Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare le prove
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del giudizio di legittimità, confermando che non è possibile chiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove già esaminate nei gradi di merito. Il caso in esame ha portato a dichiarare un ricorso inammissibile, fornendo importanti spunti sul ruolo della Cassazione e sui motivi che possono essere validamente proposti.
I Fatti del Caso
Una persona, condannata in primo e secondo grado per il reato di rapina aggravata in concorso con altri, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. I motivi del ricorso erano principalmente due:
1. Illogicità della motivazione: La ricorrente contestava la dichiarazione di responsabilità, sostenendo che i giudici di merito avessero interpretato erroneamente le prove a carico, in particolare il contenuto di alcune intercettazioni ambientali. In sostanza, si proponeva una lettura alternativa dei fatti.
2. Errore nella determinazione della pena: Si lamentava un errore nella quantificazione della sanzione, ritenuta sproporzionata e basata su un’errata individuazione della forbice edittale applicabile al tempo del reato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso totalmente inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale, ribadendo la netta distinzione tra il giudizio di merito (svolto da Tribunale e Corte d’Appello) e il giudizio di legittimità (proprio della Cassazione).
Le Motivazioni: i limiti della Cassazione su un ricorso inammissibile
La Corte ha analizzato separatamente i due motivi, spiegando nel dettaglio le ragioni dell’inammissibilità.
Per quanto riguarda il primo motivo, relativo alla valutazione delle prove, i giudici hanno sottolineato che alla Corte di Cassazione è precluso non solo ‘sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi’, ma anche ‘saggiare la tenuta logica della pronuncia’ confrontandola con altri possibili modelli di ragionamento. Citando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (la n. 12 del 2000), la Corte ha ribadito che non può trasformarsi in un ‘terzo grado di merito’. Il suo compito è verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia esente da vizi logici evidenti e contraddizioni, non quello di scegliere tra diverse possibili interpretazioni delle prove. Nel caso specifico, la motivazione dei giudici di merito è stata ritenuta logica e coerente.
Anche il secondo motivo, relativo alla pena, è stato giudicato ‘manifestamente infondato’. La Corte ha spiegato che il giudice non è obbligato ad applicare sempre il minimo della pena previsto dalla legge. Nel caso in esame, lo scostamento dal minimo era stato modesto e, soprattutto, la Corte d’Appello aveva motivato in modo congruo la sua decisione, facendo riferimento ai criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che guidano il giudice nella commisurazione della pena (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, ecc.).
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante per chi intende presentare ricorso in Cassazione. Dimostra che non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione delle prove fatta dai giudici di primo e secondo grado per ottenere un annullamento della sentenza. Il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi specifici, come la violazione di una legge o una motivazione manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Tentare di ottenere dalla Suprema Corte una ‘nuova lettura’ dei fatti porta inevitabilmente a un ricorso inammissibile, con la conseguenza non solo della conferma della condanna, ma anche dell’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come le intercettazioni, e dare una valutazione diversa da quella dei giudici precedenti?
No. Basandosi su questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito che il suo compito non è quello di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito, ma solo di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Se un imputato ritiene che la pena inflitta sia troppo alta, può sempre contestarla in Cassazione?
Si può contestare la pena, ma solo se la motivazione del giudice è mancante, illogica o contraddittoria riguardo ai criteri di commisurazione. In questo caso, il ricorso è stato dichiarato infondato perché i giudici avevano adeguatamente motivato la congruità della sanzione, anche se non si erano attenuti al minimo previsto dalla legge.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Come stabilito in questo caso, la persona che ha proposto il ricorso viene anche condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44847 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44847 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESAGNE il 06/06/1988
avverso la sentenza del 13/12/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la dichiarazione di responsabilità pe reato di cui agli artt. 110 e 628, commi 1 e 3, cod. pen., denunciando la illogicità motivazione sulla base della diversa lettura dei dati processuali e di un diverso giudizi rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova quali, nel caso di specie, il con delle intercettazioni ambientali, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a que compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata al sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/ Jakani, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragio suo convincimento (cfr. pp. 3-6, anche in relazione alla velleitaria ritrattazione), fa applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità sussistenza del reato;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che postula un errore in primo grado, non sanato in appello, in ordine all’individuazione della forbice edittale applicabile ratione temporis, è manifestamente infondato, poiché il Tribunale non doveva necessariamente appiattirsi sul minimo edittale (e se ne è discostato in misura minima) e la Corte di appello ha condiviso congruità del trattamento sanzionatorio, motivando argomentatamente, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen (si veda, in particolare pag. 6 della sentenza impugnat rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 29/10/2024