Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30702 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30702 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 01/06/1990
avverso la sentenza del 23/04/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
4 GLYPH R.G.
rilevato che, con un unico motivo di ricorso, NOME COGNOME ha dedotto il vizio di mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione quanto alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 73, TU Stup. (dolendosi, in particolare, della qualificazione giuridica a norma dell’art. 73, corna 1, TU Stup., alla luce .clieF mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità dello stupefacente; censura, inoltre, la sentenza per la mancata valutazione della sussistenza di cause di non punibilità ex art. 129, cod. proc. pen.);
ritenuto che il motivo di ricorso proposto dalla difesa è inammissibile in quanto prospetta deduzioni generiche e prive di ragioni di diritto e dei dati di fatto che sorreggono le richieste, riproducendo profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici e di merito e non scanditi da specifica criticità delle argomentazioni a base della sentenza impugnata, prefigurando peraltro una rivalutazione e rilettura alternativa delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, e comunque manifestamente infondato perché inerente ad asserita contraddittorietà motivazionale non emergente dal provvedimento impugnato (si v., in particolare, le considerazioni espresse nella sentenza impugnata, che, con argomentazioni immuni dai denunciati vizi, chiariscono le ragioni per le quali il quadro probatorio consentiva di ritenere riconducibile il fatto all’ipotesi contemplata dall’art. 7 comma 1, TU Stup.; le doglianze svolte in ricorso, volte a contestare la qualificazione giuridica sono del tutto aspecifiche, esponendo quindi il fianco al giudizio di inammissibilità; ed invero, la mancanza di specificità del motivo dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (tra le tante: Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000, Barone, Rv. 216473 – 01); quanto alla doglianza di mancata valutazione dell’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129, cod. proc. pen., va ribadito che la disposizione di cui all’art. 469 cod. proc. pen. consente nella fase predibattimentale unicamente la declaratoria di improcedibilità perché “l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita”, ovvero perché “il reato è estinto e per accertarlo non è necessario procedere al dibattimento…”, ma non anche pronunzia di merito, possibile – una volta pervenuto il processo alla fase del giudizio – solo in sede Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dibattimentale. Il richiamo nella norma contenuto all’art. 129 comma secondo cod.
proc. pen. sta solo a significare che, laddove sussiste una causa di estinzione del reato, e tuttavia emergono con evidenza delle cause di non punibilità
dell’imputato, il giudice dovrà – anche in sede di atti preliminari al dibattimento pronunciare formula di proscioglimento nel merito (Sez. 5, n. 4386 del
03/02/2000, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 215837 – 01); ne consegue che, una volta superata la fase predibattimentale, in assenza di cause “evidenti” di non punibilità
dell’imputato, come nel caso di specie, il parametro giudiziale è quello proprio del giudizio di merito, governato, in caso di esito condannatorio, dal principio dell’ogni
oltre ragionevole dubbio ex
art. 533, cod. proc. pen. che non ha introdotto un diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova ma ha codificato i
principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilità dell’imputato, nella specie raggiunta
(Sez. 2, n. 16357 del 02/04/2008, COGNOME, Rv. 239795 – 01);
ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso 1’11 aprile 2025
GLYPH
Il Presidente