Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i suoi limiti
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, ribadendo che un ricorso inammissibile non può servire a ottenere una terza valutazione dei fatti già esaminati nei precedenti gradi di giudizio. La decisione analizza il caso di un individuo condannato per la violazione degli obblighi di sorveglianza speciale, la cui richiesta di riesame nel merito è stata fermamente respinta.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna a un anno di reclusione inflitta a un soggetto per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del d.lgs. 159/2011. Il fatto contestato risale al 7 giugno 2016, quando, durante un controllo di polizia effettuato alle ore 21:15, l’imputato non è stato trovato nella sua abitazione, violando così gli obblighi imposti dalla misura di sorveglianza a cui era sottoposto. Gli agenti di polizia avevano suonato il citofono del suo appartamento per circa mezz’ora, senza ricevere alcuna risposta.
La condanna, inizialmente pronunciata dal Tribunale di Imperia, era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Genova con sentenza del 10 ottobre 2023.
Il ricorso inammissibile in Cassazione
Contro la decisione della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha osservato che le doglianze sollevate non criticavano la violazione di specifiche regole logiche o giuridiche nel ragionamento del giudice, ma miravano, di fatto, a un completo riesame della vicenda processuale. L’obiettivo del ricorrente era quello di ottenere una nuova valutazione delle prove, in particolare mettendo in discussione l’accertamento della sua assenza dall’abitazione.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di un principio consolidato: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non rivalutare le prove. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il compendio probatorio, basato sulle dichiarazioni dei militari che avevano effettuato il controllo, fosse ‘univocamente orientato in senso sfavorevole’ all’imputato. L’assenza dall’abitazione era stata accertata in modo inequivocabile e la Corte d’Appello aveva valutato i fatti nel pieno rispetto delle regole della logica e delle risultanze processuali.
La richiesta del ricorrente, pertanto, si configurava come un tentativo di sovrapporre la propria interpretazione dei fatti a quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito, una pretesa che esula dalle competenze della Corte di Cassazione.
Le conclusioni
La decisione in esame ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma la definitività della condanna. In secondo luogo, a seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo provvedimento serve da monito: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su vizi di legittimità concreti e specifici, e non può essere utilizzato come un pretesto per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, che resta di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare violazioni di legge o vizi logici nella motivazione della sentenza, chiedeva un riesame dei fatti e una nuova valutazione delle prove, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Qual era il reato per cui l’imputato era stato condannato?
L’imputato era stato condannato per la violazione degli obblighi derivanti dalla misura di sorveglianza speciale, come previsto dall’art. 75, comma 2, del d.lgs. 159/2011, per non essere stato trovato presso la sua abitazione durante un controllo delle forze dell’ordine.
Quali sono state le conseguenze economiche della decisione per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20277 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20277 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SANREMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
EsamiNOME il ricorso proposto avverso la sentenza del 10 ottobre 2023, con la quale la Corte di appello di Genova confermava la decisione impugnata, con cui NOME COGNOME era stato condanNOME alla pena di un anno di reclusione per il reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, accertato a RAGIONE_SOCIALE il 7 giugno 2016.
Ritenuto che il ricorso in esame, pur denunziando violazione di legge e vizio di motivazione, non critica la violazione di specifiche regole inferenziali, preposte alla formazione del convincimento del giudice, ma, postulando indimostrate carenze motivazionali della sentenza impugnata, chiede il riesame nel merito della vicenda processuale, che risulta vagliato dalla Corte di appello di Genova nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali (tra le altre, Se 1, n. 46566 del 21/02/2017, NOME., Rv. 271227 – 01; Sez. 2, n. 9242 dell’08/02/2013, Reggio, Rv. 254988 – 01).
Ritenuto che il compendio probatorio acquisito, tenuto conto degli accertamenti investigativi svolti nell’immediatezza dei fatti – sui quali, davanti Tribunale di Imperia, riferivano i militari della Compagnia RAGIONE_SOCIALE – risultava univocamente orientato in senso sfavorevole alla posizione processuale di NOME COGNOME, non potendosi dubitare dell’assenza dalla sua abitazione durante il controllo eseguito il 7 giugno 2016, alle ore 21.15, nel corso del quale gli operatori di polizia suonavano il citofono dell’appartamento dell’imputato per circa mezz’ora, senza ottenere risposta.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2024.