Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19924 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19924 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COMITO NOME COGNOME nato a Vibo Valentia il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a Molfetta il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2023 della Corte di Appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi e le conclusioni depositate dalle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
udite le conclusioni del difensore del ricorrente COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME, a mezzo dei rispettivi difensori, propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza del 3 luglio 2023 con la quale la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa, in data 10 febbraio 2022, dal Tribunale di Pavia, ha condannato il primo
alla pena di anni 3, mesi 6 di reclusione ed euro 1.500,00 di multa ed il secondo alla pena di anni 3, mesi 4 di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, previa riqualificazione del fatto descritto nel capo B) nel reato di tentata estorsione aggravata.
Il ricorrente COGNOME, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 187, 192 e 546 cod. proc. pen. nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo B).
La Corte territoriale avrebbe fondato la condanna esclusivamente sul contenuto delle conversazioni intercettate, senza tenere conto del fatto che le espressioni pronunciate dal COGNOME sarebbero mere vanterie pronunciate con tono goliardico e prive di alcun riscontro logico-probatorio.
La difesa ha, in proposito, evidenziato che la stessa persona offesa non ricorda di essere stato minacciato e che il testimone oculare COGNOME ha riferito di non aver assistito ad alcuna condotta minatoria.
I giudici di merito, limitandosi a sottolineare che il COGNOME non si è costituito parte civile, non avrebbero valutato adeguatamente l’attendibilità della persona offesa; in particolare non avrebbero valutato che il COGNOME è stato coinvolto in una vicenda giudiziaria inerente allo sfruttamento della prostituzione e che i suoi soci ritenevano i suoi comportamenti poco trasparenti.
Il ricorrente COGNOME, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 187, 192 e 546 cod. proc. pen. nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo A).
La difesa ha rimarcato che le dichiarazioni della persona offesa sarebbero prive di riscontri ed incompatibili con quanto dichiarato dal teste di p.g. COGNOME, il quale ha riferito che, durante il periodo di monitoraggio, la persona offesa avrebbe avuto contatti solo con l’imputato NOME COGNOME.
Il ricorrente COGNOME, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 610 e 629 cod. pen. nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto descritto nel capo B) nel reato di violenza privata.
Gli imputati erano, infatti, legittimamente spinti dalla volontà di acquistare la quota del COGNOME con conseguente carenza dell’elemento costitutivo dell’ingiusto profitto con altrui danno.
Il ricorrente COGNOME, con il quarto motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 393 e 629 cod. pen. nonché contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione in ordine alla mancata riqualificazione dei fatti nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Relativamente al capo A), le condotte poste in essere dagli imputati sarebbero fondate sul convincimento di esercitare un proprio diritto e, quindi, inidonee a perfezionare gli elementi costitutivi del reato di estorsione. Secondo la difesa, peraltro, mancherebbe la prova che gli imputati “volessero truffare o acquistare ad un prezzo maggiore rispetto al dovuto” (vedi pag. 8 del ricorso).
Relativamente al capo B) è stato affermato che il COGNOME avrebbe “avanzato una legittima richiesta ovvero quella di acquisto e/o cessione di quote da parte di un socio, nei confronti di un altro socio” (vedi pag. 8 del ricorso).
Il ricorrente COGNOME, con il quinto motivo di impugnazione, lamenta la violazione GLYPH del GLYPH principio GLYPH dell’oltre GLYPH ogni GLYPH ragionevole GLYPH dubbio GLYPH nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità in quanto la deliberazione sarebbe fondata su presunzioni non riscontrate che si presterebbero letture diverse e tra loro incompatibili.
Il ricorrente COGNOME, con il primo motivo di impugnazione, lamenta erronea applicazione degli artt. 56 e 629 cod. pen. e carenza di motivazione in ordine all’individuazione del contributo concorsuale fornito dall’imputato.
La lettura della conversazione n. 23977 intercettata in data 4 agosto 2011 dimostrerebbe che il COGNOME, prima di iniziare l’operazione di persuasione della persona offesa COGNOME, avrebbe chiesto al COGNOME di allontanarsi in considerazione del fatto che la sua presenza “indisponeva” il COGNOME al punto che lo stesso, fino a quando era presente il COGNOME, non sarebbe stato disponibile a firmare la cessione delle quote.
La difesa ha rimarcato, inoltre, che il COGNOME non avrebbe mai parlato al plurale, che la persona offesa non ha ricordato con precisione l’entità delle minacce lui rivolte e che la mera partecipazione del COGNOME all’incontro con la persona offesa non costituirebbe elemento logico-probatorio idoneo a dimostrare un suo coinvolgimento nella vicenda estorsiva (vedi pag. 7 del ricorso).
La motivazione sarebbe contraddittoria nella parte in cui ritiene compatibile la minaccia prospettata dal COGNOME con il comportamento del COGNOME, il quale si sarebbe limitato a millantare la propria appartenenza alla Digos, espressione del tutto inidonea a coartare la volontà della persona offesa.
Il ricorrente COGNOME, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta erronea applicazione degli artt. 56 e 393 cod. pen. conseguente alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
L’imputato avrebbe agito nel convincimento di esercitare una legittima pretesa fondata sulla deliberazione con la quale l’assemblea dei soci, in data 3 agosto
2011, aveva disposto l’estromissione del COGNOME dalla società con conseguente non configurabilità del reato di estorsione.
Il difensore del ricorrente COGNOME, in data 19 febbraio 2024, ha depositato conclusioni scritte con le quali ha insistito nei motivi di ricorso.
I ricorsi sono inammissibili per le ragioni che seguono.
Tutti i motivi di ricorso presentati nell’interesse degli imputati sono aspecifici in quanto reiterativi di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti ed all’interpretazione del materiale probatorio già formulate in sede di appello ed affrontate e disattese dalla Corte di merito in esito ad un adeguato scrutinio, trasfuso in una motivazione priva di aporie e illogicità manifeste.
Il primo ed il secondo motivo del ricorso proposto dal COGNOME sono articolati esclusivamente in fatto e, quindi, proposti al di fuori dei limiti del giudizio d legittimità.
I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilità del ricorrente in ordine ai reati di cui ai capi A e B (vedi pagine da 9 a 13 della sentenza impugnata).
La versione dei fatti offerta dalle persone offese COGNOME e NOME è stata valutata dai giudici dell’appello in maniera logica, congrua e lineare, anche in considerazione della portata dei rimanenti elementi di prova che non hanno evidenziato alcun profilo di contrasto significativo con le dichiarazioni rese dalle persone offese né alcun interesse all’accusa da parte dei predetti
Quanto alle critiche difensive sull’interpretazione delle intercettazioni, è sufficiente evidenziare che il ricorrente non ha rappresentato la divergenza tra il contenuto delle conversazioni trascritte e quelle registrate, ma si è limitato a obiettare circa l’efficacia dimostrativa della sua partecipazione alla commissione delle fattispecie rubricate ed a proporre una visione alternativa alla realtà posta alla base della decisione impugnata, sicché devono ritenersi non consentite le censure sviluppate nel motivo di ricorso stante l’assenza di travisamento del contenuto delle intercettazioni da parte dei giudici di merito (vedi Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, COGNOME, Rv. 259516; Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, COGNOME, Rv. 272558).
Il terzo ed il quarto motivo di impugnazione proposto dal COGNOME ed il secondo motivo dedotto dal COGNOME con cui i ricorrenti lamentano la mancata riqualificazione del fatto nei reati di cui agli artt. 610 e 392 cod. pen. sono manifestamente infondati.
La Corte territoriale, con motivazione coerente con le risultanze istruttorie ed esente da contraddizioni o manifeste illogicità, ha ritenuto le condotte descritte nei capi A) e B) idonee a perfezionare gli elementi costitutivi del reato di estorsione; in particolare è stato evidenziato che, in entrambe le fattispecie, il COGNOME ed i suoi complici hanno agito per ottenere un ingiusto vantaggio patrimoniale, non ottenuto in concreto solo per la mancata consumazione dei reati.
Inoltre, i giudici di appello hanno fatto buon uso del consolidato principio di diritto elaborato dalla giurisprudenza di legittimità che esclude la sussistenza del reato di esercizio delle proprie ragioni laddove la condotta, come nel caso di specie, non sia fondata su una legittima pretesa creditoria (vedi pagg. 10 e 14 della sentenza oggetto di ricorso).
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
13. Il quinto motivo del ricorso del COGNOME è generico ed aspecifico.
Il ricorrente, a fronte di una motivazione coerente con le risultanze probatorie e logicamente corretta, si limita a dedurre la violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio con affermazioni generiche e prive di alcuna valida confutazione delle argomentazioni espresse dai giudici di merito. Questa Corte ha stabilito, in proposito, che il ricorso è inammissibile per difetto di specificità de motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822 – 01; Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 281112 – 01).
14. Il primo motivo del ricorso proposto dal COGNOME è al contempo aspecifico e non consentito in sede di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
Entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare che il ricorrente abbia concorso nella commissione del reato di tentata estorsione di cui al capo B, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove (vedi pagg. da 10 a 14 della sentenza impugnata).
Il ricorrente, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontarsi
con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare le censure difensi prospettate in sede di appello e con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità del motivo di ricorso.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. pr pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa d inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
GLYPH
La Presidente