Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19032 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19032 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 42973/2024
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Casorate Primo il 08/02/1988, avverso la sentenza del 31/10/2024 della Corte d’appello di Milano
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Milano del 21/01/2023, che aveva condannato NOME in ordine ai delitti di cui agli articoli 73, commi 1 e 5, d.P.R. 309/1990, 81 cpv. c.p., alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 4.000,00 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al giudizio di responsabilità, limitandosi la sentenza gravata a ribadire apoditticamente quanto affermato dalla prima sentenza, senza confrontarsi con la censura relativa alla identificazione del ricorrente nella persona che ha ceduto la droga al COGNOME; con un secondo motivo, violazione dell’articolo 619 c.p.p. in relazione alla applicazione della pena irrogata, da ritenersi incongrua, essendovi un evidente contrasto tra la pena indicata nel dispositivo della sentenza di primo grado e quella indicata in motivazione.
2.1. Con nota in data 22 aprile 2025 l’Avv. NOME COGNOME depositava, per l’imputato, motivi aggiunti in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. Quanto al primo motivo, esso Ł inammissibile in quanto, sotto l’ombrello della violazione di legge e del vizio di motivazione, sollecita a questa Corte una rivalutazione del compendio probatorio (effettuata a pagg. 6-8 della sentenza gravata) evidentemente preclusa in sede di legittimità e propone, in ogni caso, una propria personale ricostruzione delle risultanze istruttorie divergente da quella effettuata concordemente dai due giudici del merito.
Ed infatti, il giudice di legittimità non può rivalutare le fonti di prova, in quanto tale attività Ł rimessa esclusivamente alla competenza dei giudici di merito. Pertanto, il ricorso per cassazione Ł inammissibile quando si fonda su motivi che postulano una non consentita rivalutazione delle prove
testimoniali, in quanto ciò esula dalle attribuzioni del giudice di legittimità, il quale deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione adottata dai giudici di merito (Sez. 6, n. 43139 del 19/09/2019, Sessa, n.m.).
La doglianza, in tale prospettiva inquadrata, non offre una critica ragionata ai criteri logici seguiti dalla sentenza impugnata per la valutazione dell’apparato probatorio, risultando di tal guisa inammissibile.
La sentenza, infatti: quanto al capo A) precisa che lo scambio droga/denaro Ł stato visivamente seguito dagli operanti; quanto al capo B), chiarisce in (fatto e in) modo non illogico che le circostanze del ritrovamento dello zaino contenete i 270 grammi di hashish non lasciano dubbi sulla sua riconducibilità al ricorrente; quanto al capo C), del pari non illogicamente riconduce l’ulteriore quantitativo di 600 grammi di stupefacente all’imputato alla luce delle analoghe modalità di confezionamento e dal medesimo gadget che contraddistingueva le confezioni.
3.2. Inammissibile Ł anche la seconda doglianza: la Corte territoriale chiarisce infatti che la riduzione ai sensi dell’articolo 62bis non Ł stata operata nella massima estensione, ma Ł corretta alla luce della personalità del reo, gravato da precedenti.
La doglianza, che sembra muovere invece dalla idea della sussistenza di una sorta di automatismo nella riduzione, che sarebbe stabilito dalla legge nella misura fissa di un terzo, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, risultando così inammissibile per genericità.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
L’inammissibilità dei motivi principali determina a cascata quella dei motivi aggiunti.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 09/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME