Ricorso inammissibile in Cassazione: quando la riproposizione dei motivi non basta
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del processo penale: il Ricorso inammissibile Cassazione è la conseguenza diretta della mera riproposizione di motivi già esaminati e respinti nei gradi di merito. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e le conseguenze di un’impugnazione non fondata su vizi di legge specifici.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello di Napoli. L’imputato, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione di condanna, portando le proprie doglianze dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione. I motivi del ricorso si concentravano, in particolare, sulla valutazione delle prove, come il riconoscimento fotografico, e sulla contestazione della recidiva.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con ordinanza del 22 aprile 2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Tale decisione non è entrata nel merito delle questioni sollevate, ma si è fermata a un vaglio preliminare sulla loro ammissibilità. La conseguenza diretta di questa declaratoria, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la Funzione del Giudizio di Legittimità
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni addotte dalla Corte. I giudici hanno chiarito che il ricorso era inammissibile perché i motivi proposti non erano altro che una riproduzione di censure già adeguatamente vagliate e disattese dai giudici di merito. In altre parole, il ricorrente non ha sollevato vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma ha tentato di ottenere una terza valutazione dei fatti, cosa preclusa in sede di Cassazione.
La Corte ha specificato che le argomentazioni della Corte d’Appello erano:
* Giuridicamente corrette: conformi alle norme di legge.
* Puntuali: rispondevano in modo specifico alle obiezioni difensive.
* Coerenti: prive di contraddizioni interne o manifeste incongruenze logiche.
In particolare, la Cassazione ha sottolineato come le questioni relative al “rilievo probatorio da ascrivere al riconoscimento fotografico” e al “giudizio speso in relazione alla contestata e ritenuta recidiva” fossero state trattate in modo esauriente e logico nel precedente grado di giudizio. Tentare di rimetterle in discussione senza evidenziare un errore di diritto o un vizio logico manifesto si traduce in un ricorso inammissibile in Cassazione.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un concetto cruciale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. La sua funzione è quella di assicurare l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. Pertanto, un ricorso che si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte, senza individuare specifici vizi nella sentenza impugnata (come violazione di legge o vizio di motivazione), è destinato all’inammissibilità. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che l’atto di appello alla Suprema Corte deve essere redatto con estrema perizia tecnica, concentrandosi esclusivamente sui profili di legittimità e non sulla speranza di un riesame del merito. In caso contrario, il risultato sarà non solo la conferma della decisione precedente, ma anche un’ulteriore condanna economica.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non rispetta i requisiti di legge. In questo caso specifico, perché i motivi presentati erano una mera ripetizione di argomentazioni già esaminate e respinte correttamente dai giudici dei gradi precedenti, senza sollevare nuove questioni sulla corretta applicazione della legge.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la somma era di 3.000 euro.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove come un riconoscimento fotografico?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può riesaminare le prove o rivalutare i fatti, come un riconoscimento fotografico. Il suo compito è verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e che la loro motivazione sia logica e non contraddittoria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24034 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24034 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
/
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti d legge in sede di legittimità in quanto meramente riproduttivi di profili di censur adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito con argomenti giuridicamente corret puntuali rispetto al portato delle doglianze difensive, coerenti con riguardo alle emerge acquisite oltre che immuni da manifeste incongruenze logiche così da rendere il relativo giudizi di merito non censurabile in questa sede con riguardo al rilievo probatorio da ascrivere ne specie al riconoscimento fotografico’ dell’imputato ( pag. 4, dal secondo capoverso) nonché a giudizio speso in relazione alla contestata e ritenuta recidiva (pag. 5, primo capoverso)
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. peri.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 22 aprile 2024.