Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28125 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28125 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI VENEZIA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a VERONA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/12/2023 del TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite COGNOME le COGNOME conclusioni COGNOME del COGNOME Sostituto COGNOME Procuratore COGNOME generale COGNOME NOME COGNOME, che ha chiesto di annullare con rinvio l’ordinanza impugnata;
udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per l’imputato, che ha chiesto di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 ottobre 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona aveva applicato a COGNOME NOME la misura cautelare della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio e, in particolare, dall’ufficio di agente della Polizia di Stato, in relazione al reato di cui agli artt. 4 e 476 cod. pen.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata Giudice per le indagini preliminari, l’indagato – in qualità di agente di polizia giudiziaria in servizio presso la Questura di Verona -, nel redigere un’annotazione di servizio relativa a un tentativo di furto, non avrebbe menzioNOME un controllo eseguito a carico di una persona diversa dall’autore del reato, all’esito del quale era stata rinvenuta sostanza stupefacente del tipo hashish.
Il Tribunale di Venezia – Sezione riesame -, in accoglimento dell’appello proposto dall’indagato, ha annullato l’ordinanza applicativa della misura cautelare.
Avverso il provvedimento del Tribunale, il pubblico ministero ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di motivazione.
Sostiene che, dagli atti di indagine, emergerebbe che l’indagato non avrebbe verbalizzato il controllo a carico di un soggetto non identificato (diverso dall’autore del furto), all’esito del quale era stata rinvenuta della sostanza stupefacente, ingiustamente trattenuta dall’altro agente di polizia giudiziaria, tale COGNOME NOME.
Tanto emergerebbe da una conversazione telefonica intervenuta tra il COGNOME e la sua fidanzata, NOME, nel corso della quale si farebbe riferimento a «un pezzettino di fumo» rinvenuto all’esito di un controllo.
Il Tribunale, tuttavia, aveva dato rilievo alle dichiarazioni rese al difensore da COGNOME NOME, presente ai fatti, che aveva riferito che nessun’altra persona era stata fermata e perquisita, al di fuori dell’autore del furto.
Il ricorrente contesta la valutazione del quadro indiziario effettuata dal Tribunale. In particolare, sostiene che i giudici del riesame non avrebbero considerato che il COGNOME (successivamente sentito anche dal pubblico ministero) aveva dichiarato di essersi allontaNOME «un attimo», rimanendo «sempre nelle vicinanze». Da tali dichiarazioni, infatti, si dovrebbe desumere che il COGNOME non avrebbe assistito a tutto l’intervento eseguito da parte della polizia giudiziaria.
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di motivazione.
Sostiene che, dalle dichiarazioni rese da NOME, si dovrebbe desumere che gli agenti di polizia erano entrati da soli all’interno del parco, dove si trovava l’autore del furto.
2.3. Con un terzo motivo, deduce il vizio di motivazione.
Contesta la valutazione effettuata dal Tribunale delle dichiarazioni rese da COGNOME NOME (fidanzata di COGNOME NOME, indagato per peculato, per avere sottratto lo stupefacente rinvenuto all’esito del controllo non verbalizzato). Al riguardo, evidenzia che: la donna aveva sostanzialmente confermato il contenuto della conversazione intercettata; le dichiarazioni da lei rese, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, non potevano riscontrare quelle rese dal COGNOME, atteso che la NOME non era presente ai fatti.
AVV_NOTAIO, per l’indagato, ha presentato conclusioni scritte con le quali ha chiesto di dichiarare inammissibile o rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. I tre motivi di ricorso – che possono essere trattati congiuntamente, essendo tutti versati in fatto – sono inammissibili.
Con essi, invero, il ricorrente ha articolato alcune censure che, pur essendo state da lui riferite alla categoria del vizio di motivazione, non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge né travisamenti di prova o vizi di manifesta logicità emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dal Tribunale (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano).
Il Tribunale ha valutato le prove addotte dalla pubblica accusa e ha ritenuto che esse, allo stato, non fossero sufficienti a fondare un grave quadro indiziario (cfr. pag. 29 e 30 dell’ordinanza impugnata), atteso che l’ipotesi accusatoria, essenzialmente fondata sulla conversazione telefonica intervenuta tra il COGNOME e la sua fidanzata, non aveva trovato riscontro nelle dichiarazioni rese dalle persone presenti ai fatti, che avevano escluso che soggetti diversi dall’autore del furto fossero stati sottoposti a controllo.
A fronte di tale motivazione, il ricorrente non deduce alcun effettivo travisamento della prova o determinante vizio logico, risultante dal testo del provvedimento impugNOME, ma tende a ottenere un’inammissibile rivalutazione delle risultanze investigative, frammentando le dichiarazioni rese nel corso delle
indagini dalle persone presenti ai fatti e ponendo in rilievo piccole incongruenze, senza tenere conto che il vizio di logicità della motivazione, per essere sindacabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
Va, inoltre, ribadito che, «in tema di ricorso per cassazione, il controllo di legittimità, anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del giudice per le indagini preliminari e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugNOME al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determiNOME e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento» (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv. 269438).
2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 1’11 aprile 2024.