Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35522 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35522 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/01/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la pronuncia di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la condanna di NOME COGNOME per l’esercizio senza autorizzazione dell’attività di parcheggiatore/guardamacchine integrante la contravvenzione di cui all’art. 7, comma 15-bis, d.lgs. 30 aprile 2992, n. 285 (commessa il 16 aprile 2019).
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su tre motivi (di seguito enunciato ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), sostenuti dalle depositate conclusioni scritte.
2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio cumulativo di motivazione in merito all’accertata responsabilità per la fattispecie ascritta, non avendo la Corte territoriale adeguatamente e sufficientemente motivato sui punti oggetto dell’impugnazione in termini logici e coerenti. I giudici di merito non avrebbero adeguatamente valutato la circostanza, che sarebbe emersa dal verbale di contestazione, dell’interazione dell’imputato con un solo utente della strada, l’estemporaneità del controllo e il mancato rinvenimento, in suo possesso, di chiavi di vetture e di denaro.
2.2. Parimenti dicasi (con il terzo motivo) quanto alla ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche. Il giudice d’appello avrebbe ritenuto inesistenti elementi apprezzabili in tal senso laddove, a dire del ricorrente, avrebbero dovuto rilevare il minimo allarme sociale derivante dalla condotta, non potendosi peraltro escludere il suo protrarsi solo per breve tempo, e la modestia dei precedenti penali.
2.3. Con il secondo motivo si deduce l’intervenuto decorso, ad oggi, del termine di prescrizione del reato. Si evidenzia che la Corte territoriale, in applicazione della disciplina della prescrizione introdotta dalla c.d. «Riforma Orlando (I. n. 103/17)» ha escluso la maturazione del detto termine in considerazione del periodo di sospensione in relazione alla sentenza di primo grado (per undici mesi e dieci giorni, come emerge dalla stessa sentenza impugnata). Fermo restando quanto innanzi e la corretta applicazione della detta disciplina per quanto statuito da Sez. U, n. 22932 del 2024 in relazione alla data del commesso reato, il ricorrente sostiene l’intervenuto decorso del termine di prescrizione successivamente alla sentenza di secondo grado. In particolare, dalla data di consumazione della contravvenzione sarebbero decorsi cinque anni, un mese e quattordici giorni, già considerati tutti i periodi di sospensione in relazione anche alle due sentenze di merito.
Al netto dell’inammissibilità per mera reiterazione dei motivi d’appello cui la Corte territoriale ha risposto con motivazione esente da critiche in quanto congrua, coerente e non manifestamente illogica (ex plurímis: tra le più recenti, Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01), i motivi primo e terzo sono inammissibili ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducenti censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
3.1. Ci si riferisce alle doglianze in fatto con le quali il ricorrente vorrebbe sostituirsi alla valutazione del giudice di merito nell’apprezzamento dei mezzi di prova. Al pari di quanto argomentato con i motivi d’appello circa la sentenza di
primo grado, dunque reiterati in sede di legittimità, al ricorrente, difatti, l sentenza impugnata appare non sufficientemente motivata sui punti oggetto dell’impugnazione in termini logici e coerenti, laddove maggiormente logici e coerenti sarebbero le valutazioni prospettate in chiave difensiva. Per la diversa e soggettiva valutazione della difesa, i giudici di merito avrebbero dovuto valorizzare la circostanza per cui nel verbale di contestazione fosse indicata l’interazione dell’imputato con un solo utente della strada oltre che l’estemporaneità del controllo e il mancato rinvenimento, in suo possesso, di chiavi di vetture e di denaro. Ciò, sempre per le deduzioni difensive inammissibili in sede di legittimità, avrebbe dovuto condurre a una diversa valutazione del compendio probatorio nel senso dell’assenza di prova del fatto contestato, laddove, invece, i giudici di merito, peraltro in ipotesi di c.d. doppia conforme, hanno valorizzato quanto emergente dagli atti acquisiti al processo con il consento delle parti. Il riferimento è, in particolare, alla circostanza per cui l’imputato, già sanzioNOME in via amministrative per la medesima attività non autorizzata, è stato notato dalle forze dell’ordine indirizzare gesti e indicazioni agli automobilisti in transito in area di parcheggio ubicata in una centrale via di INDIRIZZO e in orario diurno, a nulla valendo quindi il mancato rinvenimento in suo possesso di chiavi di vetture e denaro.
3.2. Parimenti dicasi in merito alla ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche. La difesa le vorrebbe difatti fondare su una diversa valutazione della gravità della condotta, invece ritenuta non tale dai giudici di merito in relazione alla centralità della via ove è stata svolta l’attività non autorizzata peraltro svolta in ore diurne (pag. 3, quarto capoverso), e in considerazione della risalenza de pochi precedenti penali, laddove la condotta di vita anteatta del prevenuto è stata ritenuta in sede di merito tale da denotare un «assoluto disinteresse verso le norme e punizioni penali» (pag. 4).
3.3. L’inammissibilità dei detti motivi di ricorso, non consentendo il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare l’eventuale prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso, nella specie prospettata dalla difesa (ex plurimis, Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. Rv. 217266 – 01, nonché, limitando i riferimenti alle sole sentenze delle Sezioni Unite: Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818 – 01; Sez. u, n. 23428 del 22/03/2005, Bracala, Rv. 231164 – 01).
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen. (equa in ragione dell’evidenziata causa d’inammissibilità).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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