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Ricorso inammissibile: Cassazione su art. 388 c.p.

Un soggetto, condannato per il reato di cui all’art. 388 c.p., ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione lamentando la dosimetria della pena e il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi generici e volti a una non consentita rivalutazione dei fatti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma la condanna ex art. 388 c.p.

Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sulla tecnica di redazione dei ricorsi e sui limiti del giudizio di legittimità. Il caso analizzato riguarda una condanna per il reato previsto dall’art. 388 del codice penale, ovvero la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando principi procedurali fondamentali che ogni difensore deve conoscere. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Processo: Dalla Condanna all’Impugnazione

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Brescia. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 388 c.p. per non aver ottemperato a un ordine giudiziario. Non accettando la decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, affidando le sue speranze di riforma della sentenza a due specifici motivi.

Il primo motivo di doglianza riguardava la dosimetria della pena, ritenuta eccessiva. Il secondo, invece, contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, un istituto che esclude la sanzione penale quando l’offesa è di minima entità.

L’Esame della Cassazione e le ragioni del ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti, ha concluso per la manifesta inammissibilità del ricorso. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate (la pena era giusta? la tenuità del fatto andava riconosciuta?), ma si ferma a un livello precedente, quello dei requisiti formali e sostanziali dell’impugnazione. La Corte ha individuato due vizi capitali nei motivi presentati.

La Genericità dei Motivi

In primo luogo, i motivi sono stati giudicati generici. Questo significa che il ricorrente non ha sviluppato un confronto critico e specifico con la motivazione della sentenza d’appello. In pratica, non è sufficiente lamentare una pena troppo alta o il mancato riconoscimento di un’esimente; è necessario spiegare perché la decisione del giudice di merito è errata in diritto, dialogando puntualmente con le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato. Un’impugnazione che non lo fa è considerata astratta e, quindi, inammissibile.

Il Tentativo di Rivalutazione dei Fatti

In secondo luogo, la Corte ha rilevato che i motivi, nella loro sostanza, miravano a ottenere una diversa valutazione delle prove e una ricostruzione dei fatti alternativa a quella operata dai giudici di merito. Questo è un errore cruciale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ripresentare le prove e ridiscutere i fatti. Il suo compito è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione (giudizio di legittimità), non di stabilire come sono andate le cose (giudizio di merito).

Le Motivazioni

La motivazione dell’ordinanza è chiara e didattica. La Corte ribadisce che il ricorso per cassazione deve rispettare rigorosi canoni di specificità. I motivi non possono essere una semplice riproposizione di argomenti già spesi nei gradi di merito, né possono limitarsi a una critica generica della decisione impugnata. È indispensabile che il ricorrente individui con precisione l’errore di diritto commesso dal giudice precedente e ne dimostri l’incidenza sulla decisione finale.

La Corte sottolinea come, nel caso di specie, il ricorso si sia allontanato da questi principi, tentando di sollecitare una nuova e non consentita valutazione del materiale probatorio. Dichiarando il ricorso inammissibile, la Cassazione ha quindi applicato un principio cardine del nostro ordinamento processuale, preservando la propria funzione di giudice della legittimità e non dei fatti.

Le Conclusioni

La decisione in esame ha importanti implicazioni pratiche. Anzitutto, conferma che la redazione di un ricorso per cassazione richiede una tecnica giuridica raffinata e un’attenta analisi della sentenza impugnata. In secondo luogo, serve da monito sulle conseguenze di un’impugnazione inammissibile: oltre alla conferma definitiva della condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questo sottolinea come un’impugnazione presentata senza i dovuti requisiti non solo è inutile, ma comporta anche un significativo onere economico.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano, da un lato, generici, in quanto non si confrontavano specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, e, dall’altro, miravano a una nuova valutazione delle prove e a una diversa ricostruzione dei fatti, attività non consentita nel giudizio di legittimità.

Quali erano i motivi del ricorso presentati dall’imputato?
Il ricorrente aveva impugnato la sentenza di condanna lamentando due aspetti: la dosimetria della pena, ritenuta eccessiva, e il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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