAGIONE_SOCIALE per quasi nove milioni di euro, trattandosi di operazione avvenuta in data 30 giugno 2017, mediante l’apporto decisivo del nuovo consulente COGNOME, quando il COGNOME, già dalla data del 7 ottobre 2014, non aveva più alcun incarico amministrativo nella società.
5.11 quinto motivo deve essere anch’esso dichiarato inammissibile poiché non si confronta con la motivazione della decisione impugnata, laddove ha posto in rilievo che alcun elemento conducente per escludere la responsabilità del COGNOME potrebbe desumersi da un’intercettazione tra il COGNOME e l’investigatore privato, trattandosi, secondo l’interpretazione non manifestamente irragionevole compiuta dalla Corte territoriale ritraibile da detta motivazione, di una captazione volta non già a calunniare l’imputato, bensì a dirottare le indagini, per distrarr le autorità dal COGNOME, sullo stesso e sul CAPUANA che da tempo non operavano più con il COGNOME (pag. 63).
E, come noto, in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicit ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (tra le altre, in forza dei principi enunciati da Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337 – 01).
6. Alla dichiarazione di inammissibilità di tutti i motivi proposti segue l condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
COGNOME
D
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 5 giugno 2024 Il Consigliere Estensore COGNOME
Il Presidente