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Ricorso inammissibile Cassazione: la rilettura dei fatti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, confermando la condanna per violenza a pubblico ufficiale. La decisione si basa sull’impossibilità per la Suprema Corte di riesaminare le prove e i fatti già valutati dalla Corte d’Appello, ribadendo che il suo compito è verificare solo la corretta applicazione della legge.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile in Cassazione: Quando la rilettura dei fatti non è consentita

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: la Suprema Corte non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Con la dichiarazione di un ricorso inammissibile in Cassazione, viene confermata la condanna di un imputato, chiarendo perché le censure basate su una diversa interpretazione delle prove non possono trovare accoglimento.

Il caso: dalla condanna in Appello al ricorso in Cassazione

Il ricorrente, già condannato dalla Corte d’Appello di Roma per reati tra cui quello previsto dall’art. 336 del codice penale (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Attraverso cinque motivi di ricorso, l’imputato ha tentato di contestare la sentenza di secondo grado, proponendo una ricostruzione dei fatti diversa e alternativa rispetto a quella accertata dai giudici di merito.

L’obiettivo della difesa era quello di smontare l’impianto accusatorio, sostenendo una lettura degli elementi probatori più favorevole. Tuttavia, come vedremo, questa strategia si è scontrata con i limiti strutturali del giudizio di Cassazione.

I motivi del ricorso inammissibile in Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato i motivi del ricorso, concludendo per la loro totale inammissibilità. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi interconnessi: il divieto di una nuova valutazione dei fatti e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Il divieto di una nuova valutazione dei fatti

Il punto centrale della decisione è che i motivi presentati dall’imputato non contestavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma miravano a ottenere una ‘non consentita rilettura degli elementi probatori’. In altre parole, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di fare ciò che non può fare: riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Il ruolo della Cassazione è, infatti, quello di ‘giudice della legge’, non del fatto.

La logicità della motivazione della Corte d’Appello

I giudici di legittimità hanno osservato come la Corte d’Appello fosse giunta alla sua decisione attraverso una valutazione globale di tutte le prove acquisite. La sentenza impugnata presentava un ‘puntuale e logico apparato argomentativo’, immune da censure in sede di legittimità. La Corte territoriale aveva correttamente individuato la presenza di tutti i presupposti del reato contestato, incluso l’elemento psicologico, e aveva motivato adeguatamente sull’assenza dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 393-bis cod. pen. (reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale).

Le motivazioni della Suprema Corte

Sulla base di queste premesse, la Corte di Cassazione ha rilevato che il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile. Le censure dell’imputato, seppur articolate, non si ‘misuravano realmente’ con le prove e le valutazioni di merito ampiamente scrutinate dalla Corte d’Appello. Proporre una ricostruzione alternativa della vicenda criminosa non è sufficiente per ottenere l’annullamento di una sentenza se la motivazione di quest’ultima è logica, coerente e completa.

Le conclusioni: le conseguenze della decisione

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato conseguenze significative per il ricorrente. In primo luogo, la condanna inflitta dalla Corte d’Appello è diventata definitiva. In secondo luogo, come previsto dalla legge in questi casi, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Infine, è stato condannato a versare una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che si aggiunge alle spese per aver introdotto un ricorso giudicato privo dei requisiti per essere esaminato nel merito. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui il ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise violazioni di legge e non può trasformarsi in un pretesto per un terzo grado di giudizio sui fatti.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure proposte dal ricorrente non denunciavano vizi di legittimità, ma miravano a una nuova e non consentita valutazione delle prove e a una ricostruzione alternativa dei fatti, attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione.

Cosa significa che la Cassazione non può effettuare una ‘rilettura degli elementi probatori’?
Significa che la Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto (controllo di legittimità) e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, ma non può riesaminare le prove (come testimonianze o documenti) per dare un proprio giudizio sui fatti del caso. Questo compito spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (giudizio di merito).

Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Le conseguenze sono tre: la sentenza di condanna della Corte d’Appello diventa definitiva; il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali; il ricorrente è condannato al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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