Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Rientra nel Merito
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, un esito processuale che si verifica quando un’impugnazione non supera il vaglio preliminare della Corte di Cassazione. Questo accade spesso quando i motivi presentati non denunciano un errore di diritto, ma tentano di ottenere una nuova valutazione dei fatti, un’attività preclusa al giudice di legittimità. Analizziamo come la Suprema Corte ha applicato questo principio in un caso di spaccio di sostanze stupefacenti.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna all’Appello
La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Tribunale, parzialmente riformata dalla Corte di Appello. Quest’ultima, pur concedendo le circostanze attenuanti generiche, aveva condannato un soggetto per il reato di cui all’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti. La pena era stata rideterminata in quattro anni di reclusione e 18.000,00 euro di multa. Inoltre, la Corte territoriale aveva modificato le pene accessorie, sostituendo l’interdizione perpetua dai pubblici uffici con una temporanea di cinque anni e revocando l’interdizione legale.
Il Ricorso alla Suprema Corte
L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione in relazione all’articolo 192, comma 2, del codice di procedura penale, che disciplina la valutazione della prova. In sostanza, la difesa contestava il modo in cui i giudici di merito avevano interpretato e valutato gli elementi probatori a carico del suo assistito.
Le Motivazioni della Cassazione: Perché il ricorso inammissibile è stato dichiarato
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per la sua manifesta genericità. Secondo i giudici, le argomentazioni della difesa, pur presentate come un vizio di legittimità, miravano in realtà a sollecitare una diversa ricostruzione e valutazione del fatto. Questo tipo di richiesta esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione, che ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di riesaminare il merito della vicenda.
La Corte ha sottolineato che la motivazione della sentenza d’appello era ‘congrua e adeguata’, priva di vizi logici e basata su corretti criteri di inferenza e ‘condivisibili massime di esperienza’. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la decisione non si fondava sull’assenza di prove a discolpa, ma su un’attenta analisi delle emergenze processuali. Queste ultime avevano rivelato l’univocità degli elementi a carico dell’imputato, osservato mentre compiva l’attività di spaccio insieme ad altri e indicato come figura centrale, in quanto unico a conoscere il nascondiglio della droga.
Le Conclusioni: I Limiti del Giudizio di Legittimità
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Un ricorso, per essere ammissibile, deve individuare errori specifici nell’applicazione delle norme giuridiche o palesi illogicità nel percorso argomentativo della sentenza impugnata. Non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La dichiarazione di ricorso inammissibile non solo conferma la condanna, ma comporta anche l’addebito delle spese processuali e il versamento di una somma alla Cassa delle ammende, a sanzione di un’impugnazione ritenuta infondata sin dal principio.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano generici e, invece di contestare violazioni di legge o vizi logici della motivazione, chiedevano una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Su quali elementi si basava la condanna confermata dalla Corte d’Appello?
La condanna si basava su un’attenta analisi delle prove processuali che dimostravano in modo univoco il coinvolgimento dell’imputato nell’attività di spaccio. In particolare, è stato evidenziato il suo pieno coinvolgimento e il suo ruolo centrale, essendo l’unico a conoscere il luogo dove era nascosta la sostanza stupefacente.
Cosa significa che la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito?
Significa che il suo compito non è stabilire come si sono svolti i fatti (giudizio di merito), ma controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le leggi e abbiano giustificato la loro decisione con una motivazione logica e non contraddittoria (giudizio di legittimità).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28741 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28741 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ROMA il 31/05/1978
avverso la sentenza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Roma il 25 gennaio 2024, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME Sandro in quella di anni 4 di reclusione ed euro 18.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; ha sostituito la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea per 5 anni e ha revocato l’interdizione legale. L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 192, co.2, cod. proc. pen.
Il ricorso è inammissibile.
Le deduzioni sviluppate dalla difesa nel motivo unico proposto si appalesano del tutto generiche. Inoltre, dietro l’apparente prospettazione del vizio di legittimità, sollecitano una diversa ricostruzione e valutazione del fatto, nonché un diverso apprezzamento del materiale probatorio, investendo profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in u ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza
Contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, la motivazione che sorregge la decisione non è incentrata sull’assenza di elementi a discolpa forniti dall’imputato, ma su una attenta analisi delle emergenze processuali, che hanno rivelato l’univocità degli elementi a carico del ricorrente, osservato dagli operanti nel compimento dell’attività di spaccio della sostanza stupefacente unitamente agli altri originari coimputati (si vedano pag. 2 e 3 della sentenza impugnata, in cui i giudici evidenziano il pieno coinvolgimento del COGNOME, già noto alle Forze dell’ordine, nella detenzione e cessione della sostanza stupefacente e la sua centralità nella vicenda, in quanto unico a conoscenza del luogo dove era nascosta la droga).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 24 giugno 2025.