Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30126 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30126 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Castrovillari 1’8/8/1996
avverso l’ordinanza del 10/12/2024 emessa dal Tribunale di Catanzaro visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, disposta nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati di associazione ex 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, spaccio di stupefacenti e tentata estorsione, annullando il titolo cautelare limitatamente al reato di favoreggiamento commesso in favore del cognato, COGNOME NOME.
Nell’interesse del ricorrente sono stati formulati tre motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo si deducono violazione di legge e vizi di motivazione in punto di gravità indiziaria per il delitto associativo.
Sostiene la difesa che l’ordinanza impugnata ha valorizzato essenzialmente il contenuto di poche e frammentarie conversazioni intercettate, dalle quali non emergerebbero né l’esistenza di una struttura organizzata, né il ruolo di promotore dell’indagato, ma, al più, un accordo occasionale tra alcuni individui, prodromico ad eventuali attività illecite riconducibili nell’alveo del mero concorso di persone nel reato.
Il ricorrente contesta anche l’attribuzione del ruolo verticistico assegnato all’indagato, che presuppone un’attività gestoria del sodalizio, un potere decisionale e compiti di reclutamento di nuovi adepti, dovendo perciò trattarsi di un contributo indispensabile per l’esistenza dell’associazione.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione e la violazione di legge in relazione al tentativo di estorsione in danno di COGNOME Giovanni, rispetto al quale la difesa censura l’erronea svalutazione delle dichiarazioni liberatorie rese sia dalla presunta vittima che da sua moglie, i quali hanno escluso l’esistenza del reato e, comunque, un diretto coinvolgimento del ricorrente nella vicenda.
Gli elementi di prova tenuti in considerazione dal Tribunale, invece, non illustrerebbero né l’oggetto della pretesa estorsiva né le ragioni per le quali essa non sarebbe andata a buon fine, ipotizzando l’accusa una volontà oppositiva del Falcone, di cui, tuttavia, non si rinviene traccia in atti. L’ordinanza, quindi, n avrebbe contestualizzato i colloqui intercettati, non ne avrebbe ricostruito logicamente i contenuti, non avrebbe cercato, e quindi individuato, riscontri esterni, nè avrebbe chiarito quale sarebbe stato il ruolo del ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso denuncia i medesimi vizi in punto di esigenze cautelari, rilevando che il Tribunale si sarebbe limitato a dar valore alla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., senza individuare specifici elementi di fatto da cui desumere la concretezza e l’attualità del pericolo ritenuto, non potendo trovare applicazione la regola della tendenziale stabilità dell’adesione al sodalizio criminale, valevole per le consorterie mafiose.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Le doglianze dedotte dal ricorrente sono del tutto generiche e meramente
riproduttive di questioni di merito già oggetto di compiuto esame.
Il ricorso, a ben vedere, non individua specifiche contraddittorietà o cesure logiche del percorso giustificativo del provvedimento impugnato, né evidenzia palesi fraintendimenti o pretermissioni di risultanze probatorie decisive per un diverso esito del giudizio, bensì si limita a pure e semplici manifestazioni di dissenso dalle valutazioni del materiale istruttorio compiute dai giudici del riesame, senza il minimo confronto critico con le stesse, fondate, invece, su un compendio investigativo robusto, diffusamente illustrato e dal significato piano.
Invero, il Tribunale del riesame ha dato atto delle ragioni per cui ha ritenuto di individuare l’esistenza di un gruppo organizzato e stabilmente dedito allo spaccio di stupefacenti, individuando la gravità indiziaria essenzialmente sulla base di intercettazioni il cui contenuto è stato oggetto di specifico vaglio, senza che possa in questa sede procedersi ad una rivalutazione nel merito.
Né sono evincibili vizi motivazionali in ordine al ruolo svolto dal ricorrente avendo il Tribunale sottolineato i plurimi passaggi in cui NOME COGNOME dimostrerebbe il ruolo organizzativo e verticistico.
Parimenti inammissibili sono le doglianze svolte in ordine alla valutazione delle esigenze cautelari.
L’ordinanza, diversamente da quanto dedotto in ricorso, non si è limitata a dar atto dell’esistenza della presunzione legale, ma ha dato rilievo all’ampiezza dell’organizzazione dell’attività di commercio degli stupefacenti, al ruolo di vertice del ricorrente all’interno di essa.
Tali elementi rafforzano l’applicabilità della doppia presunzione che ha indotto all’applicazione della custodia in carcere, tanto più che la difesa non ha in concreto indicato quali sarebbero gli elementi idonei a superare la valutazione compiuta dal Tribunale del riesame.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp.att. cod. proc. pen.
Così deciso il 2 aprile 2025
Il Consigliere estensore