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Ricorso inammissibile Cassazione: i motivi di fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per violazioni del Codice della Strada. La decisione si fonda sul principio che il ricorso per cassazione non può basarsi su doglianze di fatto, ma solo su questioni di diritto. L’impugnazione è stata giudicata generica e priva di una critica puntuale alla sentenza d’appello, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando le Doglianze si Scontrano con i Limiti del Giudizio

L’ordinanza della Corte di Cassazione Penale, Sezione VII, n. 23119 del 2024, offre un chiaro esempio di come un’impugnazione possa naufragare di fronte ai paletti procedurali del giudizio di legittimità. Il caso in esame, relativo a una condanna per reati previsti dal Codice della Strada, si conclude con una declaratoria di ricorso inammissibile, una decisione che sottolinea la netta distinzione tra questioni di fatto, non rivalutabili in Cassazione, e questioni di diritto. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per comprendere meglio i confini del ricorso in Cassazione.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna alla Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Firenze. L’imputato era stato ritenuto colpevole per la violazione dell’articolo 189, commi 6 e 7, del Codice della Strada, reati comunemente noti come omissione di soccorso e fuga dopo un incidente. Nella sentenza, era stata considerata anche la recidiva, bilanciata però con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in termini di equivalenza.

Non soddisfatto della decisione di secondo grado, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, cercando di ottenere l’annullamento della condanna.

La Valutazione della Cassazione sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha ritenuti non idonei a superare il vaglio di ammissibilità. La ragione fondamentale risiede nella natura stessa delle censure mosse dal ricorrente. Secondo i giudici, il ricorso era basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità, come previsto dall’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale.

In sostanza, la difesa non ha sollevato questioni relative a una presunta violazione di legge da parte della Corte d’Appello, ma ha presentato “doglianze in fatto”. Ha cioè tentato di sottoporre alla Cassazione una riconsiderazione delle prove e della ricostruzione degli eventi, un’attività che è preclusa in questa sede. Il giudizio di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di merito, ma serve a garantire l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge.

Genericità delle Censure e Mancanza di Analisi Critica

Un altro punto cruciale evidenziato dalla Corte è la genericità e l’aspecificità delle critiche mosse alla sentenza impugnata. I giudici hanno richiamato consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui un atto di impugnazione, per essere ammissibile, deve contenere un’analisi critica e argomentata delle ragioni esposte nella decisione che si contesta. Nel caso di specie, il ricorso si è limitato a riproporre questioni già valutate e respinte dai giudici di merito, senza confrontarsi specificamente con la motivazione della Corte d’Appello, che aveva sottolineato la personalità negativa dell’imputato per giustificare il giudizio sulla recidiva.

le motivazioni

La motivazione della Corte Suprema si fonda su un pilastro del nostro sistema processuale: la netta separazione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia vizi di legge o vizi logici della motivazione, non se mira a una nuova valutazione dei fatti. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione coerente riguardo alla personalità dell’imputato e alla gestione delle circostanze attenuanti e aggravanti. Le lamentele della difesa, essendo di natura fattuale e non specificamente critiche verso questa motivazione, non potevano trovare accoglimento. Pertanto, il ricorso inammissibile è stata la conseguenza diretta di un’impostazione errata dell’atto di impugnazione.

le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. È fondamentale che i motivi di ricorso siano rigorosamente incentrati su questioni di diritto, evidenziando in modo chiaro e specifico dove e perché la corte di merito avrebbe sbagliato nell’applicare la legge. Tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti si traduce inevitabilmente in una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come accaduto nel caso di specie, dove il ricorrente è stato condannato al pagamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità, ovvero su “doglianze in fatto” anziché su questioni di diritto. Inoltre, le critiche alla sentenza d’appello sono state ritenute generiche e non specifiche.

Cosa significa che il ricorso era basato su “doglianze in fatto”?
Significa che il ricorrente non contestava una violazione della legge da parte dei giudici precedenti, ma chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare e rivalutare le prove e la ricostruzione degli eventi. Questa attività è riservata ai giudici di primo e secondo grado e non è consentita in Cassazione.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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