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Ricorso inammissibile: Cassazione e reati di droga

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per reati di droga. L’appello è stato respinto perché si limitava a riproporre argomenti già esaminati nei gradi di merito, senza sollevare specifiche questioni di legittimità. La Corte ha confermato la gravità del fatto, escludendo l’ipotesi di lieve entità a causa dell’ingente quantitativo di stupefacente e delle modalità dell’azione, ribadendo i limiti del proprio sindacato.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Droga

Quando un imputato viene condannato in primo e secondo grado, l’ultima via percorribile è il ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, questo strumento non serve a riesaminare i fatti, ma solo a controllare la corretta applicazione della legge. Una recente ordinanza della Suprema Corte illustra perfettamente il concetto di ricorso inammissibile, chiarendo perché la mera riproposizione delle stesse difese sia destinata a fallire, specialmente in materia di reati di droga.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Pescara e successivamente confermata dalla Corte d’Appello de L’Aquila. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 73 del D.P.R. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti) e condannato a una pena di quattro anni di reclusione e 17.350 euro di multa. Le prove a suo carico si basavano principalmente su intercettazioni telefoniche e messaggi SMS, da cui emergeva un accordo con un altro soggetto per un incontro finalizzato allo scambio di sostanze stupefacenti, avvenuto in una data specifica (27.03.2007).

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Mancanza e illogicità della motivazione: Si contestava la ricostruzione dei fatti e l’affermazione di responsabilità dell’imputato, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello carente e contraddittoria.
2. Mancato riconoscimento del fatto di lieve entità: Si lamentava la mancata applicazione dell’attenuante prevista dal comma 5 dell’art. 73, che avrebbe comportato una pena significativamente più bassa.
3. Violazione di legge sul trattamento sanzionatorio: Si sosteneva che la pena inflitta non tenesse conto del cambiamento positivo dell’imputato nel lungo tempo trascorso dai fatti e che fosse in contrasto con la finalità rieducativa della pena.

La Decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto. I giudici hanno sottolineato che il ricorso non presentava reali critiche alla legittimità della sentenza d’appello, ma si limitava a riproporre le medesime doglianze già esaminate e respinte dai giudici di merito. Questo tipo di approccio è inammissibile in sede di legittimità, poiché il ruolo della Cassazione non è quello di un “terzo grado” di giudizio sui fatti, ma di custode della corretta interpretazione e applicazione del diritto.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso.

Sul primo motivo, relativo alla responsabilità, i giudici hanno affermato che la Corte d’Appello aveva ricostruito la vicenda in modo dettagliato e logico, basandosi sulle prove acquisite (intercettazioni e SMS). Il ricorso, invece, cercava di ottenere una “rivalutazione delle fonti probatorie”, un’attività preclusa al sindacato di legittimità.

Anche il secondo motivo, sul mancato riconoscimento del fatto di lieve entità, è stato giudicato meramente riproduttivo. La Corte d’Appello aveva correttamente negato tale qualifica valorizzando l'”ingente quantità dello stupefacente” e la sua qualità, oltre ai mezzi e alle modalità dell’azione, elementi che indicavano un “particolare allarme sociale”. La decisione era, quindi, pienamente in linea con la giurisprudenza consolidata.

Infine, per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, la Cassazione ha ritenuto che i giudici di merito avessero implicitamente fatto riferimento ai criteri di adeguatezza ed equità previsti dall’art. 133 del codice penale, rendendo la loro decisione immune da censure.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione deve basarsi su vizi specifici di legge o di motivazione (illogicità manifesta), non sulla speranza di un nuovo esame del merito. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di una strategia difensiva che non si confronta con le ragioni della decisione impugnata, ma si limita a riproporle sterilmente. La decisione implica che, per avere successo in Cassazione, è indispensabile formulare censure precise e pertinenti, dimostrando dove e come la corte inferiore abbia errato nell’applicare la legge, e non semplicemente perché si dissente dalla sua valutazione dei fatti.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza individuare vizi di legittimità specifici nella sentenza impugnata. In pratica, chiedeva un nuovo giudizio sui fatti, cosa non permessa in sede di Cassazione.

Per quale motivo non è stata riconosciuta l’ipotesi del fatto di lieve entità?
L’ipotesi di lieve entità è stata esclusa a causa dell’ingente quantità e della qualità dello stupefacente, oltre che per i mezzi e le modalità dell’azione. Questi elementi, nel loro complesso, sono stati ritenuti indicativi di un fatto di particolare allarme sociale, incompatibile con la qualifica di lieve entità.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito nel dispositivo dell’ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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