Ricorso inammissibile: quando ripetere i motivi d’appello non paga
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce un chiaro esempio di ricorso inammissibile, sottolineando un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Il caso in esame riguarda un individuo condannato per spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, il cui tentativo di contestare la sentenza di condanna si è scontrato contro il muro dell’inammissibilità. Analizziamo insieme i fatti e le ragioni giuridiche di questa decisione.
I Fatti del Processo
L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli stupefacenti (d.P.R. 309/1990), ovvero per detenzione e spaccio di una modica quantità di hashish. Durante un controllo, era stato trovato in possesso di due quantitativi di sostanza (0,4 grammi e 19,4 grammi) e di una somma di 45 euro. Contestualmente, l’acquirente era stato fermato con 0,9 grammi della stessa sostanza e senza denaro. Sulla base di questi elementi, i giudici di merito avevano ricostruito l’avvenuta cessione e ritenuto provata la responsabilità penale.
I Motivi del Ricorso e il concetto di ricorso inammissibile
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Mancata assunzione di una prova decisiva: la difesa lamentava che non fosse stata disposta una perizia tossicologica sulla sostanza sequestrata.
2. Vizio di motivazione: si contestava il modo in cui i giudici avevano accertato la sua responsabilità.
3. Violazione di legge sulla recidiva: si riteneva erronea l’applicazione dell’aggravante della recidiva.
4. Violazione di legge sul diniego delle attenuanti generiche: si contestava la decisione di non concedere le circostanze attenuanti.
La Corte di Cassazione ha però ritenuto tutti i motivi proposti una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, rendendo così il ricorso inammissibile.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La decisione della Suprema Corte si fonda su un’analisi puntuale e rigorosa. I giudici hanno spiegato perché ogni singolo motivo del ricorso non potesse trovare accoglimento.
Per quanto riguarda i primi due punti (mancata perizia e vizio di motivazione), la Corte ha stabilito che la Corte d’Appello aveva fornito una risposta adeguata e logica. Il narcotest effettuato sulla sostanza, unito agli elementi fattuali emersi dalle perquisizioni (la divisione della droga, il possesso di denaro da parte del venditore e la sua assenza sull’acquirente), era stato considerato sufficiente per ricostruire la dinamica criminale. In questo contesto, una perizia tossicologica non era ritenuta una prova “decisiva” il cui mancato espletamento avrebbe potuto cambiare l’esito del processo.
Sul terzo motivo, relativo alla recidiva, la Corte ha osservato che i giudici di merito avevano correttamente evidenziato i precedenti specifici dell’imputato risalenti al 2020, oltre a un precedente per ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Questi elementi giustificavano pienamente l’applicazione dell’aggravante.
Infine, riguardo al diniego delle attenuanti generiche, la Cassazione ha ritenuto che la valutazione della Corte territoriale, basata sui medesimi precedenti, fosse immune da vizi logici. La decisione di non concedere le attenuanti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, e la sua valutazione, se correttamente motivata come in questo caso, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione non serve a riesaminare i fatti o a chiedere una nuova valutazione delle prove, compiti che spettano ai giudici di primo e secondo grado. La Suprema Corte interviene solo per correggere errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza. Quando un ricorso si limita a ripetere le stesse doglianze già esaminate e rigettate in appello, senza individuare vizi specifici della sentenza impugnata, esso è destinato a essere dichiarato inammissibile. La conseguenza, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, è la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione lo ha dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera ripetizione delle argomentazioni già valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di diritto o vizi specifici della sentenza impugnata.
Una perizia tossicologica è sempre obbligatoria per una condanna per spaccio?
No. Secondo la Corte, non è sempre necessaria se la natura della sostanza e i fatti possono essere ricostruiti con certezza attraverso altri elementi, come il narcotest, le modalità del sequestro e le testimonianze, come avvenuto in questo caso.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11533 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11533 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 02/12/1998
avverso la sentenza del 14/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RG 37291/24
Rilevato che NOME è stato condannato alle pene di legge per il reato dell’art. 73 5, d.P.R. n. 309 del 1990;
Rilevato che l’imputato ha lamentato la mancata assunzione di una prova decisiva, qu perizia tossicologica dello stupefacente in sequestro, nel giudizio abbreviato (primo m vizio di motivazione in ordine all’accertamento di responsabilità (secondo motivo), la v di legge per l’applicazione della recidiva dell’art. 99, quarto comma, cod. pen., in relativi presupposti (terzo motivo); la violazione di legge per il diniego delle generi motivo);
Rilevato che i motivi sono reiterativi delle doglienze dell’appello su cui vi è adegua nella sentenza impugnata: quanto ai primi due la Corte territoriale ha ritenuto suf narcotest perché era stato possibile ricostruire i fatti sulla base delle perquisizioni e del suo acquirente, in quanto il primo era stato trovato con una dose di 0,4 grammi e pezzo di hashish di 19,4 grammi oltre alla somma di euro 45 (due banconote da 20 e una d mentre il secondo era stato trovato con una dose di 0,9 grammi di hashish e senza soldi; al terzo, ha ben evidenziato i precedenti specifici del 2020 oltre al precedente per soggiorno illegale nel territorio dello Stato, precedenti ritenuti non illogicamente riconoscimento delle generiche oggetto del quarto motivo;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevat declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’ spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa d ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente