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Ricorso inammissibile: Cassazione e recidiva

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da due imputati contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sulla manifesta infondatezza dei motivi, in particolare riguardo la mancata esclusione della recidiva, considerata adeguatamente motivata alla luce della professionalità criminale dei soggetti. La Corte condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Conferma la Condanna per Recidiva

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio delle conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione, specialmente quando i motivi di appello sono ritenuti manifestamente infondati. La Suprema Corte ha rigettato le istanze di due ricorrenti, confermando la decisione della Corte d’Appello e condannandoli al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo caso mette in luce l’importanza della corretta formulazione dei motivi di ricorso e la discrezionalità del giudice nel valutare elementi come la pericolosità sociale e la recidiva.

I Fatti del Processo

Due soggetti, già condannati dalla Corte d’Appello di Trieste con una sentenza del 13 gennaio 2025, hanno proposto ricorso per Cassazione. I motivi del ricorso si concentravano principalmente su due aspetti: la presunta mancata valutazione di una richiesta di pena sostitutiva e la contestazione della recidiva, ovvero la condizione di chi commette nuovamente un reato dopo una condanna precedente.

La Decisione della Corte di Cassazione: il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendo i motivi presentati privi di fondamento giuridico. La decisione si articola sull’analisi di due punti specifici sollevati dai ricorrenti.

La Questione della Pena Sostitutiva

Il primo motivo di doglianza è stato considerato inammissibile per una duplice ragione. In primo luogo, la richiesta di una pena sostitutiva non era stata formalmente avanzata nel precedente grado di giudizio (l’appello). In secondo luogo, anche qualora fosse stata presentata, la Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse supportata da una motivazione “implicita” ma esauriente. Questa motivazione derivava dalla trattazione dei criteri di cui all’art. 133 del codice penale e dalla valutazione della “concreta pericolosità degli imputati”, elementi sufficienti a giustificare il rigetto di una pena alternativa alla detenzione.

La Valutazione della Recidiva e il Ricorso Inammissibile

Anche il secondo motivo, relativo alla mancata esclusione della recidiva, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza d’appello era congrua e ben fondata. I giudici di merito avevano infatti basato la loro decisione sul numero e sulla natura dei precedenti penali dei ricorrenti. Tali precedenti, secondo la Corte, erano un “indice chiaro di professionalità e abitualità” nel delinquere, manifestando una “preoccupante dedizione a delinquere” pienamente compatibile con lo status di recidivi.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si basano su principi consolidati della procedura penale. L’inammissibilità scaturisce dalla mancanza dei requisiti essenziali che un ricorso deve possedere per essere esaminato nel merito. Nel caso specifico, i motivi erano “manifestamente infondati”.
La Corte sottolinea che la valutazione del giudice di merito sul trattamento sanzionatorio, inclusa la concessione di pene sostitutive o l’esclusione della recidiva, è ampiamente discrezionale. Tale discrezionalità, tuttavia, deve essere esercitata attraverso una motivazione logica e coerente con le prove processuali. In questa vicenda, la Corte ha ritenuto che la motivazione, seppur “implicita” su un punto, fosse globalmente solida e adeguata. La storia criminale degli imputati è stata l’elemento chiave per giustificare sia la negazione di benefici sia la conferma della recidiva, elementi che denotavano una personalità incline al crimine.

Le Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi. Come conseguenza diretta, i ricorrenti sono stati condannati in solido al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: un ricorso per Cassazione non può limitarsi a una generica contestazione della decisione precedente. Deve essere fondato su vizi specifici e argomentazioni giuridiche solide. In caso contrario, il rischio non è solo quello di vedere confermata la condanna, ma anche di incorrere in ulteriori sanzioni economiche, come previsto dalla legge per i ricorsi ritenuti inammissibili.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Sulla base del provvedimento, un ricorso è dichiarato inammissibile quando manca di requisiti formali (ad esempio, una richiesta non avanzata nel precedente grado di giudizio) o quando i suoi motivi sono manifestamente infondati, cioè palesemente privi di pregio giuridico.

Una motivazione ‘implicita’ del giudice è valida?
Sì, la Corte ha ritenuto valida una motivazione ‘implicita’ sul rigetto di una pena sostitutiva, poiché la decisione era desumibile in modo chiaro e completo da altre parti della sentenza, come l’analisi dei criteri dell’art. 133 c.p. e la valutazione della pericolosità degli imputati.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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