Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Pena Detentiva
Un ricorso inammissibile rappresenta uno degli esiti più netti nel processo penale, chiudendo di fatto la porta a un ulteriore esame della vicenda. Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ribadisce i principi che regolano l’accesso al giudizio di legittimità, in particolare quando i motivi del ricorso si limitano a riproporre questioni già valutate. Analizziamo una decisione che fa luce sulla discrezionalità del giudice nella scelta della pena e sulle conseguenze di un appello puramente ripetitivo.
I Fatti del Caso: Dal Tentato Furto al Ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine da una condanna per tentato furto in un supermercato. La sentenza, emessa in primo grado dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, era stata impugnata dalla difesa dell’imputata. Il punto centrale del ricorso non verteva sulla colpevolezza, ma sulla tipologia di sanzione applicata. La difesa, infatti, contestava la decisione dei giudici di merito di non sostituire la pena detentiva con la misura alternativa del lavoro di pubblica utilità.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione si fonda sull’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, che sancisce l’inammissibilità dei ricorsi che propongono motivi non consentiti dalla legge o manifestamente infondati. Nel caso specifico, i giudici hanno rilevato che le doglianze presentate erano una mera riproduzione dei profili di censura già ampiamente esaminati e motivatamente respinti nei precedenti gradi di giudizio. In sostanza, la difesa non ha introdotto nuovi e specifici elementi di critica contro la sentenza d’appello, limitandosi a insistere su argomenti già ritenuti non validi.
Le Motivazioni: Il Potere Discrezionale del Giudice e la Personalità dell’Imputato
Il cuore della motivazione della Corte risiede nel perimetro del potere discrezionale del giudice di merito. La scelta di non concedere il lavoro di pubblica utilità era stata adeguatamente giustificata sulla base di due elementi principali: la gravità dei fatti e la personalità dell’imputata. Quest’ultima, in particolare, era gravata da numerosi precedenti penali, interpretati dai giudici come l’espressione di una “stabile scelta criminale”.
La Cassazione ha sottolineato che la valutazione di questi elementi rientra pienamente nei parametri legali stabiliti dall’articolo 133 del codice penale. Anche a seguito delle recenti riforme legislative, il giudice rimane vincolato a tali criteri nell’esercizio del suo potere discrezionale. Pertanto, se la decisione è sorretta da una motivazione adeguata e logica, essa non può essere messa in discussione in sede di legittimità. Il giudizio della Cassazione, infatti, non può trasformarsi in un terzo grado di merito per riesaminare le scelte sanzionatorie.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La pronuncia conferma un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è una terza istanza per ridiscutere il merito della vicenda. Per essere ammissibile, un ricorso deve sollevare vizi di legittimità specifici, come errori nell’applicazione della legge o difetti manifesti nella motivazione, e non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni. La decisione ribadisce che la valutazione della personalità dell’imputato e dei suoi precedenti penali è un fattore determinante e legittimo nella scelta della pena più appropriata. Per l’imputata, la dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per motivi che riproducevano profili di censura già adeguatamente esaminati e respinti dai giudici dei gradi precedenti, senza introdurre nuovi e specifici elementi di critica.
Su quali basi i giudici hanno negato la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità?
La decisione di non sostituire la pena si è basata sulla valutazione della gravità dei fatti e della personalità dell’imputata. In particolare, sono stati considerati i suoi numerosi precedenti penali, ritenuti espressione di una stabile scelta criminale.
Quali sono le conseguenze economiche per la ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46149 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46149 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TORINO il 29/10/1996
avverso la sentenza del 14/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Rilevato che la difesa di NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata quella del Tribunale di Busto Arsizio di condanna della predetta per tentato furto in un supermercato (in Legnano, il 15/9/2015);
ritenuto che il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p., perch proposto per motivi riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi giudici territoriali con argomenti giuridici corretti, senza che le doglianze abbiano introdo elementi di critica specifica alle argomentazioni poste a base della decisione di non sostituir la pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità (gravità dei fatti, personalità dell’imp siccome gravata da numerosi precedenti penali ritenuti espressione di una stabile scelta criminale), elementi che rientrano nei parametri legali di valutazione (sez. 3, n. 9708 de 16/2/2024, Tornese, Rv. 286031-01, in cui si è precisato che il giudice, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, è vincolato nell’esercizio del s potere discrezionale alla valutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sicché i giudizio, se sul punto adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità; n. 19326 del 27/1/2015, COGNOME Rv. 263558-01; sez. 1, n. 25833 del 23/4/2012, La Posta, Rv. 253102-01);
che alla inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila e in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost., n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 7 novembre 2024