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Ricorso inammissibile: Cassazione e riesame dei fatti

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per violazione delle misure di prevenzione. I motivi del ricorso sono stati respinti perché miravano a una rivalutazione dei fatti e delle prove, compito che non spetta alla Corte di legittimità, e perché le censure sulla recidiva erano eccessivamente generiche. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di Cassazione, ribadendo un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Suprema Corte è giudice di legittimità, non di merito. Quando un ricorso si trasforma in un tentativo di ottenere una terza valutazione dei fatti, il suo destino è segnato: un ricorso inammissibile. Analizziamo insieme questa decisione per capire perché.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna emessa in primo grado e successivamente confermata dalla Corte di Appello di Milano. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. n. 159 del 2011, che sanziona la violazione delle prescrizioni imposte con una misura di prevenzione. Contro la sentenza di secondo grado, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, sperando di ottenere un annullamento della condanna.

I Motivi del Ricorso e il Ricorso Inammissibile

Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su due principali motivi:

1. Errata valutazione delle prove: Si contestava una violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo all’analisi del materiale probatorio che aveva portato all’affermazione della sua responsabilità penale.
2. Vizio di motivazione sulla recidiva: Si criticava la decisione dei giudici di merito di aver applicato l’aggravante della recidiva, sostenendo che la motivazione fosse carente.

Entrambi i motivi, tuttavia, non hanno superato il vaglio di ammissibilità della Corte Suprema.

Il Divieto di Riesame del Merito

La Corte di Cassazione ha liquidato il primo motivo come palesemente infondato. Secondo i giudici, le argomentazioni presentate non denunciavano un reale errore di diritto, ma si risolvevano in una richiesta di riconsiderare integralmente i fatti e le prove. Il ricorso mirava a proporre una “rilettura alternativa” delle fonti di prova, un’operazione che è preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, a meno che non emerga un “travisamento della prova”, cioè un errore percettivo evidente (es. leggere una cosa per un’altra), che nel caso di specie non era stato neppure specificamente dedotto.

La Genericità dei Motivi sulla Recidiva

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha rilevato che le critiche mosse all’applicazione dell’aggravante della recidiva erano state formulate in termini “del tutto generici”. A fronte di una motivazione “specifica ed esaustiva” fornita dalla Corte d’Appello su quel punto, il ricorrente si era limitato a contestazioni vaghe, insufficienti a scalfire la logicità della decisione impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di principi consolidati. Il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Il suo scopo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle regole processuali. Pertanto, i ricorsi che si limitano a criticare l’apprezzamento dei fatti compiuto dai giudici dei gradi precedenti, senza individuare vizi specifici come la manifesta illogicità della motivazione o l’errore di diritto, non possono essere accolti. In questo caso, il ricorso è stato considerato un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, mascherato da censure di legittimità, e per questo è stato respinto.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza riafferma con forza i confini del ricorso per Cassazione. Per gli avvocati, ciò significa che la redazione di un ricorso efficace richiede la capacità di individuare veri e propri errori di diritto o vizi logici macroscopici nella motivazione, non semplicemente di riproporre le stesse argomentazioni fattuali già respinte in appello. Per i cittadini, è un monito sul fatto che il processo ha una sua progressione e che le valutazioni sul merito della vicenda si esauriscono, di norma, con la sentenza di secondo grado. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata, per il ricorrente, non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non rientravano tra quelli consentiti in Cassazione. In particolare, il primo motivo chiedeva un riesame dei fatti e delle prove, attività preclusa alla Corte di legittimità, mentre il secondo motivo sulla recidiva era formulato in modo troppo generico.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘versato integralmente in fatto’?
Significa che l’argomentazione non contesta un’errata applicazione della legge o un’illogicità palese della motivazione, ma critica direttamente la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di primo e secondo grado, chiedendo di fatto un nuovo giudizio nel merito.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito di questa decisione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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