Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8010 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 31/01/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8010 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da COGNOMENOME COGNOME nato a Aversa il 16/05/1999, avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 11/04/2024,
visti gli atti e la sentenza impugnata;
dato avviso alle parti;
esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 11/04/2024, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del 15/09/2023 del Tribunale di Napoli Nord, che aveva condannato NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/1990 alla pena di anni 4 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, disponendo altresì la confisca delle cose in sequestro.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, in cui lamenta, con un primo motivo, violazione dell’articolo 606, lettere c) ed e), cod. proc. pen., in relazione alla omessa valorizzazione delle prove contrarie prodotte dalla difesa, quale la provenienza lecita del denaro rinvenuto, tale ritenuta anche dal provvedimento di non convalida del sequestro, neppure citato in sentenza.
Con un secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 606, lettere b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’articolo 378 cod. pen., la cui applicazione la difesa aveva caldeggiato in favore del COGNOME.
Con un terzo motivo lamenta violazione dell’articolo 606, lettere b) ed e), cod. proc. pen., in relazione al trattamento sanzionatorio, al riconoscimento delle attenuanti generiche nella massima
R.G.N. 34958/2024
estensione e al minimo della pena.
3. Il ricorso Ł inammissibile.
La prima doglianza, oltre a invocare una rivalutazione del fatto, inammissibile in sede di legittimità, costituisce pedissequa reiterazione di censure già dedotte con l’atto di appello, motivatamente disattese dalla Corte territoriale a pag. 5 della sentenza impugnata, ove si chiarisce che Ł senza dubbio certa la provenienza delittuosa delle somme rinvenute all’interno del borsello ove era custodita la droga, di cui l’imputato ha tentato di sbarazzarsi al momento dell’intervento degli operanti.
Ciò porta a ritenere il motivo di ricorso non specifico ma soltanto apparente, in quanto omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217).
Il secondo motivo Ł inammissibile in quanto non si confronta con la sentenza impugnata, che si conforma (pag. 6) all’orientamento di questa Corte, secondo cui, in caso di detenzione di sostanze stupefacenti (come nel caso in esame), non Ł configurabile il favoreggiamento, perchØ «nei reati permanenti qualunque agevolazione del colpevole, posta in essere prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve – salvo che non sia diversamente previsto – in un concorso nel reato, quanto meno a carattere morale» (Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, COGNOME, Rv. 253151; Sez. 3, n. 41579 del 23/06/2021, Annoscia, n.m.).
6. Il terzo motivo Ł manifestamente infondato.
6.1. Quanto alle attenuanti generiche, il ricorrente non si confronta con la costante giurisprudenza della Corte, secondo cui la mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione di un terzo non impone al giudice di considerare necessariamente gli elementi favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente che nel riferimento a quelli sfavorevoli di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi alla concessione delle predette attenuanti nella massima estensione, abbia riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, ritenendolo congruo rispetto alle esigenze di individualizzazione della pena, ex art. 27 Cost. (v. la recente Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME NOME alias “COGNOME“, Rv. 281217), come effettuato dalla Corte territoriale a pag. 7 della motivazione.
6.2. Analogamente può dirsi in riferimento al lieve scostamento della sola pena pecuniaria rispetto al minimo edittale, giustificato in ragione della gravità del fatto, posto in essere in una fiorente piazza di spaccio e in un appartamento munito di telecamere di videosorveglianza.
Il ricorrente, sul punto, non si confronta con il costante orientamento di questa Corte secondo il quale poichØ la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., nel giudizio di cassazione Ł inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, poi, ribadito che «una specifica e dettagliata motivazione in
ordine alla quantità di pena irrogata Ł necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale» (così Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01, in motivazione).
In altre parole, il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, deve motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo.
7. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 31/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME