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Ricorso inammissibile: Cassazione e tentata estorsione

Due soci, condannati per tentata estorsione ai danni di un terzo socio per costringerlo a cedere le proprie quote, hanno presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, poiché le doglianze erano generiche e miravano a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La sentenza ribadisce la distinzione tra estorsione, caratterizzata da un ingiusto profitto, e l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, che presuppone una pretesa giuridicamente tutelabile.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione non Supera il Vaglio di Legittimità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19924 del 2024, ha fornito un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, dichiarando un ricorso inammissibile presentato da due imputati condannati per tentata estorsione aggravata. Questa pronuncia chiarisce perché non è possibile utilizzare l’ultimo grado di giudizio per tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove, ribadendo la natura e la funzione della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Tentata Estorsione tra Soci

La vicenda giudiziaria ha origine da una disputa tra soci. Due di essi sono stati condannati in primo grado e in appello per aver tentato di costringere, con minacce, un terzo socio a cedere le proprie quote societarie. La Corte di Appello di Milano aveva parzialmente riformato la prima sentenza, riqualificando uno dei fatti contestati nel reato di tentata estorsione aggravata e confermando pene detentive e pecuniarie per entrambi gli imputati.

I Motivi del Ricorso: Tra Riqualificazione del Reato e Vizi di Motivazione

Attraverso i rispettivi difensori, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni. In sintesi, le loro difese si basavano sui seguenti punti:

* Errata valutazione delle prove: Si sosteneva che le corti di merito avessero interpretato erroneamente il contenuto delle intercettazioni e le testimonianze, attribuendo un significato minatorio a espressioni che, a dire della difesa, erano semplici “vanterie” prive di riscontro.
* Mancata riqualificazione del reato: Gli imputati chiedevano che il fatto fosse riqualificato come violenza privata o, in subordine, come esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.). Sostenevano di agire sulla base di una legittima pretesa, ovvero l’acquisto delle quote di un socio, e non per ottenere un “ingiusto profitto”.
* Vizi di motivazione e violazione del principio “oltre ogni ragionevole dubbio”: Si lamentava una motivazione illogica e contraddittoria, fondata su presunzioni non riscontrate.

La Posizione della Difesa sull’Esercizio Arbitrario delle Proprie Ragioni

Un punto centrale dell’argomentazione difensiva era la richiesta di derubricare il reato a esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Secondo questa tesi, gli imputati non miravano a un profitto ingiusto, ma a esercitare un diritto che ritenevano di avere nei confronti del socio, in particolare dopo una delibera assembleare che ne aveva disposto l’estromissione.

Le Motivazioni della Cassazione: Il Ricorso Inammissibile e i Suoi Confini

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le argomentazioni, dichiarando entrambi i ricorsi inammissibili. Le motivazioni della decisione sono nette e si fondano su principi cardine del processo penale.

La Corte ha innanzitutto chiarito che i motivi presentati erano “aspecifici” e “reiterativi” di doglianze già esaminate e respinte dalla Corte di Appello. Essi, inoltre, si risolvevano in una richiesta di nuova valutazione del materiale probatorio, un’attività che esula completamente dai poteri della Cassazione. Il giudizio di legittimità, infatti, non è un terzo grado di merito dove si possono riesaminare fatti e prove, ma una sede in cui si valuta esclusivamente la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

La Distinzione tra Estorsione ed Esercizio Arbitrario

La Suprema Corte ha confermato la correttezza della qualificazione giuridica del fatto come tentata estorsione. I giudici hanno ribadito il consolidato principio secondo cui il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni sussiste solo quando la condotta è fondata su una “legittima pretesa creditoria”. Nel caso di specie, invece, è stato accertato che gli imputati agivano per ottenere un “ingiusto vantaggio patrimoniale”, elemento costitutivo del delitto di estorsione, e non per tutelare un diritto preesistente.

Conclusioni: Le Implicazioni della Pronuncia

Questa sentenza è un chiaro monito sull’importanza di strutturare un ricorso per cassazione su censure di legittimità e non di merito. Tentare di convincere la Suprema Corte a “rileggere” le prove o a scegliere una ricostruzione dei fatti diversa da quella, logicamente motivata, dei giudici di appello è una strategia destinata al fallimento. La decisione di inammissibilità e la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria sottolineano come il ricorso inammissibile non sia solo un’occasione mancata, ma anche un esito con conseguenze economiche per chi lo propone senza rispettare i limiti imposti dalla legge.

Perché il ricorso degli imputati è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure erano generiche, ripetitive di argomenti già respinti in appello e, soprattutto, miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti. Questa attività è preclusa alla Corte di Cassazione, il cui compito è limitato a un giudizio di legittimità sulla corretta applicazione della legge.

Qual è la differenza tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni secondo la Corte?
La differenza fondamentale risiede nella natura della pretesa. L’esercizio arbitrario delle proprie ragioni presuppone l’esistenza di un diritto giuridicamente tutelabile che l’agente cerca di far valere da sé. L’estorsione, invece, è caratterizzata dalla volontà di conseguire un “ingiusto profitto”, ovvero un vantaggio non dovuto, attraverso minaccia o violenza.

Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove come le intercettazioni o le testimonianze?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito le prove. Il suo ruolo non è quello di un terzo giudice di merito. Può solo verificare se i giudici dei gradi precedenti abbiano valutato le prove in modo logico, coerente e senza violare la legge, ma non può sostituire la propria valutazione a quella espressa nella sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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