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Ricorso inammissibile: Cassazione e motivi generici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per il reato di evasione. La decisione si fonda sulla constatazione che i motivi del ricorso erano meramente riproduttivi di censure già sollevate in appello e formulate in termini generici, senza un confronto critico con la sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici e ripetitivi

L’ordinanza n. 21256/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. Un ricorso inammissibile è un atto che la Corte rigetta senza nemmeno analizzarne il contenuto, perché non rispetta le regole procedurali. Questo caso specifico, riguardante una condanna per evasione, dimostra come la mera riproposizione di argomenti già esposti in appello, senza un confronto critico con la decisione impugnata, porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di evasione, previsto dall’articolo 385 del codice penale. A seguito della conferma della condanna da parte della Corte d’Appello di Roma, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo per contestare la sua responsabilità penale.

La Decisione della Corte: Focus sul ricorso inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha ritenuti manifestamente infondati. I giudici hanno stabilito che il ricorso inammissibile non poteva essere accolto perché le argomentazioni presentate erano del tutto generiche. Invece di contestare specificamente le ragioni esposte dalla Corte d’Appello nella sentenza di condanna, il ricorrente si era limitato a ripetere le stesse censure già sollevate nel precedente grado di giudizio. Questo approccio viola uno dei principi fondamentali del ricorso per Cassazione, che richiede un confronto puntuale e critico con la decisione che si intende impugnare.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha sottolineato che le doglianze, oltre ad essere formulate in termini ‘assai generici’, erano ‘meramente riproduttive di censure svolte nell’atto di appello’. Non vi era alcun tentativo di confrontarsi con le ‘valutazioni effettuate dalla Corte’ d’Appello, la quale aveva basato la sua decisione su ‘argomentazioni lineari e conformi alla giurisprudenza di legittimità’.

In sostanza, non è sufficiente ripetere le proprie ragioni; è necessario dimostrare dove e perché la Corte d’Appello ha sbagliato nel suo ragionamento giuridico. La mancanza di questo confronto critico rende il ricorso un atto sterile, incapace di attivare una revisione legittima da parte della Suprema Corte. La conseguenza diretta è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver promosso un ricorso infondato.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso non è una terza istanza di giudizio sul fatto, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Per evitare una dichiarazione di ricorso inammissibile, è indispensabile che i motivi siano specifici, pertinenti e che dialoghino criticamente con la sentenza impugnata, evidenziandone i vizi di legittimità. Limitarsi a riproporre le medesime argomentazioni dell’appello equivale a presentare un atto destinato al fallimento, con conseguenze economiche negative per il ricorrente.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le doglianze in esso contenute erano formulate in termini generici e si limitavano a riprodurre le censure già presentate nell’atto di appello, senza confrontarsi criticamente con le valutazioni e le argomentazioni della sentenza impugnata.

Qual era il reato contestato al ricorrente?
Il ricorrente era stato condannato per il reato di evasione, previsto e punito dall’articolo 385 del codice penale.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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