Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1464 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1464 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Cina il 25/12/1956
avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia del 16/01/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale D.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 16/01/2023, la Corte di appello di Brescia confermava la sentenza con cui il Tribunale di Brescia in data 10/03/2022 aveva condannato NOME COGNOME in ordine al delitto di cui agli articoli 81 cpv. cod. pen., 4 d. Igs. 74/2000, in riferimento alle dichia IVA e IRES delle annualità 2012 e 2013.
Avverso la sentenza l’imputato presentava, tramite il proprio difensore di fiducia, ricor per Cassazione.
2.1. Con il primo motivo, lamenta violazione di legge e segnatamente degli articoli 27, comma 2, Cost., 6 CEDU e 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e connessi pro di difetto di motivazione, nonché, ancora, violazione dell’articolo 192 del codice di procedur penale e conseguente erronea applicazione dell’articolo 4 d. Igs. N. 74/2000.
La Corte di appello di Brescia non ha accolto i profili di censura sollevati in grado di appell relativi alla natura meramente induttiva dell’accertamento svolto dall’Agenzia delle entrate, nonché alla natura meramente colposa della condotta, frutto di un errore nella compilazione dei quali della dichiarazione annuale; ha, inoltre, pretermesso qualsivoglia valutazione relativa all portata complessiva delle escussioni testimoniali dettagliatamente valorizzate con l’atto di appello; ha inoltre di fatto invertito l’onere della prova, ponendo a carico dell’imputato l’oner produrre un calcolo di costi alternativo a quello effettuato dall’accusa; ha omesso ogni confronto con il dato, provato documentalmente dal ricorrente, secondo cui quest’ultimo, in data 5 ottobre 2017, aveva già prodotto tutta la documentazione richiesta dall’Agenzia delle entrate; inoltre, i riferimento all’elemento soggettivo del reato, la motivazione sarebbe del tutto apparente in quanto fondata sul fatto che il medesimo errore sarebbe stato ripetuto per due annualità, circostanza del tutto neutra; ancora, è erroneo il rilievo secondo cui lo Xu non avrebbe posto in essere condotte riparatorie, in quanto l’imputato non poteva correggere i dati omessi in quanto il relativo termine era spirato.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione in riferimento all’articolo 81 cod. pen.; la Corte di appello motiva l’aumento di tre mesi per continuazione sulla base della «spregiudicatezza» dello Xu e della presenza di diverse condanne per i reati di cui all’articolo 474 cod. pen..
Trattasi di motivazione totalmente apparente, che non si confronta con la prova fornita in dibattimento di aver collaborato ampiamente con l’Agenzia delle entrate producendo tutta la documentazione da questa richiesta.
Inoltre, le condanne citate dalla Corte d’appello sono relative solo a due fatti posti fra l in continuazione, di tale lievità da meritare la concessione del doppio beneficio.
I giudici della Corte di appello sono venuti così meno all’obbligo di motivare, sia pu sinteticamente, la decisione assunta nella quantificazione del trattamento sanzionatorio.
2.3. Con il terzo motivo, lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione in riferimento all’articolo 62-bis cod. pen..
La Corte territoriale motiva la conferma del diniego delle circostanze attenuanti generiche sulla «assenza di elementi positivamente valutabili a favore dell’imputato» in ragione della mancanza «di una presa di coscienza della negatività di quanto compiuto». Prospettazione ictu ocu/i illegittima in ragione della predetta condotta collaborativa dell’imputato.
GLYPH
9′
2.4. Con il quarto motivo di ricorso, l’imputato censura violazione di legge e in particola dell’articolo 12-bis D. Igs. 74/2000, in riferimento alla confisca disposta dai giudici di appell ragione della entità del tutto incerta del profitto prodotto, la confisca non avrebbe potuto esse applicata; inoltre, nella quantificazione dell’imposta evasa, l’Agenzia non ha tenuto i considerazione i costi sostenuti, limitandosi a desumere l’importo da confiscare in via induttiv e presuntiva, operazione non consentita in sede penale ma solo in quella amministrativa.
In data 7/12/2023, l’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente, depositava note di replica alle conclusioni rassegnate dal P.G., in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile per genericità, in quanto contiene, sia nella rubrica che nello sviluppo, un coacervo di motivi diversi che afferiscono a punti diversi della sentenz (violazione di legge, vizio di motivazione, travisamento della prova, elemento oggettivo del reato, elemento soggettivo del reato).
2.1. Questa Corte (Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Rv. 263541 – 01; Sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015, Rv. 264535 – 01) ha chiarito che il ricorrente che intende denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. cod. proc. pen., ha l’onere – sanzionato a pena di a-specificità, e quindi di inammissibilità, ricorso – di indicare su quale profilo la motivazione i3sseritamente manchi, in quali parti s contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legitti la funzione di rielaborare l’impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dai moti quelli suscettibili di un utile scrutinio. La tipizzazione dei possibili motivi di ricorso indicati 606, comma 1, c.p.p. (i quali costituiscono, a differenza di quelli di appello, un numerus clausus, a presidio del quale l’art. 606, comma 3, c.p.p. commina la sanzione della inammissibilità per i « motivi diversi da quelli consentiti dalla legge ») comporta che il generale requisito del specificità si moduli, in relazione alla impugnazione di legittimità, in un senso particolarmen rigoroso e pregnante, sintetizzabile attraverso il già adoperato riferimento alla «dupli specificità» (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013), essendo onere del ricorrente argomentare anche la sussunzione della censura formulata nella specifica previsione normativa alla stregua della tipologia dei motivi di ricorso tassativamente stabiliti dalla legge. I motivi aventi ad oggetto i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, ed in quanto tali, non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento a un medesimo segmento dello sviluppo argomentativo che sorregge la decisione impugnata: i vizi della motivazione si
pongono, infatti, in rapporto di alternatività, ovvero di reciproca esclusione, posto che all’evidenza – la motivazione se manca, non può essere, al tempo stesso, né contraddittoria, né manifestamente illogica e, per converso, la motivazione viziata non è motivazione mancante; infine, il vizio della contraddittorietà della motivazione (introdotto dall’art. 8 I. n. 46 de che ha novellato l’art. 606, comma 1, lettera e), c.p.p.) è specificamente connotato rispetto all manifesta illogicità.
La promiscua mescolanza dei motivi di ricorso, se cumulati e rubricati indistintamente, rende l’impugnazione assolutamente aspecifica.
2.2. Ad ogni buon conto, per mero tuziorismo, il Collegio evidenzia come la Corte territoriale avesse fornito adeguata risposta, sul piano della motivazione, alle censure formulate in sede di appello.
Quanto alla natura «presuntiva» e «induttiva» dell’accertamento, nella sentenza di primo grado, i cui contenuti sono riassunti alle pagine 3-4 della sentenza impugnata, si è chiarito ch il dato relativo ai ricavi, omesso nelle due annualità della dichiarazione, è stato ricostruito s base dei dati forniti dai clienti della ditta dello Xu.
I costi, invece, sono stati effettivamente ricostruiti dall’Agenzia delle entrate tramite i «studi di settore»; tuttavia, la Corte di appello ha chiarito (pag. 5) che i costi documentati d Difesa del ricorrente, in riferimento alla prima annualità, erano analoghi a quelli ricostruiti Agenzia (euro 812.354), e, in riferimento alla seconda, erano addirittura inferiori (982.19 contro 807.039), e che neppure con l’atto di appello è stato proposto un risultato diverso da quello ricostruito dall’Agenzia delle entrate.
Quanto all’elemento psicologico del reato, la sentenza (pag. 6) chiarisce che gli indici dell sussistenza del dolo sono costituiti, da un lato, dal fatto che l’unico riquadro omesso, in entrambe le annualità, fosse quello relativo ai ricavi, laddove il resto della dichiarazione risultava compi regolarmente; dall’altro, che anche fuori termine l’imputato avrebbe potuto correggere l’errore, cosa non avvenuta.
Ritiene, infine, la Corte territoriale, del tutto irrilevante ai fini della sussistenza d contestato, la circostanza che l’imputato abbia depositato della documentazione, tramite un proprio delegato, alla Agenzia delle entrate (pag. 5).
La parte del motivo che censura la violazione dell’articolo 192 cod, proc. pen. difetta po della benché minima specificità, limitandosi a censurare, genericamente, la valutazione delle deposizioni testimoniali, senza indicare neppure quali e in quali parti.
Con tale motivazione il ricorrente non si confronta, limitandosi a censure di tipo meramente contestativo, risultando perciò inammissibile per difetto di specificità estrinseca.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento deVmpugnazione, la quale non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, cade nel vizio di mancanza di
specificità, conducente, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità (S 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970 – 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608 – 01; Sez. 4, n. 256 del 18/09/1997, Rv. 210157; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708).
Il secondo e il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente.
Essi sono entrambi manifestamente infondati, in quanto si pongono in contrasto con l’interpretazione costante della Corte in materia di trattamento sanzionatorio, senza addurre motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi.
In proposito, la giurisprudenza ormai consolidata della Corte (v. Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266 – 01; da Sez. 2, n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916 – 01; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062 – 01, n.m.) è nel senso che la «manifesta infondatezza» si traduce nella «proposizione di censure caratterizzate da evidenti errori di diritto nell’interpretazione della norma posta a sostegno del ricorso, il più delle contrastata da una giurisprudenza costante e senza addurre motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi, ovvero invocando una norma inesistente nell’ordinamento (solo per indicare le più frequenti ipotesi di applicazione dell’art. 606, comma 3, secondo periodo).
3.1. In relazione agli aumenti per continuazione, il Collegio rammenta come le Sez. U. n. 47127, del 24/06/2021, COGNOME, hanno affermato il principio secondo cui ove riconosca la continuazione tra reati, ai sensi dell’art. 81 cod. pen., il giudice, nel determinare la complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base per tale reato, de anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite (c.d. «visione multifocale», descritta dalle Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263717, poi richiamata da Sez. U, n. 40983 del 21/06/2018, COGNOME Rv. 273750).
Per quanto concerne il quantum di motivazione necessario per ciascun aumento di pena, risulta consolidato il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena di gra lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai «criteri di cui all’art. cod. pen.» deve ritenersi motivazione sufficiente per dimostrare l’adeguatezza della pena all’entità del fatto; invero, l’obbligo della motivazione, in ordine alla congruità della pena in tanto più si attenua quanto maggiormente la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, COGNOME, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464). E, per converso, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio pot discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art cod. pen., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (Sez. 6, n. 35346 del 12/06 COGNOME Rv. 241189; Sez. 5, n. 511 del 26/11/1996, dep. 1997, COGNOME, 207497).
Ancora, elemento che può fungere da parametro di giudizio sulla ragionevolezza del calcolo è il rispetto della «proporzionalità interna» tra la pena irrogata per il reato base e qu determinate per i reati satellite (Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, non massimata).
3.1.1. Nel caso di specie, la Corte di appello (pag. 6) soddisfa l’onere di motivazione anzidetto: «l’aumento per la continuazione, prossimo al minimo anch’esso, appare del tutto in linea con la spregiudicatezza del fatto in contestazione, ripetuto per due annualità consecutive, con determinazione di un danno erariale non minimo. Negativa appare anche la personalità dell’odierno imputato, il quale ha riportato diverse condanne per i reati di cui all’articolo 474 in ordine alla introduzione nello Stato di prodotti con segni contraffatti, circostanza che sottoli l’esercizio di un’attività economica in violazione delle normative che ne presidiano l’esercizio».
3.2. In riferimento alle circostanze di cui all’articolo 62-bis cod. pen., la consolidata giurisprudenza della Corte (v., ex multis, Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269) ritiene che:
il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non costituisca un diritto dell’imputato, conseguente all’assenza di elementi negativi, ma richiede elementi di segno positivo (sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, COGNOME, Rv. 281590);
al giudice di merito non è richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/5/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201);
non è necessario che il giudice esamini tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., essend sufficiente che specifichi a quale si sia inteso far riferimento (sez. 1 n. 33506 del 7/7/2010, 247959; analogamente Cass., Sez. VI, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME, Rv 242419);
il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017).
3.2.1. Scendendo in concreto, il giudice di secondo grado condivide la valutazione effettuata dal primo giudice in ordine alla non concedibilità delle circostanze attenuanti generiche: «condivisibile e anche l’esclusione delle circostanze attenuanti generiche operato dal primo giudice in assenza di elementi positivamente valutabili a favore dell’imputato, ostandovi i precedenti penali e la totale mancanza di una condotta riparatoria o anche solo di una presa di coscienza della negatività di quanto compiuto».
Tale motivazione, sia pure stringata, non appare porsi in contrasto con la disciplina relativa al diniego delle attenuanti in parola, avendo comunque i giudici chiarito (in modo non manifestamente illogico o contraddittorio) quali elementi di segno negativo abbiano valorizzato nella decisione.
3.3. Il Collegio ritiene che entrambi i motivi di ricorso, non confrontandosi con la costan giurisprudenza della Corte, correttamente applicata dai giudici di merito’ siano manifestamente infondati.
L’ultimo motivo, relativo alla confisca, disposta direttamente dai giudici di appello accoglimento dell’impugnazione del Procuratore generale, è inammissibile.
Questa Corte ha chiarito (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425 – 01) che è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, atteso che quest’ultimo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato.
Ai fini della validità del ricorso per cassazione non è, quindi, sufficiente che esso consenta individuare le statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell’impugnazione, ma è altresì necessario che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con sufficiente grado di specificit e che siano correlate con la motivazione della sentenza impugnata; con la conseguenza che se, da un lato, il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed assolu dall’altro, esso esige pur sempre – a pena di inammissibilità del ricorso – che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle del ricorrente, volte ad incrinare il fondamento logico- giuridico delle prime. È quindi onere del ricorrente, nel chieder l’annullamento del provvedimento impugnato, prendere in considerazione gli argomenti svolti dal provvedimento impugnato e sottoporli a critica (nei limiti delle censure coltivabili in sede legittimità).
Quest’ultimo, come visto al par. 2, ha chiarito in modo preciso che, mentre i ricavi sono stati accertati sulla base della documentazione fornita dai clienti della ditta dello Xu, i costi s effettivamente stati ricostruiti dall’Agenzia delle entrate tramite il c.d. «spesometro», o «st di settore», ma che i costi dedotti dalla Difesa del ricorrente erano uguali o inferiori rispet quelli ricostruiti dalla predetta Agenzia.
L’importo sottoposto a confisca, quindi, pecca semmai per difetto, non per eccesso, e certo non è indeterminabile, come sostiene il ricorrente.
Con tali motivi il ricorrente non si confronta affatto, dimostrando in tal modo il suo difett specificità.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussiston elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 19/12/2023.