Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36162 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36162 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE d’APPELLO di CATANZARO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
ricorso trattato con contraddittorio scritto ex art.23 co.8 d.137/20
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Crotone che ha condannato l’imputato alla pena di giustizia per il reat ricettazione del denaro proveniente da una serie di truffe.
Presentando ricorso per cassazione, il difensore di NOME COGNOME ha formulato seguenti motivi, tutti incentrati sulla violazione di legge ed il vizio di motivazione (ar b ed e, c.p.p.) in relazione a:
la mancata assunzione di prova decisiva, derivante dalla revoca immotivata de provvedimento che aveva ammesso tutti i testimoni della pubblica accusa, nonostante l’opposizione del difensore;
l’acquisizione ed utilizzazione ai fini della decisione delle querele delle persone offese
l’indebito ricorso all’art.507 c.p.p.;
l’inutilizzabilità delle denunce querele acquisite ed utilizzate ai fini della decisione;
l’inosservanza ed erronea applicazione degli articoli 516 e 521 c.p.p. ai fini riqualificazione del fatto in termini di ricettazione;
la mancanza dell’elemento tanto oggettivo quanto soggettivo del reato contestato, in assen di prova dei reati presupposti e della semplice “mancata giustificazione” della provenienza denaro ai fini della sussistenza del dolo;
la mancata applicazione dell’articolo 131 bis c.p.;
la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, l’eccessività del trattam sanzionatorio, la mancata concessione dei benefici di legge.
Sia il AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che il difensore dell’imputato ha inviato per PEC memorie conclusionali con cui chiedono rispettivamente il rigett l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per plurime ragioni.
Innanzitutto, esso è intriso di genericità, in quanto i motivi dedotti sono privi della s prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art. 591 lett. c) c.p.p.: come emerge dell’atto di appello e dalla sintesi fattane nella sentenza di secondo grado, i motivi d costituiscono la riproduzione, priva di sostanziale novità, del cahier de doléances presentato alla Corte d’appello.
Va tuttavia considerato che si è in presenza di una c.d. “doppia conforme” in punto affermazione della penale responsabilità dell’imputato per il reato ascrittogli, conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronunci appello a quella di primo grado e dell’adozione – da parte di entrambe le sentenze medesimi criteri nella valutazione delle prove (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argen Rv. 257595; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Ciò premesso, è del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appello che ha fornito, conformità alla sentenza di primo grado, una risposta ai motivi di gravame, la pedisseq riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipot pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 c.p.p., co 1, lett. d), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni r Ed è quindi inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi ripetitivi dovendos stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la ti funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. (Sez. 20377/2009, rv. 243838; Sez. 5 28011/2013, rv. 255568; Sez. 2 11951/2014, rv. 259425).
Nel merito le doglianze sono anche manifestamente infondate o inammissibili perché non consentite.
Così, manifestamente infondata è la invocata pronuncia di nullità della ordinanza resa dibattimento con cui è stata revocata la prova testimoniale rinunciata.
In tema di rinuncia alla prova testimoniale ad opera della parte che la aveva richiesta ritiene superfluo ribadire le conclusioni COGNOME quali è giunta la sentenza di secondo grado (
4), in quanto riflettono l’orientamento (di questa stessa Sezione) della Suprema Corte materia (Sent. n. 28915 del 24 settembre 2019, Imp. Cirelli, Rv. 279674 – 01). Tale opzion ermeneutica, pur non esclusiva come indicato nella sentenza impugnata, si ritiene preferibi in quanto, a differenza dell’orientamento contrario (espresso anche recentemente da Sez.4 1956 del 6 dicembre 2023, Imp. Poggioli, Rv. 285666 – 01), essa non comporta l’implicit elisione dell’inciso ‘con il consenso dell’altra parte’, contenuto nel testo dell’art.495 c bis c.p.p.. Pertanto, in caso di rinuncia ai testimoni ad opera di una parte ed in assenza consenso della controparte, deve ritenersi necessario, per la dispensa dei testi, una decisio pronunciata con ordinanza motivata ai sensi dell’art. 495, comma 4, c.p.p., la cui mancanza, carente motivazione genera una nullità a carattere intermedio, da eccepirsi immediatamente dopo il suo verificarsi ex art.182 comma 2 c.p.p., come correttamente opinato dalla impugnata sentenza (pg.4). In tal senso, oltre alla giurisprudenza citata dalla Corte d’appello, s recentemente pronunciata la Sez. 6, con la sentenza n. 53823 del 05/10/2017 Imp. D.M., Rv. 271732- 01.
Conforme al diritto ed COGNOME risultanze processuali risulta quindi la decisione della d’appello avverso la quale non vale osservare (come si legge nel ricorso, pg.4) che la difesa fosse opposta alla decisione (perché l’opposizione era alla rinuncia COGNOME prove ed ha precedut non seguito, l’ordinanza di revoca) né addurre la giurisprudenza citata nel ricorso (Sez. 5, s 20 dicembre 2013, Imp.Abatelli, Rv. 257892) che si riferisce alla diversa ipotesi di re unilaterale da parte del giudice.
In definitiva, il rispetto del principio del contraddittorio e della formazione dibattiment prova, corollario dell’oralità e dell’immediatezza, va contemperato e controbilanciato con altrettanto meritevoli principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo fine di evitare cha la doverosa tutela di un diritto scada in un vuoto formalismo. E propri assicurare tale virtuoso bilanciamento di contrapposte esigenze ed evitare che la prestazione il rifiuto del consenso si risolvano in espedienti difensivi, v’è in primo luogo l’esigenza c come l’ordinanza ex art.495 comma 4 c.p.p. destinata a risolvere il contrasto tra rinuncian rinunciato, anche il rifiuto del consenso sia quanto meno argomentato, in linea con quanto giurisprudenza chiede per il parCOGNOMElo tema della rinnovazione istruttoria (per una disamina punto, si veda Sez.2, n.8934 del 3 novembre 2023, Imp. AVV_NOTAIO). Solo così si assicura, nel pi ampio disegno della attuazione della Giustizia, che il contributo del Difensore alla dial processuale sia costruttivo e non sia esposto al rischio dell’arbitrio, fornendo un cont conoscitivo che il giudice può porre a base della propria valutazione. Nel caso concreto, prima né dopo la pronuncia dell’ordinanza, il Difensore dell’imputato si è impegnato a forn tale contributo. Prima, poiché si è soffermato, al più (come si legge nell’atto di appello, sulla insufficienza della deposizione del testimone escusso, senza menzionare le ragioni necessità dell’audizione di quelli rinunciati, nella prospettiva difensiva. E dopo, perché n eccepito tempestivamente l’ordinanza, incorrendo nella decadenza dell’art.182 secondo comma c.p.p..
Il secondo motivo di ricorso, oltre ad essere del tutto generico nella parte in cui richi principi inerenti alla motivazione per relationem, risolvendosi in una compilazione astratta e distaccata dal caso concreto, è manifestamente infondato in relazione alla contestat acquisizione di documentazione al processo da parte del giudice ex art.507 c.p.p..
È sufficiente in questa sede richiamare il principio consolidato in materia, che questo coll ritiene di fare proprio, per cui relativamente alla nullità dell’ordinanza di ammissione della ex art. 507, cod. proc. pen. l’esercizio positivo del potere da parte del giudice di di l’assunzione di nuove prove a norma dell’art. 507 cod. proc. pen. senza alcuna motivazione sull’assoluta necessità dell’acquisizione non determina alcuna inutilizzabilità o invalidit prevedendo l’ordinamento processuale specifiche sanzioni (Sez. 2, n. 6250 del 09/01/2013, Casali, Rv. 254497-01 e Sez. 3, n. 16673 del 30/10/2017, Carta, Rv. 272817 – 01).
Tale potere giudiziale è espressione di un intrinseco valore di verità di cui è dotato ( essere dotato) il processo, che impone al giudice di soddisfare un principio di completezza de prova. Per tale ragione appare del tutto scentrata l’argomentazione difensiva che pone la crit sul piano della “parità delle armi” (pg.8) che non può sussistere tra giudice e parti del proc dato che il primo deve provvedere ad assicurare il diritto di difesa dell’imputato ed al t stesso garantire che il processo sia orientato al raggiungimento del suo scopo (che non è condanna dell’imputato ma il compimento della giustizia nel caso concreto).
Nel caso specifico, la circostanza che il testimone avesse fatto riferimento ai documen (estratti conto e querele) ancorché non integralmente acquisiti al fascicolo di indagine, priva ma se mai dimostra la sussistenza del presupposto per l’esercizio del potere ufficioso art.507 c.p.p., giacché l’esercizio dei poteri di integrazione probatoria previsti dall’art. proc. pen. è legittimo anche se la prova di cui si dispone l’assunzione non è stata richies acconsentita dCOGNOME parti; il potere integrativo previsto dall’art. 507 c.p.p. è, infatti, f garantire il controllo giudiziale sull’esercizio dell’azione penale e sul suo sviluppo proces ovvero sulla completezza del compendio probatorio su cui deve fondarsi la decisione. Al contrario di quanto asserito dalla Difesa, pertanto, l’assegnazione all’organo giudicante di potere non è in contrasto con le indicazioni della Carta costituzionale e della Corte EDU che si limitano a garantire il contraddittorio nella formazione della prova, ma non inibiscono il con del giudice sulla completezza del compendio probatorio. Il permanente e diffuso controllo del giudice sulla progressione del processo, anche nell’area della formazione della prova è, infa il necessario correlato della indisponibilità dell’azione penale, conseguente al riconoscime della natura ultraindividuale degli interessi tutelati dalla giurisdizione penale (Sez. 2, n del 04/07/2019 Lanza Rv. 276430 – 01).
Ripetitivo, e quindi aspecifico, a fronte della compiuta risposta che si trova già sentenza di appello, è il successivo motivo di ricorso che lamenta l’utilizzazione delle que acquisite ai fini della prova piuttosto che come mero strumento di accertamento del sussistenza della condizione di procedibilità.
A fronte di una contestazione di ricettazione a carico dell’imputato, l’attività istrut particolare la testimonianza dell’ufficiale di polizia giudiziaria Sovrintendente NOME COGNOME COGNOME concentrata sull’analisi dei flussi di denaro dCOGNOME carte intestate a NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME carte PostePay nella disponibilità dell’imputato nonché sull’analisi dei prelievi da costui effettuati una volta predetta provvista.
La prova testimoniale e documentale (dei trasferimenti e dei prelievi) ha avuto ad oggetto u ben circoscritto ambito criminologico, senza debordare nella valutazione della responsabili per le truffe, che quali reati presupposti non sono stati oggetto di accertamento.
Le querele pertanto sono state utilizzate solamente nell’ambito di quanto consentito dal giurisprudenza di legittimità, cioè la prova della sussistenza delle relative condizi procedibilità con l’aggiunta però, che tale prova non deve essere intesa in maniera generic Infatti, ciascuna querela fa prova della condizione di procedibilità di una specifica ipo reato, commessa n una specifica data ai danni di un soggetto individuato poiché non avrebbe alcun senso ipotizzare una querela bonne à tout fa/re.
Ciò non significa che vi sia stato un accertamento di responsabilità penale a carico di individuo; tuttavia, gli elementi identificativi dell’ipotesi di reato sono sufficienti ai occorrono, vale a dire come premessa ricostruttiva dei reati presupposti che, come affermato dalla giurisprudenza costante di questa stessa Sezione della Corte di Cassazione, è necessario siano ipotizzabili sulla base di elementi indiziari sufficientemente concreti. Infatti, recentemente ribadito che ai fini della configurabilità dei reati contro il patr presupponenti la consumazione di un altro reato (artt. 648, 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 c pen.) è necessario che il reato presupposto, quale essenziale elemento costitutivo delle relativ fattispecie, sia individuato quantomeno nella sua tipologia, pur non essendone necessaria la ricostruzione in tutti gli estremi storico-fattuali (Sez. 2, n. 6584 del 15/12/2021 Cremonese 282629 – 01; Sez. 2, n. 29689 del 28/05/2019 Maddaloni Rv. 277020 – 01).
Utilizzate in tale ambito, cioè come condizioni di procedibilità di ipotesi di reato, gli desumibili dCOGNOME querele sono sufficienti a consentire l’individuazione della tipologia de presupposti e quindi a soddisfare lo standard richiesto dalla giurisprudenza di legittimità s citata.
Quanto al tema della riqualificazione del reato da riciclaggio a ricettazione, ed denunciata violazione dell’art.512, comma 2, c.p.p., è sufficiente osservare che anche a ammettere che una qualche violazione del diritto al contraddittorio si fosse concretizzat seguito riqualificazione del fatto con la pronuncia di primo grado, essa sarebbe superata da sviluppo successivo del processo. Infatti, costituisce ius receptum della Corte che non sussista violazione del diritto al contraddittorio quando l’imputato abbia avuto modo di interloqui ordine alla nuova qualificazione giuridica attraverso l’ordinario rimedio dell’impugnazione. nel presente caso è avvenuto non solo davanti a giudice di secondo grado ma anche davanti al giudice di legittimità (ex multis, Sez.6, n.10093 del 14 febbraio 2021, Vinci, Rv.251961; Sez.2,
n.32840 del 9 maggio 2012, COGNOME, Rv. 253267; Sez.3, n.2341 del 7 novembre 2012, COGNOME, Rv.254135; Sez. 4, n. 49175 del 13 novembre 2019 Rv. 277948 -01).
In tale prospettiva, è stato perciò ritenuto che la diversa qualificazione del fatto effett giudice di primo grado o anche dal giudice d’appello non determina alcuna compressione o limitazione del diritto al contraddittorio, perché l’imputato può contestarla nel merito proposizione degli ordinari rimedi giudiziali (Sez.5, n.19380 del 12 ebbraio 2018, Adino Rv.273204). Ed in un caso che si presenta sostanzialmente identico a quello che ci occupa, si è concluso nel senso che il diritto al contraddittorio in ordine alla natura ed alla qualifi giuridica dei fatti di cui l’imputato è chiamato a rispondere, sancito dall’art.111, comma 3, e dall’art.6 CEDU, comma 1 e 3, lett.a) e b), è garantito anche quando il giudice di primo grad provveda alla riqualificazione dei fatti direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuz sul punto, in quanto l’imputato può comunque pienamente esercitare il diritto di dife proponendo impugnazione (Sez.3, n.2341 del 7 novembre 2013, COGNOME, R254135).
Ebbene, nel caso in esame il fatto è rimasto immutato in tutti i suoi aspetti ed il Tri correttamente ne ha modificata la qualificazione giuridica inquadrandolo nella fattispe dell’art.648 c.p.. Si verte infatti in un caso di mera riqualificazione giuridica della f nell’esercizio del potere del giudice di applicare la norma di diritto al fatto sottoposto (iura novit curia) ed il diritto di difesa rispetto alla nuova qualificazione giuridica è stato piena garantito al COGNOME nei successivi gradi di giudizio.
Peraltro, ed a coronamento della discussione sul punto, occorre osservare che il mutamento della qualificazione da riciclaggio a ricettazione non è stato nel merito contestato dal dife che si è concentrato, tanto in primo che in secondo grado sugli aspetti procedurali senz enucleare una specifica conseguenza negativa derivante che dalla lamentata violazione.
Il quinto motivo di ricorso, incentrato sulla contestazione tanto dell’elemento soggettiv oggettivo del reato, ripropone pedissequamente temi che sono stati correttamente affrontati co adeguata risposta nella sentenza d’appello (pg.9). In definitiva, come spesso avviene, si assi all’indebito tentativo di trasformare in critica di legittimità quella che è semplicemente la di ottenere da questa Corte un nuovo giudizio di merito sulla questione dedotta, cioè s responsabilità dell’imputato. Una sorta di trasposizione che cerca di conseguire da una superi istanza ciò che non si è ottenuto nella fase anteriore. Sennonché, si tratta di una operazione consentita poiché il nostro sistema riserva al merito, ed al merito solamente, ogni valutaz del fatto, tenendo immune tale giudizio da ingerenze della Cassazione, salvo che vi sia omissioni motivazionali, contraddizioni o manifeste (e non ‘semplici’) illogicità (art.606 c.p.p.) nel caso specifico nemmeno enucleate.
Gli ultimi due motivi, unificabili perché attinenti entrambi ad aspetti dall’affermazione di responsabilità, non sono consentiti: essi pretendono nuovamente una rivalutazione di circostanze di fatto che sono precluse alla Corte laddove i relativi giudizi espressione in una motivazione non manifestamente illogica né contraddittoria.
Orbene, escludere la particolare tenuità del fatto a fronte di una operazione di ricettazio diverse migliaia di euro complessivi e diverse centinaia per singola operazione è valutazion senz’altro congrua ed adeguata; analogamente, la decisione di rigetto delle attenuant generiche, incentrata sulla valorizzazione di un recente precedente, e la valutazione di congru della pena in quanto prossima al minimo edittale, costituiscono esempio di ineccepibile logi giudiziale.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la cond del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colp nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa del ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 31 maggio 2024 Il Consi liere relatore COGNOME La Presidente