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Ricorso inammissibile: Cassazione e motivi generici

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i requisiti per un valido ricorso, dichiarando un ricorso inammissibile perché i motivi erano una mera ripetizione di quelli già respinti in appello. Il caso riguardava una condanna per tentato furto. La Corte ha sottolineato che l’impugnazione deve consistere in una critica argomentata e specifica della sentenza impugnata, non in una riproposizione generica delle stesse doglianze. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando la Cassazione respinge i motivi generici

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma per accedervi è necessario rispettare requisiti di forma e sostanza molto stringenti. Un ricorso inammissibile non solo preclude la possibilità di un riesame, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: i motivi di ricorso non possono essere una semplice ripetizione di quanto già discusso e respinto nei gradi precedenti. Devono, invece, confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza che si intende impugnare.

I fatti di causa e il percorso giudiziario

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte di Appello di Bologna. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato di tentato furto, ai sensi degli articoli 56 e 624 del codice penale, con l’applicazione della continuazione prevista dall’articolo 81. La pena inflitta era di due mesi di reclusione e 40,00 euro di multa.

Contro la sentenza di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Una presunta carenza e manifesta illogicità della motivazione riguardo al riconoscimento della responsabilità penale.
2. La violazione dell’articolo 132 del codice penale, per la mancata indicazione dei criteri seguiti nella determinazione della pena, con particolare riferimento alla diminuzione prevista per il tentativo.

La decisione della Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La ragione di questa decisione risiede interamente nella modalità con cui il ricorso è stato formulato. I giudici hanno osservato che i motivi presentati erano una mera reiterazione delle stesse argomentazioni già esposte nell’atto di appello.

La funzione critica dell’impugnazione

La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la funzione tipica dell’impugnazione è quella di una “critica argomentata” avverso il provvedimento che si contesta. Questo significa che l’atto di impugnazione deve contenere un confronto puntuale e specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata. L’appellante o il ricorrente deve indicare con precisione le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che fondano il proprio dissenso, spiegando perché la decisione del giudice precedente sarebbe errata.

La genericità dei motivi come causa di inammissibilità

Nel caso specifico, il ricorso si limitava a riproporre le medesime considerazioni critiche già presentate in appello, senza confrontarsi con la risposta logica e congrua fornita dalla Corte territoriale. La sentenza d’appello aveva già affrontato e respinto quelle doglianze, evidenziando le ragioni del riconoscimento della responsabilità e i criteri usati per la determinazione della pena. Ignorare tale motivazione e riproporre gli stessi argomenti rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile, poiché viene meno la sua unica funzione: criticare la decisione impugnata.

Le motivazioni

Le motivazioni dell’ordinanza si fondano sugli articoli 581 e 591 del codice di procedura penale, che disciplinano i requisiti di forma e le cause di inammissibilità delle impugnazioni. La Corte Suprema ha sottolineato che un ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata è destinato all’inammissibilità “per ciò solo”. Viene a mancare in radice la funzione stessa dell’atto, che non è quella di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione del giudice precedente.

La Corte ha citato diversi precedenti conformi, rafforzando l’idea che non è sufficiente lamentare una presunta carenza di motivazione in modo generico. È necessario, invece, dimostrare specificamente dove e perché la motivazione della Corte d’Appello sarebbe stata illogica o contraddittoria nel respingere i motivi originari. Poiché il ricorso in esame non adempiva a questo onere, è stato dichiarato inammissibile.

Le conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma il rigore formale richiesto per adire la Corte di Cassazione. Gli avvocati devono redigere ricorsi che non si limitino a ripetere le argomentazioni precedenti, ma che dialoghino criticamente con la decisione di secondo grado, smontandone, se possibile, il percorso logico-giuridico. In secondo luogo, la declaratoria di inammissibilità ha comportato, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione sottolinea come la presentazione di un ricorso palesemente infondato o generico non sia priva di conseguenze, rappresentando un deterrente contro impugnazioni meramente dilatorie.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se è privo dei requisiti di legge, ad esempio quando i motivi sono generici, non si confrontano criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata e si limitano a ripetere le stesse doglianze già respinte nel grado di appello.

Qual è la funzione principale di un atto di impugnazione secondo la Cassazione?
La funzione tipica dell’impugnazione è quella di una ‘critica argomentata’ al provvedimento contestato. Ciò richiede un confronto puntuale con le motivazioni della sentenza, indicando specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la richiesta di riforma.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Oltre a impedire l’esame nel merito della questione, la dichiarazione di inammissibilità comporta per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso fissata in 3.000,00 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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